Viterbo 30 marzo 2005 - ore 0,50 - Senza Filtro - In merito al documento redatto e presentato dalla Federlazio ai candidati alla Presidenza della Provincia di Viterbo “PIATTAFORMA PROGRAMMATICA DELLE PMI”, ritengo sia utile un contributo alla discussione che il documento stesso porrà in essere.
Sin troppo facile prevedere ampi consensi a riguardo: i temi proposti sono da sempre dibattuti e confermano, indirettamente, la incapacità della classe dirigente di questo territorio che non ha saputo trovare la chiave per innescare quel processo virtuoso indispensabile per scuotere una provincia priva di iniziativa nelle sue componenti socio-economiche, emarginata nel contesto del centro Italia, ambito territoriale che nel complesso ha avuto le migliori performance nel panorama nazionale.
A questo riguardo ritengo sia indispensabile affrontare uno dei nodi del problema: la incapacità di creare sinergie tra le parti sociali, ovvero la incapacità delle parti sociali stesse di ideare e realizzare innovazione e sviluppo.
Nel complesso si tratta di un problema che può essere di difficile interpretazione e soluzione, ma che può essere affrontato anche, e soprattutto, alla luce di una situazione politica particolare. La gestione amministrativa del Viterbese è in balia di un crescente fenomeno clientelare.
Si tratta di una pessima tradizione che è di fatto divenuta corrente prassi amministrativa, soprattutto negli ultimi anni della consigliatura provinciale del centro destra.
Un clientelismo che è stato utilizzato a fini di promozione personale (prima ancora che di partito o coalizione) da parte degli amministratori, stornando risorse dai bilanci degli assessorati e indirizzandoli “a pioggia” e senza parametri di valutazione oggettiva ante/post.
Il medesimo fenomeno, avrebbe caratterizzato la scelta dei consulenti, dei fornitori, degli operatori e anche dei partecipanti a corsi o dei candidati a posti di lavoro a tempo determinato.
Su ampia scala, il criterio del vantaggio “personale” e “locale”, prevaricando la concertazione tra le parti sociali e i cittadini, è stato adottato nella programmazione generale: la scelta sulla gestione del processo di affidamento del Servizio Idrico Integrato, il piano provinciale dei rifiuti, il Piano faunistico, il Piano Provinciale di Coordinamento, i processi di certificazione, la gestione dell’APT, solo per citare alcuni interventi e settori.
Gli operatori economici, culturali e sociali, come gli stessi mezzi di comunicazione, sono in larga parte consapevoli di questa deriva: alcuni se ne avvantaggiano, altri aspettano il proprio turno. Molti si sentono impotenti.
E’ sufficiente verificare le difficoltà di accesso ai documenti amministrativi, gli ostacoli posti agli accertamenti da parte dei cittadini, i “consigli” di non procedere oltre nelle domande.
Prima ancora che eticamente e moralmente inaccettabile, questo problema (che colpisce tanto i partiti del centro destra quanto, in alcuni casi, quelli del centro sinistra) deve essere posto all’attenzione per gli aspetti socio economici connessi, in quanto agisce da fattore deprimente: in un sistema clientelare, fuori e dentro i confini dell’interesse privato, le risorse vengono sprecate e la competizione, fondamentale traino per lo sviluppo e l’innovazione, umiliata.
Se pure è possibile riscontrare questo aspetto nella prassi politica “tradizionalmente” tollerata, nella provincia di Viterbo, ed in particolare per il comune capoluogo e per la consigliatura Marini, questa anomalia è trascesa divenendo norma: un vero e proprio cancro culturale ed economico.
Gli stimoli provenienti dalla Federlazio, in questo caso, o da altri soggetti, dovranno quindi essere integrati da riflessioni più ampie, che giungano ad interpretare ed enucleare gli ostacoli di tipo strutturale e culturale, che frenano “a monte” lo sviluppo e il rilancio del territorio viterbese.
Umberto Cinalli
per i Verdi per la Pace di Viterbo