Viterbo 5 marzo 2005 - ore 0,40 Senza Filtro - 1.550 imprese che danno lavoro a 6.000 addetti e che possiedono un patrimonio di 335.000 capi, la metà di quelli presenti nel Lazio. Nella Tuscia gli allevamenti ovini rappresentano una risorsa per l’economia. Non a caso, dunque, l’Autonomia Tematica Nazionale Agricoltura dei Ds ed il gruppo alla Regione Lazio hanno organizzato proprio in questa provincia un convegno nazionale, per definire una proposta che tracci le linee di intervento per dare una prospettiva al settore.
Quasi duecento gli allevatori presenti al confronto che si è svolto a La Quercia, presso l’ex Seminario Diocesano, ed al quale sono intervenuti, insieme con Giuseppe Parroncini, consigliere regionale del Lazio, con Sandro Vallesi per l’Autonomia Tematica Nazionale ed Ermisio Mazzocchi, segretario dell’Autonomia Tematica dei Ds del Lazio, Corrado Bracciaferri, direttore tecnico dell’Associazione Nazionale della Pastorizia; Bruno Ronchi, docente dell’Università degli Studi della Tuscia; Massimo Frescucci, presidente dell’Uiaproc; Mario Saleppichi, direttore dell’Apa di Viterbo; Giacobbe Tardani, direttore della Coldiretti di Viterbo; Petronio Coretti, presidente della Cia di Viterbo, e Rosato Melaragni, presidente della Cooperativa Doganella di Canino
La crisi è davvero profonda ed insostenibile. Ne è una prova il crollo del prezzo del latte all’origine, che, di fronte ad un aumento vertiginoso dei costi di gestione delle attività, ha registrato nel 2004 una diminuzione del 10 per cento se confrontato con quello dell’anno precedente ed è addirittura inferiore a quello del 1982. Eppure dalla stalla al consumatore la lievitazione del prezzo è del 300 per cento. “Siamo al capezzale del settore”, hanno detto i rappresentanti delle associazioni di categoria. “E le istituzioni, il governo nazionale e la Regione Lazio innanzitutto, sono assenti. Si sveglino, perché dalla loro volontà dipende il nostro futuro”, hanno aggiunto molti allevatori esasperati, denunciando anche l’alto livello di indebitamento con le banche raggiunto da tante aziende.
Ma quali sono le cure perché le imprese, che negli ultimi anni hanno subito un colpo dopo l’altro, comprese la lingua blu e la scrapie, possano riprendersi? I Ds hanno ascoltato e raccolto molte delle proposte avanzate, assumendo impegni chiari sia nei confronti del governo che della Regione. Per prima cosa, si è detto nelle conclusioni, è importante costituire anche nella Tuscia un comitato di crisi ed esercitare una forte pressione perché il governo dichiari lo stato di crisi del settore. Ma ciò non è certo sufficiente. Servono interventi strutturali. Ecco allora un mix di “medicine”: ci vuole un piano zootecnico regionale che disponga di risorse adeguate e certe -su questo ha insistito Parroncini-; un sostegno forte deve essere garantito alla filiera, con una attenzione particolare rivolta alla realizzazione ed al potenziamento degli impianti di lavorazione e trasformazione del latte e, accanto a questo, con una strategia chiara di marketing, per spingere la valorizzazione della qualità del latte ovino e dei prodotti da questo derivati (grande, oggi, la difficoltà del pecorino romano sui mercati interno ed internazionali); le aziende devono essere aiutate ad adottare la rintracciabilità.
Altro aspetto fondamentale è la ricerca per favorire l’innovazione. “Riguardo a questo settore, anche la ricerca è in ritardo”, ha detto Ronchi.
allevatori devono fare, naturalmente, la loro parte. Auspicato, in alcuni interventi, un cartello dei produttori, con l’obiettivo di concentrare l’offerta.