Viterbo - Tre giornate di trekking Sulle vie dell'esilio di Santa Rosa 22 agosto 2006 - ore 1,45
- Tre giornate di trekking ripercorrendo le vie dell'esilio di Santa Rosa
Itinerario naturalistico di rara bellezza tra boschi, sorgenti e castelli medioevali
Domenica 27 agosto 2006 - Viterbo - Soriano nel Cimino
22 km circa - Tempo di percorrenza: 7 ore circa
Partenza da Viterbo Piazza san Francesco ore 9,45
Il percorso sarà interamente interno ai boschi, sui sentieri dei Monti Cimini, e si snoderà per la via della Palanzana fino a Soriano nel Cimino con sosta per il pranzo. Il percorso è totalmente, immerso nel verde, tra querce e faggi, in equilibrio biologico con la fauna, luogo ideale per spunti e riflessioni. Non mancano attrazioni di tipo storico artistico all'interno del bosco come antiche fontane scavate nella pietra e romitori.
Lunedì 28 agosto 2006 - Soriano nel Cimino - Vitorchiano
22 km circa - Tempo di percorrenza: 7 ore circa
Partenza da Soriano nel Cimino Piazza Vittorio Emanuele ore 9,45
Il percorso si snoderà all'interno dei boschi e lungo le strade bianche interpoderali che ci porteranno fino a Vitorchiano: strada Santa Lucia, Castello di Fratta, località Il Santarello, zona archeologica di Corviano, San Michele fino ad arrivare in Vitorchiano (285 metri circa slm).
Martedì 29 agosto 2006 - Vitorchiano - Viterbo
9 km circa - Tempo di percorrenza: 3 ore circa
Partenza da Vitorchiano Piazza Umberto I ore 9,45
Il percorso si snoderà costeggiando la Strada provinciale 22 - Strada Acquabianca, La Quercia, fino ad arrivare in Viterbo.
Questa passeggiata a piedi rappresenta un'occasione per stare a contatto con la natura, passeggiando insieme con gli amici, tra i freschi boschi e le verdi campagne del comprensorio viterbese. Un ritorno alla dimensione umana, utile anche per comprendere il sacrificio che fece Santa Rosa, gravemente malata, in oltre 50 km effettuati in pochi giorni, a poco più di due mesi dalla sua morte, avvenuta il 6 marzo 1251. Un'iniziativa utile, oggi più che mai, per riavvicinare i giovani alla natura, alla semplicità secondo lo stile francescano. L'iniziativa, infatti, rievoca l'esilio di Santa Rosa iniziato, secondo le fonti storiche più autorevoli (descritto anche sulla Vita I), il 4 dicembre 1250 e conclusosi nei primi giorni del gennaio successivo.
La manifestazione prevede:
- Assistenza di una guida naturalistica autorizzata
- Possibilità di partecipare anche a una o due giornate soltanto
- Possibilità di pernottare in ognuna delle tre località a prezzi molto contenuti
- Pranzi al sacco
- Cene in convenzione
- Collegamento tra le tre località: treno Met.Ro. (Roma Nord)
- Patrocinio dei comuni di Viterbo, Soriano nel Cimino, Vitorchiano, Provincia di Viterbo
Si consiglia l'uso di pantaloni lunghi, di scarponi e di un leggero impermeabile in caso di pioggia
Info: 338 2129568 - 329 4609633
Il commento di Silvio Cappelli
Presidente Associazione culturale organizzatrice "Take Off"
A Viterbo si parla tanto di Santa Rosa, da oltre sette secoli e mezzo, specialmente nel mese di settembre. Mai nessuno, però, aveva pensato a promuovere un'iniziativa collettiva per ripercorrere il tragitto che la nostra Santa Patrona fu costretta a compiere, a causa del suo esilio, nel lontano 1250: Di questo siamo orgogliosi. Provare per credere. Un percorso sofferto, per lei, in gravi condizioni fisiche, come dimostrato recentemente dalla ricognizione medico scientifica effettuata sul suo corpo.
Il successo di partecipazione riscontrato lo scorso anno, nonostante la pioggia, ci spinge ad andare avanti. L'obiettivo è quello di consolidare un appuntamento annuale per un percorso francescano, di rara bellezza, attraverso i nostri meravigliosi boschi e le numerose testimonianze storiche e archeologiche. Quest'esperienza ci avvicina a Santa Rosa e valorizza i piaceri semplici della vita, secondo l,o stile francescano: passeggiare in pace immersi nel verde, stringere nuove amicizie durante il percorso, vedere cose mai viste. In questo modo ci si riappropria della dimensione umana e della vita semplice, camminando, idealmente accanto alla nostra giovane Santa.
Il commento dell'assessore Trappolini
Provincia di Viterbo
Non doveva essere un carattere facile, Rosa da Viterbo. Ma dell'imperatore Federico e dei Signori (ci sono sempre stati) che la scacciarono dalla città, son rimaste poche righe nei libri di Storia, mentre migliaia di uomini e donne, da piu' di settecentocinquanta anni, parlano e scrivono di Rosa (anch'io,ora), la imitano, la venerano.
E alcuni di loro - magari in una bella giornata e non nella notte del 4 dicembre - ripercorrono il cammino che Lei fece fino a Soriano, passando, al ritorno, per Vitorchiano. Grande Rosa, come il suo carattere ed il suo impegno civile oltre che religioso. Non era una colta, ma ha fatto e continua a permeare la cultura di un popolo, a darle identità in un mondo omologato nella globalizzazione.
Un'identità che fa la differenza e che come tale va mostrata, rivivendola perché chi non ne partecipa l'apprezzi e capisca che in questa terra è ancora gradevole vivere e che ci si vive bene, perché l'individuo ha il suo spazio ed un'umanità viva, capace di guardare avanti perché sostenuta da un grande passato. Camminando insieme agli altri, come nella passeggiata simbolica, ma anche unificante e serena, che l'Associazione Take Off organizza alla fine d'agosto, facendo diventare allegro ed utile trekking quello che un imperatore dimenticato dalla storia voleva fosse la via senza ritorno, l'esilio di una ragazza di carattere che invece vive ancora in questa bella città.
Grazie.
Renzo Trappolini
Assessore Provinciale alla Cultura
Il commento dell'assessore Muroni
Comune di Viterbo
L'Amministrazione comunale è lieta di patrocinare questa interessante iniziativa che ha lo scopo di rievocare alcuni momenti della vita di Santa Rosa durante il suo esilio dalla città di Viterbo. Questo itinerario turistico-religioso, inoltre, rappresenta anche un'occasione per stare a contatto con la natura, a passeggio tra i boschi e le campagne che circondano il nostro centro storico.
Un trekking naturalistico di rara bellezza tra boschi, sorgenti e castelli medioevali. Un percorso francescano, utile anche per comprendere il sacrificio che fece la piccola Rosa, gravemente malata, in questo suo lungo transito effettuato in pochi giorni, a poche settimane dalla sua morte. Sono certo che i viterbesi, insieme anche ai numerosi forestieri presenti in città in questo periodo, apprezzeranno quest'iniziativa dedicata alla nostra Santa patrona. Un occasione per ritornare alla dimensione umana, rievocando la sua opera di postulato operata anche durante l'esilio con spirito di povertà, candore e fortezza.
L'assessore
Paolo Muroni
Il commento del sindaco Tarantino
Comune di Soriano nel Cimino
La città di Soriano nel Cimino è lieta di partecipare alle celebrazioni religiose in onore di Santa Rosa da Viterbo nella rievocazione del suo esilio. La nostra comunità, del resto, già oltre 750 anni fa, accolse per prima e benevolmente la giovane Rosa che, insieme ai genitori, dopo essere stata esiliata da Viterbo su richiesta di alcuni eretici, dimorò, secondo la tradizione, nei pressi della cosiddetta Cuna, all'interno del Rione Rocca. ù
Nei suoi due processi di canonizzazione, infatti, ci narra che i suoi genitori non potendo sottrarsi al comando, uscirono dalla città, e camminarono tutto il giorno attraverso gli aspri colli del monte Cimino e le valli dello stesso monte per recarsi a Soriano. Ripercorreremo, dunque, con rinnovata fede, a contatto con la natura, questo sentiero antico, attraverso la fitta boscaglia che lambisce la Faggeta, sulle orme della giovane Santa, dove è possibile ritemprare, insieme al corpo, anche lo spirito. Mi auguro che questa iniziativa diventi un appuntamento annuale che unisca la gente del nostro territorio, per valorizzare le nostre tradizioni e il nostro ambiente naturale.
Il sindaco
Domenico Tarantino
Il commento del sindaco Ciancolini
Comune di Vitorchiano
E' ancora viva, nella nostra cittadina, l'emozione provata durante la processione con il Cuore di Santa Rosa, trasportato a spalla dai Facchini, svoltasi alcuni anni fa, in occasione del 750° anniversario della sua morte.
Anche per questo, dunque, sono felice di patrocinare il trekking turistico religioso che ripercorre le vie del suo esilio interpretando anche l'alta sensibilità dei miei concittadini sia nel rispetto delle tradizioni e del culto verso i santi del nostro comprensorio, che nel rispetto e nella valorizzazione del nostro meraviglioso ambiente naturale.
Nel primo processo di canonizzazione, conosciuto anche come Vita I, infatti, si riconducono a Vitorchiano due eventi miracolosi tra i più importanti della breve vita della santa viterbese: la sfida fatta all'eretica con la prova del fuoco e la guarigione della cieca Delicata. Gli amanti dello sport, con particolare riferimento alle passeggiate a piedi o con la mountain-bike, potranno scoprire i suggestivi scenari del nostro paesaggio naturalistico percorrendo i numerosi sentieri, tra una natura ancora vera, intatta, e ricca di vita.
Il sindaco di Vitorchiano
Gemini Ciancolini
L'esilio di Santa Rosa
Rosa, debole e malaticcia, con la sua agenesia congenita dello sterno, durante il suo esilio, nonostante il freddo e il gelo, continuò a confortare i genitori confidando nell'angelo del Signore che li proteggeva durante il viaggio verso il castello di Soriano nel Cimino.
Lungo il tragitto (era la vigilia di San Nicola), attraverso i boschi dei Monti Cimini, Rosa ebbe una visione divina che le predisse la fine della persecuzione della Chiesa e la morte dell'imperatore Federico II di Svevia. A Soriano nel Cimino trovò riparo presso la cosiddetta Cuna, una specie di grotta situata all'interno del centro storico, nelle immediate vicinanze del castello. La sua permanenza in questo paese durò pochissimi giorni.
Ripreso, con fatica, il suo viaggio in direzione di Vitorchiano non mancò di evangelizzare gli abitanti delle campagne circostanti.Il Signore, tramite Lei, operò numerosi miracoli: in Vitorchiano, infatti, convertì un'eretica con la prova del fuoco, ove vi rimase per lungo tempo senza bruciare, guarì vari infermi e risanò una bambina di nome Delicata che era cieca dalla nascita.
I monti che s'incontrano lungo il percorso presentano caratteristiche ambientali che si discostano in maniera apprezzabile da quelle dei territori limitrofi.
La vegetazione spontanea, prevalentemente forestale, si rivela di notevole interesse geobotanico. In un territorio prevalentemente pianeggiante e di bassa collina come la provincia di Viterbo, il Monte Cimino con i suoi 1053 m slm, insieme ai monti Palanzana, Montalto e San Valentino, raggiunge la quota più elevata costituendo la prima consistente barriera per le correnti d'aria umida provenienti dal mare che scaricano abbondanti piogge sul versante occidentale.
Questi monti, tutti di origine vulcanica, presentano un manto vegetativo costituito per la maggior parte di boschi. Sulla sommità, di particolare rilevanza è la fustaia di faggio, alla quale seguono scendendo di quota, un'ampia cintura di castagneto ceduo (alcuni esemplari ultracentenari) e quindi, nella fascia basale, il querceto.
Diffuse colture di Corylus avellana (nocciolo) caratterizzano le aree più basse rivestendo una grande importanza dal punto di vista economico. Nella seconda parte del percorso si passa ad un panorama completamente diverso. Alla stessa conformazione geofisica appena descritta, si devono aggiungere nuovi elementi che caratterizzano il tipico paesaggio etrusco: le forre. I torrenti scavano infatti profonde gole prodotte proprio per effetto del lento e inesorabile fenomeno dell'erosione.
Nelle vicinanze di Corviano è osservabile la forra scavata dal torrente Martelluzzo, mentre nei pressi di Vitorchiano il paesaggio è caratterizzato dalla forra del torrente Vezza. Nelle forre, grazie alla differente esposizione dei versanti ed alla presenza dei corsi d'acqua, si creano condizioni microclimatiche peculiari che favoriscono l'insediamento di associazioni vegetali molto differenziate.
Ad esempio nei pressi del fondovalle si trovano boschi costituiti da ontani, salici, pioppi e numerose felci, mentre sulle pareti più soleggiate si osserva la vegetazione tipica della macchia mediterranea: fillirea, lentisco, terebinto, corbezzolo ed erica arborea. La fauna che caratterizza l'area compresa nel percorso si presenta ricca e variegata. Tra i mammiferi è osservabile la presenza della volpe, il cinghiale, la lepre, il gatto selvatico, l'istrice, il riccio, la martora, la faina e il pipistrello.
Tra gli uccelli stanziali più comuni sono presenti lo sparviero, la poiana, il gheppio, il gufo comune, la civetta, il barbagianni, il fagiano e il picchio verde, ai quali si aggiunge la presenza di uccelli migratori quali la rondine. Una ricca e variegata microfauna ne arricchisce e ne completa l'habitat.
Domenica 27 agosto 2006
si parte da Viterbo e si
arriva a Soriano nel Cimino
La partenza da Viterbo, per arrivare a Soriano nel Cimino, è prevista per le ore 9,45 da piazza San Francesco. Il percorso si articola, per 24 km circa, interamente all'interno dei boschi dei Monti Cimini, con un tempo di percorrenza di 7 ore circa. Si salirà verso la strada che porta al monte della Palanzana e, prima dell'ex convento dei Cappuccini, si girerà a sinistra.
Costeggiando la Chiesuola si attraverserà la Strada Romana, si guaderà un piccolissimo corso d'acqua, e si punterà dritti verso l'imbocco della Strada Costa Volpara. Si prenderà successivamente la Strada Piscine fino ad attraversare la strada che conduce alla Fontana del duca.
Si proseguirà, salendo, verso la Sorgente Acquaspasa dove si sosterà per un pò di riposo e anche per consumare il pranzo al sacco. A questo punto saremo arrivati a circa 650 metri di altitudine sul livello del mare, contro i 300 circa della partenza, proprio sotto l'imponente Faggeta. Ripreso il cammino, lungo gli antichi sentieri dei boschi in direzione di Soriano nel Cimino, costeggeremo la cima di Roccaltia dirigendoci verso l'antica chiesa della Santissima Trinità, ormai diruta, costruita all'interno del bosco.
Il paese, ormai, è vicino e la strada è tutta in discesa. Nella valle fa bella mostra di se un antico romitorio. Tra i tetti delle case di periferia spunta maestoso il castello di Soriano nel Cimino. Il centro storico è posto sul versante settentrionale del Monte Cimino che, con i suoi oltre mille metri di quota è un vulcano ormai estinto da millenni.
Il sollevamento e l'attività vulcanica di questa montagna, la cui morfologia alterna settori caratterizzati da dolci ondulazioni a settori scoscesi e dirupati, avvenne probabilmente tra la fine del Terziario e l'inizio del Quaternario, quasi due milioni di anni fa, quando la zona era ancora ricoperta dal mare.
Il Monte Cimino, emergente dalle acque marine, era un'isola montuosa dalla cui sommità lo sguardo si spingeva verso le altre terre emerse di un grande arcipelago compreso tra le isole vulcaniche dell'Amiata, del Cetona e dei Volsini a nord, della Tolfa a ovest, dei Sabatini e degli Albani a sud e la dorsale Appenninica a est. Successivamente, grazie agli eventi naturali dei periodi di glaciazione e disgelo e al sollevamento della Valle del Tevere, il Cimino si saldò lentamente con le altre isole vulcaniche tosco-laziali e con i monti dell'Appennino, giungendo a plasmare la zona come oggi la vediamo.
Oltre al Monte Cimino nel territorio sorianese si elevano altre cime minori, tra le quali spiccano il Monte Roccaltia (m.712), il Monte Turello (m. 628), il Monte S. Antonio (m. 611) e il Monte Ciliano (m. 569). Le pendici del Cimino e delle alture che lo circondano sono ricoperte da una ricca vegetazione che rende il paesaggio dolce ed armonioso. La felice posizione geografica con un clima sempre accogliente e l'orografia estremamente variabile permettono, inoltre, lo sviluppo di numerose specie vegetali ed arboree. Nelle zone più basse, fino ai 500 metri di quota, frequenti i boschi di quercia alternati a estese coltivazioni di olivo, vite e soprattutto nocciolo.
Man mano che si sale, dopo aver superato la fascia collinare submontana e montana inferiore, dai 500 ai 950 metri prevalgono i boschi di castagno della varietà domestica (da frutto) e cedua (da taglio), a cui si associano numerose altre essenze arboree, come l'agrifoglio, il cerro, il carpino nero, il carpino bianco, l'acero d'Ungheria, il nocciolo selvatico, l'acero montano, il sorbo, il nespolo, il ciliegio selvatico, le ginestre e i ginepri nei querceti più caldi.
Dai 950 metri di quota in poi, il castagno e le altre specie arboree lasciano spazio a una maestosa foresta di faggi secolari che si estende per quasi 58 ettari, una tra le più belle dell'Italia centrale, con piante mature e ultra centenarie di eccezionale sviluppo (età media 200 anni - altezza 25-30 metri). Il 'Vecchio' del bosco è un grande faggio di circa 500 anni. Ricchissime sono le fioriture che in primavera ricoprono il sottobosco e i prati: bucaneve, crochi, primule, stelline odorose, narcisi, genzianelle, anemoni, viole, ciclamini e campanellini.
Ma la stagione più bella è l'autunno, quando i boschi offrono sentieri profumati da percorrere a piedi, in bici o a cavallo, con lo splendore d'oro e di porpora del loro fogliame. Per Soriano e la sua montagna, questa è la stagione dei funghi, della vendemmia e delle caldarroste, il cui profumo annuncia l'arrivo dell'inverno, a volte candido per un non raro soffice manto di neve. L'ecosistema del Monte Cimino comprende anche numerose specie animali. Nelle zone più impervie il rarissimo gatto selvatico e robusti cinghiali.
Tra i piccoli mammiferi, assai comuni sono il ghiro, il topo quercino, moscardini, tassi, ricci e talpe. Non mancano volpi, faine, donnole, puzzole e pure istrici. Interessante anche l'avifauna con possibilità di birdwatching (l'osservazione degli uccelli) su upupa, cuculo, scricciolo, picchio verde, picchio rosso minore, picchio rosso maggiore, rampichino, codibugnolo, cinciallegra, ballerina bianca, codirosso, baglia dal collare e merlo; fra i rapaci diurni e notturni poiana, nibbio, gheppio, gufo, allocco, barbagianni e civetta. Pure i rettili hanno una loro forte presenza con orbettino, biacco, biscia dal collare e vipera comune. Intorno a Soriano, boschi di alto fusto e cedui di faggio, cerro e castagno, castagneti da frutto, boschi misti di faggio, querce, aceri e carpini, foreste di conifere e prati, pascoli e campi coltivati, coniugati con grande ricchezza d'acqua e temperature miti, costituiscono un ideale sistema equilibrato dove, a determinate condizioni, è anche consentito cercare i prelibati funghi dei Monti Cimini.
Tra quelli commestibili, i più comuni sono i porcini, i prataioli, gli ovuli, le 'famigliole', i galletti e le 'mazze di tamburo'. La raccolta dei funghi, come quella di fragole, asparagi selvatici, bacche di mirto, bacche di ginepro, lamponi, mirtilli e corbezzoli, per tutelare l'equilibrio l'ambientale, è disciplinata da una legge regionale.
Lunedì 28 agosto 2006
si parte da Soriano nel Cimino
e si arriva a Vitorchiano
Partenza da Soriano nel Cimino è prevista per le ore 9,45 da Piazza Vittorio Emanuele per arrivare a Vitorchiano dopo aver percorso 22 km in 7 ore circa. scendendo, verso la Strada Santa Lucia con tanto di attraversamento del passaggio a livello della ferrovia che da Soriano nel Cimino conduce a Vitorchiano. Dopo circa 8 km dalla partenza incontreremo i resti del castello medioevale di Fratta. Si continua a scendere per questa strada panoramica, a servizio di molte aziende agricole, fino ad incontrare la strada provinciale che collega Vitorchiano a Bomarzo. Superata quest'ultima s'imbocca la Strada Rurale Sterpeto.
Siamo ormai prossimi al sito archeologico di Corviano. Le pietre squadrate e ammucchiate all'interno delle antiche cave di peperino rompono la continuità della pianura. I dintorni della cittadina di Vitorchiano sono caratterizzati dalla presenza di numerose emergenze archeologiche che vanno dalla preistoria all'alto medioevo. La parte più interessante, sotto questo profilo, è dove sono situati ruderi della città etrusco-romana di Corviano.
Questo sito si trova in ottima posizione difensiva, ora del tutto nascosta da una boscaglia fitta ed intricata, dalla quale emergono le possenti mura del castello medioevale. Numerose e sparse ovunque si trovano le pestarole, tipiche incavature nei massi di peperino ad una o due vasche comunicanti dove veniva pigiata anche l'uva. Il rudere del castello mostra, nella parte ovest, resti di mura etrusche in opera quadrata incorporate nella cinta difensiva.
Poco più avanti, lungo il crinale che si volge al torrente, si affacciano i vani di numerose case ipogee scavate nel peperino. Si compongono di due o tre ambienti e ricevono aria da grandi finestroni ricavati all'esterno della parete rocciosa. Sparse per il pianoro, vicino ai resti di una chiesa alto-medioevale, ci sono tombe a fossa coperte da lastroni di peperino.
La tipologia di queste sepolture è particolare in quanto la roccia nella quale sono ricavate è stata sagomata a forma umana. Superato il sito archeologico di Corviano, dopo essersi rifocillati e riposati, ci si dirige verso Vitorchiano. Il paese di Vitorchiano è situato a nord-est di Viterbo, a 285 metri sul livello del mare, tra i monti Cimini e la valle del torrente Vezza. L'antico Borgo è adagiato su enormi massi di peperino a forma di cono, con pendii abbastanza ripidi a strapiombo sui fossi Vezza e rio Acqua Fredda. tra le antiche case in pietra viva del borgo sembra che i secoli non siano mai passati.
Di origine etrusca, castrum romano e poi centro urbano fortificato nella parte più meridionale della Tuscia Longobardorum, Vitorchiano vanta una storia secolare influenzata a lungo dalla politica espansionistica della vicina e potente Viterbo. Quando nel 1199 Vitorchiano si dichiarò libera da ogni legame con Viterbo il borgo fu assediato dalle milizie Viterbesi contro le quali fu invocato l'aiuto di Roma. Nel 1201, Vitorchiano fu liberato dall'assedio e divenne feudo di Roma. Ma i contrasti tra Roma e Viterbo continuarono per tutta la metà del duecento. Nel 1232 i Viterbesi si impadronirono del paese e lo devastarono.
L'Annibaldi fortificò il borgo con nuove mura che resero Vitorchiano praticamente imprendibile, ma i Vitorchianesi, però, non sopportavano il suo governo. Dopo aver inutilmente supplicato Roma di liberarli dal giogo, nel 1267 provvidero a proprie spese a rifondere Giovanni Annibaldi per i costi sostenuti.
Quando ormai al senato Romano apparve evidente che Vitorchiano era perduto a causa della politica poco lungimirante, avvenne un fatto straordinario: i Vitorchianesi fecero atto solenne e formale di sottomissione a Roma. Il Senato Romano a questa notizia nominò Vitorchiano Terra Fedelissima all'Urbe, le riconobbe ampie esenzioni fiscali, le consentì di aggiungere al proprio stemma la sigla S.P.Q.R., di fregiarsi della Lupa Capitolina e di usare il motto Sum Vitorclanum castrum membrumque romanum, cioè Vitorchiano, castello e parte di Roma. Il privilegio più importante fu rappresentato dall'onore di fornire gli uomini per la guardia capitolina. Essi furono denominati Fedeli di Vitorchiano.
Questo privilegio è stato costantemente esercitato da Vitorchiano dal 1267 fino ai nostri giorni. Ancora oggi è possibile ammirare la Guardia del Campidoglio nei costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti, nelle manifestazioni ufficiali del Comune di Roma.
Santa Rosa, durante il viaggio di ritorno, si fermò con la famiglia a Vitorchiano dove non soltanto restituì la vista a una fanciulla di nome Delicata, cieca dalla nascita, ma convertì anche un'eretica con un'ordalia. Preparato un gran fuoco, vi si gettò dentro rimanendovi fino a quando le fiamme si spensero.
Poi, uscita incolume, disse a quella donna: Abbandona la tua fedeltà e sottomettiti con ossequio devoto alla legge. Accanto alla sua casa, situata all'interno del centro storico, è un'iscrizione a ricordo dell'evento.
Martedì 29 agosto 2006
si parte da Vitorchiano
e si ritorna a Viterbo
Partenza da Vitorchiano ore 9,45, da Piazza Umberto I, per arrivare a Viterbo dopo 9 km con un tempo di percorrenza di 4 ore circa. Camminando sulla Strada Provinciale Sp22/ Strada Acquabianca, superando la località Paparano, superando il bivio per Bagnaia e Bagnoregio, superando il bivio per Celleno, Grotte Santo Stefano e Bagnaia, si arriva a La Quercia in Piazza del Santuario.
Dopo una breve sosta si prosegue per Viale Trieste fino a Viterbo dove ci si ritroverà presso il Santuario di Santa Rosa. Tra i resti della civiltà etrusca, da un castello con intorno un gruppo di case costruito dai Longobardi su una massa tufacea, protetto da ripidi pendii, nasce Viterbo come Comune che pervenne allo Stato della Chiesa sotto Carlo Magno. Dal X' secolo in poi Viterbo conobbe uno sviluppo che la portò ad un notevole livello di importanza.
Prima della fine del XI' secolo venne innalzata la cinta muraria e furono costruite le porte cittadine. Tutto ciò avvenne per iniziativa degli abitanti che a quel tempo già si erano uniti in una comunità indipendente ed autonoma. L'abitato assunse così l'aspetto di città, governata da consoli, con tanto di Statuto Comunale. Nella seconda metà del XIll secolo vi soggiornarono a lungo diversi pontefici.
Dal 1268 al 1271, all'interno del Palazzo Papale, costruito nel 1265 e situato nel suggestivo e caratteristico quartiere medioevale di San Pellegrino, si tenne il primo e più lungo Conclave che portò all'elezione di papa Gregorio X. Fu in questa occasione che, dopo molti mesi di indecisione sul nome del nuovo pontefice, i cardinali furono rinchiusi dai viterbesi nel palazzo, "Cum clave", con il tetto scoperchiato, ed esposti alle intemperie, fino all'avvenuta elezione.
A Viterbo, dal 2 settembre iniziano le feste religiose in onore di San Rosa, patrona di Viterbo, con il Corteo storico con costumi varie epoche; il 3 settembre, alle ore 21, avviene il famoso trasporto della Macchina di S.Rosa, torre luminosa alta 30 metri e del peso di 5 tonnellate, che è trasportata a spalle lungo le vie cittadine da un centinaio di "Facchini" fino al Santuario. Quest'ultimo fu edificato, probabilmente, sulle fondamenta della Chiesetta del 1200 (dedicata a S. Maria delle Rose) che era annessa al Convento di San Damiano.
La chiesa venne intitolata a Santa Rosa da Viterbo dopo che Papa Alessandro IV, nel 1258, vi fece traslare il corpo della piccola Santa viterbese. Nei secoli, anche a seguito del crescente culto verso la Patrona, sono stati effettuati numerosi interventi di ampliamento e rifacimento. Quello risalente al 1849, come si legge sulla facciata della Chiesa, fu voluto dal Cardinal Pianetti che ne affidò il progetto a Vincenzo Federici. La cupola, invece, fu realizzata nel 1913.
All'interno l'opera di maggior pregio, dopo la perdita degli affreschi quattrocenteschi di Benozzo Bozzoli, è senza dubbio la Madonna in trono con Bambino tra S. Rosa e S. Caterina d'Alessandria dipinta da Francesco di Antonio, detto il Balletta. Il corpo incorrotto di Santa Rosa si trova dietro una grande cancellata in ferro ed è racchiuso in un'Urna fatta costruire dal Cardinal Urbano Sacchetti nel 1683, dopo la sua elezione a Vescovo di Viterbo.
L'attiguo Monastero, splendente della sua umile bellezza, si formò anch'esso nella prima metà del secolo XIII quando alcune nobildonne viterbesi, sulla scia spinta emotiva del culto per Chiara e Francesco, acquistarono, a ridosso della cinta muraria, il terreno dotato di alcuni casalini. Da questi, e probabilmente anche da una parte del castello di Federico II, distrutto dal Cardinal-soldato Raniero Capocci, si consolidò e si ampliò l'attuale edificio.
Le Monache, custodi del Sacro Corpo, vi vivono in clausura fin dai primi tempi adottando, come forma di vita, la regola di Chiara d'Assisi. La Casa di Santa Rosa, adiacente al monastero, ci è stata tramandata inalterata con le fattezze del XIII secolo: un orto-giardino, una stanza con un grande camino, massicce travi di sostegno al soffitto, pavimento in cotto e pietra viva alle pareti. Al suo interno, oltre ad una statua in legno policromo del XVII secolo raffigurante il miracolo delle rose ed a numerosi ex voto, è esposta anche l'urna in legno che contenne il Corpo della Santa dal XV al XVII secolo.
Il 2 settembre di ogni anno il Corteo Storico di Santa Rosa sfila per le vie di Viterbo ed accompagna, in una prestigiosa cerimonia che evidenzia l'aspetto più intimo e religioso dei festeggiamenti, la solenne Processione.
Questa rinnova l'antica usanza per la quale le autorità cittadine insieme al clero si recavano, e si recano tutt'oggi, a rendere omaggio alla Patrona, come deliberato nel 1512 dal Consiglio dei Quaranta, in ricordo della traslazione del Corpo incorrotto della Santa. Nel corso della processione viene oggi condotto, lungo le principali vie cittadine, il Cuore di Santa Rosa, conservato ancora integro nel reliquiario donato al Monastero delle Sorelle Clarisse dal Papa Pio XI.
Il Corteo parte dal Santuario di Santa Rosa e attraversa il Quartiere Medievale di S. Pellegrino fino alla Cattedrale; da qui ha inizio la processione attraverso le vie del centro che si conclude con il rientro alla Chiesa della Santa. Il Corteo Storico è attualmente composto da circa 310 figuranti con costumi tipici dei vari secoli, a partire dal 1200 fino ad arrivare al 1800, che rappresentano le massime autorità viterbesi, con le rispettive milizie, che hanno celebrato nel tempo la loro amata piccola concittadina. Aprono il Corteo i Boccioli simbolo del particolare legame dei piccoli Viterbesi di oggi con la loro Santa, coetanea di ieri, morta giovanissima e con una fanciullezza travagliata ma piena di episodi miracolosi.
Separano i vari secoli le Rosine, ragazze che indossano un saio grigio violaceo raffiguranti la giovane figura di Santa Rosa. Esse recano cesti, con rose e candele, in ricordo dei doni che venivano offerti dal Comune di Viterbo alla Comunità delle Clarisse dal XV secolo fino all'inizio del XX secolo. Nel 1998 è stata ultimata una ricognizione medico scientifica che ha confermato uno straordinario grado di conservazione del Sacro corpo di Santa Rosa e dei suoi organi interni.
Sono state documentate tracce del contenuto endocranico, con resti di tessuto cerebrale. Sono stati dimostrati in questa stessa occasione anche resti ben conservati di altre parti molli, come gli apparati ligamentari, nonché le masse muscolari. Lo scheletro è apparso in ottime condizioni di conservazione, con ossa tutte in connessione anatomica. L'esame radiografico ha anche dimostrato la presenza di un'ombra epatica molto ben definita.
Dal punto di vista antropologico l'esame radiografico dello stato dei denti, delle cartilagini e delle ossa è servito a fornire le conferme essenziali riguardo all'età della morte di Santa Rosa compresa tra i 18 e i 20 anni. L'osservazione microscopica del cuoio capelluto ha anche dimostrato la presenza di frammenti di capelli di colorito scuro. Il monastero di santa Rosa fu fondato agli inizi del XIII secolo con il patrocinio di santa Maria. Le fondatrici conducevano una vita simile a quella monastica, pur non avendo alcuna regola codificata. Successivamente seguirono l'esempio di Chiara d'Assisi che osservava la forma di vita scritta per lei da san Francesco.
Quando il papa approvò questa regola le Sorelle di Viterbo vi si conformarono e la adottarono come loro forma di vita ancora oggi osservata. Il monastero è stato ed è un vivaio di santità che ha donato alla Chiesa autentiche Beate, Venerabili e Serve di Dio. Accoglie ragazze desiderose di fare esperienza di silenzio e di preghiera alla ricerca della propria vocazione.
Accanto al monastero sono il Santuario dove è conservato il Sacro Corpo e l'umile Casa di santa Rosa che ci è stata tramandata inalterata in tutte le sue fattezze del XIII secolo ove si respira ancora la presenza della Santa.