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Il vescovo Chiarinelli
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- I fiori in genere, le rose in particolare, richiamano l'immagine del giardino: uno spazio felice, un terreno fertile, una cura attenta e gioiosa.
La nostra città e la nostra Chiesa hanno generato una "Rosa": a Viterbo, nel secolo XIII, fiorì santa Rosa, una diciottenne splendida, limpida, con la luce negli occhi e con il profumo nel cuore e nelle opere.
Non è facile decifrare con sicurezza le ragioni, i fattori, i dinamismi che accompagnano questa singolare fioritura di santità. Non molto si sa dell'ambiente familiare; assai confusa era la situazione socio-politica; incerte e frammentate le notizie della comunità ecclesiale.
E fiorì la "Rosa".
Ogni santità noi lo sappiamo- è opera di Dio: da lui la grazia, da lui la luce e da lui l'amore.
Ma il terreno, l'ambiente, il contesto non è estraneo, non può restare indifferente. Proprio per questo Viterbo sente che "Rosa" le appartiene, è espressione della sua identità, racchiude il suo vissuto.
In questo 2006 e precisamente il 15 ottobre- un'altra "Rosa" sboccia nel giardino della santità viterbese: Rosa Venerini (1656-1728). Il 15 ottobre il Santo Padre Benedetto XVI la iscriverà nell'albo dei santi della Chiesa cattolica.
Mi è caro immaginare che anche in cielo le due Rose viterbesi, delle quali l'una ha ereditato il nome dell'altra, splenderanno della luce che le unisce in Dio.
Anche Viterbo, giardino della loro fioritura, si vestirà di nuova luce. E sono altresì sicuro che ognuno di noi, per la sua parte, rinnoverà l'impegno a coltivare il giardino affinché semi felici di verità, di bontà, di santità trovino terreno preparato, sollecitudine affettuosa, promozione intelligente per altre fioriture della bellezza di Dio.
Lorenzo Chiarinelli
Vescovo