Senza Filtro - Siamo al termine di una campagna elettorale dai toni alti e spesso sopra le righe di un sereno e democratico confronto.
In un paese normale provvedimenti che attengano ad uno specifico profilo istituzionale diverso dallo Stato, come quello dei comuni, dovrebbero essere proposti e discussi nelle sedi costituzionalmente preposte.
Sempre secondo il dettato costituzionale, l’abolizione di ogni imposta dovrebbe trovare adeguata copertura sostitutiva, la cui individuazione, trattandosi di enti locali, dovrebbe essere concertata con i comuni.
L’imposta comunale sugli immobili, per quanto odiosa per la sua applicazione sul diritto di proprietà piuttosto che su un reddito, venne istituita sostituendo altre imposte locali, per coprire parte della spesa corrente per servizi e prestazioni comunali e per inaugurare una nuova stagione di rilancio degli enti locali che doveva sfociare nell’agognata autonomia impositiva. Vale a dire la capacità di comuni e province di reperire proprie risorse, sostituendo cespiti dello stato e istituendo sulle proprie caratteristiche socioeconomiche, delle proprie entrate.
Da allora si è andati soltanto indietro: finanziarie che hanno tolto risorse e ruolo ai comuni. Bilanci ingessati e vincolati ad adempimenti inutili e assurdi. Slittamento dei tempi di redazione dei bilanci, quest’anno al 31 maggio, che vanificano ogni possibilità di programmazione.
Ora la proposta di tagliare ulteriori 3,5 mld di euro dai bilanci comunali, abolendo in modo indiscriminato, senza distinzione di reddito o categoria catastale, l’imposta comunale sugli immobili.
Se non ci saranno indicazioni di copertura, come non sentirsi colpiti ed umiliati nel proprio ruolo, nelle proprie responsabilità, nella rappresentanza della propria comunità, da parte di ciascun sindaco?
Come non chiedere unitariamente, ciascuno per la propria appartenenza, garanzie di equilibrio finanziario per i comuni e di giustizia fiscale per i cittadini?
Francesco Chiucchiurlotto
Presidente Anci Lazio