Riceviamo e pubblichiamo
- Martedì scorso ho assistito, nella sede del Partito Radicale a Roma, alla conferenza stampa che l’associazione Luca Coscioni ha tenuto per aggiornare la situazione per quello che molti ormai conoscono come il “caso Welby”.
Alla conferenza stampa hanno preso parte Marco Cappato, segretario dell’associazione Luca Coscioni, Rita Bernardini, segretaria di Radicali Italiani, Giuseppe Rossodivita, avvocato che ha presentato ricorso d’urgenza al Tribunale di Roma per conto di Piergiorgio Welby.
Nel ricorso si chiede al Tribunale di risolvere un paradosso interpretativo della legge esistente in materia di trattamenti sanitari, autodeterminazione del malato e consenso informato. In breve si tratta di questo: la vigente legge consente al malato cosciente di chiedere che gli vengano interrotte le terapie, quando queste, non servano ad altro che allungargli le sofferenze. Il medico di fronte a questa richiesta non può opporsi.
Se però il malato chiede una sedazione, volta solo a rendere indolore questo passo, il medico, alla perdita di coscienza (per effetto della sedazione) del malato deve riattaccare le macchine che lo tengono in vita. Insomma, Piergiorgio, che a settembre, con la sua lettera al presidente della repubblica Napolitano, chiedeva di poter morire, non considerando più accettabile la sua malattia, potrebbe farlo solo se rinunciasse alla sedazione.
Da ormai qualche mese si è aperto sul caso particolare e sul tema in generale un ampio dibattito, che però ad oggi non ha portato nessun passo concreto. Ho come l’impressione che da più parti si cerchi di prendere tempo (ed è quello che purtroppo manca), magari sperando che Welby, nel frattempo, muoia per effetto della sua malattia terribile e progressiva.
Per me è un “già visto”, lo scorso 20 febbraio è morto Luca Coscioni. E’ morto perché fino all’ultimo ha rifiutato la tracheotomia che gli avrebbe consentito di respirare attaccato ad un ventilatore polmonare, come ora fa Welby con sempre più difficoltà. Luca aveva capito che la sua vita, già compromessa, sarebbe ulteriormente peggiorata. Il suo è stato un “basta” di estremo coraggio e senza sedazione.
Per Piergiorgio Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, le macchine e la legge si sono impossessate del suo corpo. Non c’è una soluzione legale, ce ne sarebbe una clandestina con qualche “provvidenziale” disattenzione del medico o paramedico pietoso. Come, in questo casi, spesso succede e come illustri medici raccontano ai congressi.
Lo ha fatto di recente anche don Verzè sacerdote e medico.
Per i malati che non si rassegnano al loro ruolo silente, come fa Piergiorgio Welby, è forse importante far conoscere questo suo messaggio giunto nel corso della conferenza stampa con il quale racconta il suo stato.
“Da aprile di quest'anno è cominciato il vero e proprio crollo del mio fisico. Sentivo sempre più il peso degli arti e la respirazione diventava via via sempre più difficoltosa nonostante il supporto del ventilatore automatico, come se un peso mi schiacciasse il petto. Due mesi fa aspettavo ancora la notte e il suo sonno che mi allontanava per qualche ora dall'incubo del giorno. Ora anche la notte è diventata un incubo perché fatico a respirare e nel sonno vado in frequenti apnee che mi svegliano con il senso di soffocamento. E' una tortura insopportabile.”
In platea, Maria Antonietta Farina Coscioni, seduta accanto a me, con gli occhi lucidi, annuiva.
Per chi volesse maggiori informazioni www.radicali.it
Luciano Segatori