Riceviamo e pubblichiamo
- E così mentre il dibattito sulla creazione a Viterbo di uno scalo aeroportuale per traffico charter e low cost, andava collocandosi lungo i tre assi dell’indifferenza, dell’attendismo e del radicalismo del senza se e senza ma, l’Enac, ente nazionale per l’aviazione civile, dichiarando possedere Viterbo le caratteristiche idonee per lo sviluppo di un aeroporto, come suol dirsi in questi casi, ha “sparigliato le carte”.
Questo non è un male perché ci consente di riavviare il dibattito eliminando ad un tempo l’attendismo tipico del “tanto peggio tanto meglio” e riducendo al massimo l’oscillazione tra indifferenza e radicalismo che sono da sempre i cardini del dibattito nei luoghi ultraconservatori.
Dove non si vuole cambiare nulla, di fronte all’emergere di una novità prima si fa finta di niente e quando non si può più fare si reagisce energicamente contro.
Lo sappiamo bene noi viterbesi che abbiamo vissuto e viviamo tuttora sulla nostra pelle le conseguenze della passate amministrazioni, dove un atteggiamento conservatore e retrogrado non ci ha permesso di cogliere le occasioni che di volta in volta si presentavano, portandoci ad un isolamento strutturale che oggi tutti riconosciamo come il male dei mali di questa terra.
Ora però il tempo in cui viviamo impone il cambiamento.
La nostra terra è ricca di potenzialità ma affinché queste diventino prospettive di crescita c’è bisogno di coraggio, lucidità politica e lungimiranza.
La classe politica locale, pur nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, quando è di fronte ad una innovazione del calibro di un aeroporto civile, se veramente vuole la fiducia della gente non deve chiedersi perché, deve chiedersi perché no?
Sapendo coniugare l’ideale con il reale. Ed è reale ammettere che allo stato delle cose non sembra esserci un vettore interessato al nostro aeroporto e forse nemmeno una seria indagine di mercato che ne invogli qualcuno.
Ma una cosa è certa: la classe politica locale, tutta, non può consentire ad un assessore regionale di affermare che parlando di scalo aeroportuale è impossibile puntare su Viterbo perché la città è collegata male a Roma
Può seriamente proporre come alternativa Latina, solo chi non ha mai percorso la Pontina. Chi invece come me fa il pendolare Viterbo-Roma e percorre la Pontina diverse volte a settimana sa che il livello di congestionamento della consolare che collega Roma a Latina rispetto a quello della Cassia è almeno pari. Senza tener conto delle statistiche che pongono la stessa ( la Pontina) come la strada più pericolosa d’Italia.
E poi se di collegamenti bisogna parlare, questa è l’occasione per potenziare anche i trasporti locali da e per Roma, anziché rinunciare allo sviluppo della Provincia privilegiandone altre di per se meglio “collegate”!.
Apriamo un confronto serio, uniamo le forze politiche ed economiche, “facciamo sistema” ma facciamolo tutti insieme. Non è inopportuno ricordare che chi governa il Comune di Viterbo è minoranza in Regione e viceversa, per cui la pressione di una sola parte politica potrebbe non essere sufficiente. E sottolineo questo passaggio. Del resto, propaganda politica a parte, nessuna delle due coalizioni può onestamente rimproverare all’altra la mancata realizzazione dell’aeroporto, perché nessuna delle due è rimasta sempre all’opposizione.
Insomma creiamo le condizioni necessarie a concretizzare un sogno, perché questo è il compito della politica.
L’aeroporto a Viterbo non è una priorità ma è senza dubbio un’opportunità che non danneggerebbe e non toglierebbe risorse alla nostra terra, anzi darebbe modo a noi tutti di esprimere al meglio le nostre capacità imprenditoriali, valorizzando il territorio e le risorse ad esso collegate, con inimmaginabili vantaggi economici per tutti!!!!
L’idea che persone scelgano il futuro scalo di Viterbo per avvicinarsi a Roma per me è esaltante.
Il business, si sa, spesso contrasta con le emozioni ma non in questo caso.
Mi domando: può una classe politica rinunciare a creare le condizioni per avere un aeroporto sostenendo di farlo perché ci sono prima altre cose che da quaranta anni sono sempre le stesse?
Ragionare così sarebbe una scelta o l’ennesima rinuncia?
Fabio Scalzini (Sdi)