Continua il dibattito sulla violenza politica a Viterbo
-Reputo opportuno liberare subito il campo da un equivoco: considerare violenza unicamente quella che si manifesta con l’uso di pugni, calci, bastoni, coltelli kamikaze, aerei proiettile.
Le manifestazioni “fisiche” della violenza avvengono quasi tutte esclusivamente alla luce del sole, e sono quindi quelle che più colpiscono i cittadini, che più mettono alla prova il loro spirito di sopportazione, la loro sensibilità e la loro maturità civica, sono quelle che coinvolgono direttamente o indirettamente la vita dei singoli cittadini o della società tutta, sono quindi quelle che ispirano e dettano, quasi esclusivamente, l’esecrazione e la condanna per ogni forma di violenza.
Sono sempre più convinto che le manifestazioni “fisiche” della violenza sono come la punta emergente di un iceberg, la cui parte più consistente è sommersa (nascosta).
Le violenze in generale non nascono dal nulla, hanno tutte un motivo scatenante più o meno evidente, più o meno nascosto, più o meno condivisibile, motivo, sia chiaro, che non può, e non dovrà mai, né autorizzare, né legittimare il gesto violento.
Sicuramente però, se venisse anzitempo rimosso o disattivato, eliminerebbe la causa della violenza o quanto meno eliminerebbe una causa della violenza.
Per difendere la società dalla violenza non basta limitarsi a condannare la violenza, ma ci si deve predisporre ed organizzare per eliminare o neutralizzare le cause che la fanno nascere, ed il brodo di cultura che l’alimenta.
È vero che gli attori della violenza “fisica” (rumorosa ed eclatante) sono comunemente i giovani, ma è altrettanto vero che il brodo di cultura lo prepariamo noi, noi grandi; dovremmo quindi essere noi grandi l’oggetto di risanamento, l’habitat da bonificare, il tesoro da recuperare e da portare sulla retta via.
Ciascuno di noi, nella vita d’ogni giorno, può essere coinvolto o essere testimone di comportamenti o atteggiamenti fonte di prevaricazioni, d’ingiustizie, di scorrettezze; ma sia per egoismo, sia per amore del quieto vivere, sia per utile strettamente personale, siamo troppo spesso portati a superare il disagio (quando emerge) volgendoci dall’altra parte, o mettendo la testa sotto la sabbia come lo struzzo, ossia fregandocene.
Una società ligia ai doveri di famiglia, ligia ai doveri nei confronti della società, rispettosa dei diritti dei più deboli e indifesi, rispettosa degli impegni presi con gli elettori, rispettosa della dignità di tutti indipendentemente dal colore della pelle, dal credo religioso e dalla sessualità, convinta sostenitrice del no alla guerra senza se e senza ma, convinta sostenitrice che il nostro benessere è giunto il momento di condividerlo con chi ci ha permesso di raggiungerlo, convinta sostenitrice di devolvere le attuali spese militari per affrontare tutte le emergenze di salute, di fame e d’inquinamento di questa nostra ed unica terra che possediamo.
Ebbene una società che ambisce questi traguardi, che dipendono quasi esclusivamente da noi grandi, ha bisogno di un appello ai grandi, di un appello che li inviti a rimboccarsi le maniche e dimostrare in prima persona e con i fatti la loro volontà di operare per una società migliore.
Osvaldo Ercoli