|
Martinelli segretario della Cgil |
Senza Filtro -Gentili ospiti,
Cari amici,
Care compagne e cari compagni delegati al 15° Congresso della Camera del Lavoro Territoriale di Viterbo, giungiamo dunque a questo nostro appuntamento congressuale dopo cinque anni di governo di centrodestra alla guida dell'Italia.
Dopo una lunga stagione di lotte, di resistenza ma anche di duri colpi subiti.
Dopo clamorose e non certamente ricercate rotture unitarie con CISL e UIL, ma altrettante decisive ricomposizioni tra le tre grandi organizzazioni confederali,
Dopo un percorso congressuale attento, rigoroso e sostanzialmente di unità della nostra organizzazione.
Il resoconto conclusivo ci riporta che abbiamo tenuto 304 assemblee di base, hanno partecipato 9600 iscritti, di cui 2813 donne, una grande prova di democrazia, di partecipazione, di passione, di maturità e coscienza civile.
Questa nostra straordinaria organizzazione che tra qui e qualche mese festeggerà con orgoglio i suoi cento anni di vita e di storia, durante i quali, come ben sappiamo, la grande bandiera rossa del lavoro, non è stata mai ammainata e che anzi, desiderosa di sventolare più che mai, ci impone ancora oggi, di onorarla attraverso il suo avanzamento verso nuovi traguardi di emancipazione e di riscatto.
Cinque lunghi anni dunque, difficili ed impegnativi, in un mondo che sembra diventare sempre più piccolo e sempre più vulnerabile.
Dove le guerre continuano a non lasciare il passo al dialogo ed alla soluzione pacifica delle controversie, dove la globalizzazione dei mercati e dell'economia sta letteralmente spazzando via la dimensione nazionalista dello sviluppo dei singoli Stati e dei loro processi economici localistici.
E' venuto il tempo in cui i grandi problemi umani, come la fame,la pace, la libertà, vanno affrontati non con disquisizioni accademiche, ma a livello di una nuova concezione economica e politica e quindi una nuova società.
E' urgente un diverso modo di essere e di pensare per scongiurare non solo un futuro buio, ma anche un presente, già in vivibile, sia per i Paesi del centro che della periferia del mondo e per questo occorrono nuove idee politiche ed economiche, lo esige la società di oggi e di domani.
Le regole classiche del mercato come della democrazia, se viste con occhio proiettato nel futuro, vanno ripensate con una “ nuova fantasia intellettuale” perché, è crollato un sistema politico ed economico, producendo un senso di vittoria e generando grandi speranze ma si è affermato maggiormente quel sistema politico ed economico che è responsabile del dramma del Terzo Mondo, non possiamo ,quindi andare alla ricerca di soluzioni dei problemi della società di oggi con le concezioni economiche e politiche di ieri, per non rischiare di giungere domani ad altre più profonde delusioni in situazioni peggiori.
Potrebbe voler dire cadere nel sonno del passato, già Goya affermava che il “ sonno della ragione genera mostri”.
Le politiche del neoliberalismo, decise nei centri del potere finanziario internazionale e battezzate come politiche di globalizzazione pretendono di raggiungere l'efficienza economica nascondendosi dietro nozioni molto vaghe come “ la modernità”:
Quello che invece sta avvenendo è esattamente il contrario, una concentrazione senza precedenti della ricchezza, impoverimento, disoccupazione o sotto occupazione per la maggioranza della popolazione economicamente attiva, la condanna di milioni di esseri umani alla denutrizione che impedisce il pieno sviluppo delle loro facoltà fisiche ed intellettuali, la negazione del diritto alla salute, all'educazione e alla terra, costringendo popolazioni intere a vivere nell'ingiustizia e senza la possibilità di un futuro dignitoso.
Care compagne e cari compagni, dobbiamo capire fino in fondo che in questo mondo senza pace ed equilibrio, nessuno è in pace e in equilibrio.
Va quindi riproposta più che mai l'esigenza, cruciale e urgente, di un'altra idea e di un altro modello di globalizzazione, quello che noi abbiamo provato a chiamare la globalizzazione dei diritti.
Se il cambiamento dell'orizzonte mondiale è necessario, è fin troppo facile affermare che la stessa questione si pone per il nostro Paese.
Questo nostro Paese sospinto verso un preoccupante declino industriale, un indebitamento pubblico ed una stagnazione economica che non ricordavamo da 25 anni a questa parte.
Ecco, è dentro questo perimetro che noi oggi siamo chiamati a giocare la nostra grande partita del risveglio e del rilancio del nostro Paese, a confrontarci in questo delicato ed importante appuntamento congressuale per precisare un asse strategico, per aggiornare una politica contrattuale, per misurare la nostra capacità di rimessa in movimento della nostra forza e più in generale dell'intero movimento sindacale, per uscire dal pantano in cui ci hanno cacciati e restituire la dignità in campo istituzionale ad un Paese che non merita di essere deriso e marginalizzato.
E non è un caso che abbiamo deciso di svolgere oggi questo impegnativo confronto congressuale, avremmo infatti potuto aspettare l'esito dello scontro frontale e decisivo del prossimo Aprile,per poi “ a bocce ferme” come si usa dire spesso tra noi, decidere il meglio da fare per difendere gli interessi e le condizioni di vita della nostra gente, dei nostri iscritti, dei nostri lavoratori e dei nostri pensionati.
NO! , non abbiamo voluto giustamente percorrere questa strada ed al nostro segretario generale Guglielmo Epifani, in primo luogo, va dato atto di questa scelta, che scontata non era.
Il rischio infatti è stato presente, la tentazione di aspettare l'esito elettorale per poi decidere il che fare, ha attraversato, anche se in modo inconfessato, la riflessione di molti di noi.
E' inutile negarlo.
Ma alla fine abbiamo deciso la cosa più giusta.
Abbiamo deciso per la conferma dell'autonomia piena ed incondizionata della CGIL.
Abbiamo deciso che un soggetto collettivo come il nostro non poteva attendere l'esito elettorale per precisare ed aggiornare in alcune sue parti un asse strategico.
Abbiamo in definitiva deciso di non rinunciare ad essere quello che il compianto compagno Luciano Lama aveva costruito di noi:” un grande soggetto politico non subalterno ai partiti e alle coalizioni, in grado di svolgere il proprio ruolo attivo nei processi politici e sociali che attraversano l'Italia in qualsiasi fase storica ed in presenza di qualsiasi coalizione di governo.
Un soggetto che non si fa partito, ma che allo stesso tempo non si chiude nell'interesse corporativo;
Un soggetto sociale che vuole incidere sui processi di cambiamento, sull'affermazione dei diritti individuali e collettivi, sulla distribuzione della ricchezza prodotta, facendo leva sulla sua cultura laica e di sinistra, ma sempre consapevole, a differenza dei Partiti, di essere rappresentante non di tutta ma di una parte della complessa società italiana e cioè i lavoratori ed i pensionati.
Ed oggi eccoci dunque orgogliosi della nostra forza e della nostra storia,non rinnegando nulla di essa ma proseguendo su quella che in altri tempi avremmo definito” la via maestra”per risalire la china e restituire un futuro a noi, alle nostre famiglie e soprattutto alle giovani generazioni.
E', infatti in primo luogo a loro che dobbiamo guardare e parlare in questo congresso e nelle centinaia di congressi che si svolgeranno in tutta Italia.
A questi figli nostri cui la destra ha tolto diritti e speranze ed a cui ha invece regalato precarietà ed insicurezza, bassi salari e lavoro nero, niente diritti e niente protezioni sociali, azzerando in 5 anni, lotte e conquiste che risalgono agli anni sessanta.
Ma guardare e parlare ai giovani vuol dire, in primo luogo, guardare e parlare agli interessi del Paese.
NO! Non ci possiamo nè ci vogliamo rassegnare alla deriva in cui siamo stati condotti attraverso la promessa di un sogno.
Il deficit, quello vero e non quello che Tremonti racconta nei telegiornali, ha ormai superato quel temuto 5% che un tempo avevamo indicato.
Cosi come il debito pubblico è stato ricondotto al 108% del PIL e con tendenza a crescere.
Per non parlare poi dello stato di salute del nostro tessuto industriale.
Quando Epifani, parlò per primo, di declino per il nostro Paese, se ricordate fu subito accusato di catastrofismo, di cecità,di pressappochismo.
Ricordo che aveva sostituito da pochi giorni Cofferati alla guida della CGIL quando lanciò quest'allarme.
Ebbene oggi i dati, purtroppo, ci affermano che aveva ragione da vendere e che la sua era una puntuale e realistica analisi di quanto stava avvenendo nel Paese.
Siamo a ben 50 mesi consecutivi che la produzione industriale mantiene ormai il segno meno.
Ne si arresta la caduta delle esportazioni in presenza,tra l'altro, di un 16% in meno di investimenti pubblici solo se confrontiamo i dati con lo scorso anno.
In buona sostanza tanti debiti, crescita zero, anzi sotto lo zero e soprattutto, come anche l'ultima finanziaria per il 2006 ci conferma, senza una strategia d'uscita in grado di tenere unito il Paese.
Naturalmente hanno cercato di usare, a copertura politica del loro fallimento, la bassa crescita in Europa, il perfido euro, il caro petrolio e cosi via.
Da un pò di giorni poi hanno persino ripreso a suonare il disco dei debiti lasciati dai comunisti, post - comunisti e quant'altro di vecchio repertorio sono stati capaci di rispolverare.
Salvo poi a non riuscire a fornire una sola spiegazione del perché mai durante la stessa congiuntura, Francia e Germania siano tornate a volare sulle esportazioni, oppure tentare di avviare una riflessione rigorosa sul perché, solo per fare un esempio, la BMW, la storica casa automobilistica tedesca, sia riuscita ad aumentare vendite e fatturato in percentuali superiori al 10% proprio nello stesso periodo del crollo del settore FIAT-Auto;
E ancor meno avere il coraggio di ammettere quando si affronta il tema della competitività e del costo del lavoro, che il rapporto salariale tra un metalmeccanico tedesco ed un operaio metalmeccanico italiano è arrivato ormai a sfiorare la fatidica soglia del due a uno e che quindi,semmai, è il tema della qualità e non dei costi la vera questione irrisolta per il nostro tessuto industriale e che non si è voluta affrontare dentro la sfida imposta dai processi di internazionalizzazione dei mercati.
Ciò che continuano a nascondere quindi non è soltanto lo stato reale in cui versa la nostra economia nazionale,ma anche le concrete ragioni che continuano a spingerci nella spirale recessiva.
Non dicono, ad esempio, che in questi 5 anni non siamo riusciti a tenere il passo con l'istruzione e che ormai siamo ad 1/3 dei laureati rispetto a Francia e Germania.
Evitano accuratamente di ammettere che per 4 anni consecutivi sono stati rallentati gli investimenti in Formazione e Conoscenza e proprio nel momento in cui venivano meno nel nostro Paese i fattori costitutivi del modello di specializzazione tecnologica, di accumulazione e della forma di organizzazione produttiva che per lungo tempo avevano caratterizzato l'assetto dell'Italia.
Come del resto continuano a sottacere sulla vistosa contrazione di investimenti su Innovazione e Ricerca senza dei quali, come abbiamo imparato a nostre spese, non potrà esserci alcun aggancio automatico tra auspicato cambio di ciclo e ripresa della nostra economia.
Ma soprattutto questo Governo non dice agli italiani, e probabilmente sarà cacciato senza averlo detto, che mentre il 2004 per l'economia mondiale è stato il migliore degli ultimi 35 anni, per l'Italia è stato uno dei peggiori dalla fine della guerra.
Del resto quando nel solo settore industriale, negli ultimi 18 mesi, si sono triplicate le aziende in crisi, 230.000 lavoratori sono già in cassa integrazione o espulsi con un rischio drammaticamente realistico di chiudere i conti 2005 a meno 400.000 unità, e nei primi 6 mesi di quest'anno sono state esaurite tutte le risorse destinate agli ammortizzatori sociali per il biennio 2005-2006, lasciando così imprese e lavoratori senza strumenti di protezione sociale e senza alcun sostegno al reddito, mi pare che ci sia poco da aggiungere.
Ma perché dunque tante omissioni, tanti silenzi, e diciamolo pure, tanti trucchi contabili?
La ragione di fondo sta ovviamente nel fallimento di una politica, nella lettura sbagliata che si è voluta dare dei processi in atto, nei giudizi fuori misura che sono stati dati sulle condizioni di vita degli italiani che li ha portati e li porta ancora oggi a dire che siamo in presenza di un accresciuto benessere della popolazione e che esso è misurabile dal numero di televisioni e di cellulari che possiedono gli italiani.
Senza peraltro porsi il problema , o se preferite il paradosso, che un chilo di pesce fresco è arrivato a costare come un televisore a 14 pollici!
Ma soprattutto tacciono perché i fatti si sono incaricati di dimostrare che il loro vero fallimento è stato l'aver impostato le scelte di fondo del sistema economico italiano sulla cosiddetta “ teoria dell'alleggerimento”.
Alleggerimento appunto, quale condizione per fare decollare la “ mongolfiera Italia”.
In sostanza meno tasse nei piani medio alti, meno diritti, meno regole, meno protezioni sociali quali condizioni irrinunciabili, a loro avviso, per far competere il nostro Paese e tenere il passo con l'economia globalizzata.
Niente più niente meno, che la scelta di avere a riferimento un classico modello sociale neo liberista, peraltro mai esplicitato per ragioni di unità interna alla loro stessa coalizione e dove appunto si premiano le attività speculative, finanziarie ed immobiliari a scapito delle attività produttive, dove sui Capital Gain si paga una aliquota del 12,5% a fronte del 33% medio del lavoro e del 40% di chi fa impresa e dove poi il tutto viene proiettato sulla riduzione ulteriore dei costi di produzione e dei diritti, scaricando in questo modo l'intero onere del recupero dalla competitività sul mercato del lavoro e con esso sulle protezioni sociali.
Di qui tutte le loro scelte dall'art.18 della legge 300 a seguire.
Con il passaggio dalla flessibilità alla precarizzazione del lavoro,dal contenimento alla svalutazione delle pensioni e dei salari attraverso il ricorso ad una inflazione selettiva in grado di colpire miratamene i beni di prima necessità e la cui caratteristica particolarmente selettiva, mai avevamo conosciuto nel nostro Paese;
Il ridimensionamento a più riprese del sistema pensionistico;
La destrutturazione ed i tagli di risorse al sistema scolastico pubblico;
Il sottofinanziamento rispetto alla media europea, delle risorse complessive destinate all'insieme delle protezioni sociali.
Per poi giungere a fine legislatura, e quindi parliamo di questi ultimi sei mesi, a blindare in Parlamento misure devastanti quali la nuova legge elettorale, la devoluzione e la legge finanziaria per il prossimo anno, aggiungendo così al cambio del sistema economico italiano, il cambio del suo sistema elettorale e del suo sistema costituzionale.
Il risultato che scaturirà dall'insieme di queste scelte non potrà che essere il cambio del sistema democratico italiano in un Paese che alla fine risulterà diviso, dove la solidarietà e la coesione sociale lasceranno il loro spazio all'individualismo ed alla legge del più forte e dove i territori più ricchi finiranno con il calpestare i territori più poveri e meno sviluppati.
Quando infatti ciascuna Regione disporrà di un suo sistema sanitario ed un cittadino di Cosenza non potrà più curarsi in un ospedale di un'altra regione italiana che non sia la Calabria;
Quando il sistema scolastico si articolerà per territori;
Quando un Governo non ha il coraggio di dire che la finanziaria , tagliando i fondi per le spese correnti dei Comuni, di fatto taglia i fondi per le protezioni sociali, aumentando anche il divario già drammatico tra Nord e Sud dell'Italia,
Ebbene vuol dire che prima di andarsene hanno deciso di “avvelenare i pozzi”.
Ma noi non siamo né sorpresi né rassegnati.
Dove volevano andare a parare iniziando con l'art.18 lo avevamo capito già dal Circo Massimo, in quella storica giornata di lotta con 3 milioni di lavoratori e pensionati che invadevano la Capitale e quanto sta avvenendo in questo ultimo scorcio di legislatura ne è semplicemente prova e conferma.
Né siamo rassegnati e lo sciopero generale di novembre e la gran giornata di lotta dei metalmeccanici sono prova che di certo non ci hanno piegati.
E del resto lo stesso risultato delle recenti elezioni regionali è stato un segnale forte e chiaro all'indirizzo di questo Governo che proprio perché sentendosi il fiato sul collo tenta ora i colpi di coda alla disperata.
Nella nostra Regione e nella nostra Provincia anche noi abbiamo fatto la nostra parte per sconfiggerli e mi pare si possa dire che ci siamo davvero riusciti.
Marrazzo e Mazzoli guidano ora due coalizioni di centro sinistra, grazie ad un risultato elettorale che per molti , appena due anni fa, era impensabile.
Eppure ci siamo riusciti
Ci siamo riusciti perché la nostra gente ha toccato con mano che il sogno promesso era un incubo, che il patto con gli italiani era una beffa, che la casa per tutti che va promettendo oggi nei convegni, è una nuova beffa ed un nuovo inganno.
Cosi come i cittadini del Lazio hanno capito gli illusionismi di Storace.
2 Miliardi di euro è il buco che ci lascia sul versante sanitario, in una Regione dove l'agricoltura è in caduta libera e dove l'industria vede ridurre ulteriormente il valore aggiunto, la capacità produttiva degli impianti e degli investimenti.
Una Regione dove le uniche cose che sono cresciute in 5 anni sono state il lavoro nero, precario e discontinuo e le ore di cassa integrazione sia ordinaria che straordinaria.
La situazione socio economica della nostra Provincia per usare un eufemismo è davvero preoccupante.
Sono anni ormai che il ritmo di crescita dell'economia viterbese, mostra chiari segnali di un progressivo rallentamento, facendo scivolare la Provincia sempre più,su livelli vicini alla realtà del Mezzogiorno che a quelle del Centro Nord.
L'occupazione continua ad andare male, malissimo nella Tuscia.
Porte del lavoro chiuse per i giovani viterbesi, soprattutto laureati e diplomati.
Non trova lavoro il 46% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni.
I versanti inps nel 2005 sono stati 30.439
Il 58,6% di questi è costituito da lavoro precario.
Il monteretributivo versato all'Inps nel 2003 relativo a 30.404 iscritti è stato di € 64.233.740, nel 2005 con più versanti è stato di € 42.234.267, il 34% in meno.
Non sono solo i dati dell'occupazione a testimoniare il declino della Tuscia.
Se infatti si guarda al PIL ( prodotto interno lordo) secondo i dati dell'Istat pubblicati poco tempo fa, il Viterbese perde 6 posti rispetto al 2004 e si posiziona al 69° posto nella graduatoria nazionale.
La Tuscia perde quindi terreno e scivola sempre più a sud.
Abbiamo assistito negli ultimi anni all'impoverimento della rete dei servizi di cui il nostro territorio è stato decurtato, con lo smantellamento della Telecom, dell'Enel, del Gas.
All'abbandono d'importanti imprese anche di livello nazionale come la Merloni, la Granarolo, Conservitalia.
All'abbandono del programma di cablaggio della città di Viterbo, ex progetto SOCRATE, realizzato per oltre il 40%, sapendo che ormai " la rete " è sempre più strategica per le relazioni regionali, nazionali e internazionali.
Infine la drammaticità della situazione che si sta vivendo nel distretto industriale di Civitacastellana, soprattutto nel comparto delle stoviglierie, che tutti conosciamo.
I giovani, le intelligenze se ne vanno, siamo la Provincia dopo Rieti che ha il tasso più alto d'invecchiamento e con molti punti sopra la media nazionale.
Sono circa 90.000 i pensionati e rappresentano il 30% della popolazione, 37.500 percepiscono meno di 516 euro mensili, abbondantemente sotto la soglia di povertà.
Altro elemento di scarso aiuto per il sistema di sviluppo del nostro territorio, lo riscontriamo negli istituti di credito operanti nella nostra provincia.
Crescono sempre più gli sportelli bancari ad oggi sono 191,( i comuni bancati sono 57 su 60 pari al 95% contro una media regionale del 70,6%) ma la percentuale di banche locali è sempre in diminuzione.
Questi giganti del credito pensano soprattutto a raccogliere i depositi che poi prendono le strade più remunerative di investimenti fatti al nord.
Così facendo la Tuscia viene “disboscata” di risorse economiche ( siamo passati da 1.719 milioni di € del 1999 ai 2.235 milioni di € del 2004, con un incremento del 30%) lasciando la nostra terra arida di risorse e non propulsiva per l'imprenditoria.
Siamo al 13° posto nella graduatoria nazionale delle province per sofferenze bancarie in rapporto agli impieghi, cioè aziende che non sono in grado di rimborsare il credito.
Nel 2005 ci sono stati ben 3.685 protesti, una situazione che definire critica sembra un eufemismo, il 35% delle famiglie si è indebitato oltre misura e confermano lo stato di allerta.
Facile in queste situazioni cadere nelle mani di usurai, quando non si riesce a fare fronte agli impegni assunti,l'usura pur non facilmente misurabile da un punto di vista quantitativo, nella nostra provincia è in ascesa e imprenditori e commercianti risultano i più esposti.
Le crescenti rigidità del sistema bancario, non fanno altro che accrescere il numero delle imprese esposte al rischio usura.
Dobbiamo riuscire tutti insieme a modificare questo sistema, se vogliamo veramente far decollare la nostra economia.
Oggi il centro sinistra ha una grande responsabilità ma anche una grand' opportunità, forse irrepetibile, riuscire a dimostrare di essere all'altezza del governo provinciale, ma soprattutto deve fare decollare la nostra economia, lo sviluppo, l'infrastrutture, l'occupazione.
Insomma deve far rinascere la nostra terra, questo si aspettano i cittadini della nostra provincia.
Tutto ciò va realizzato in sintonia e con la massima unità non solo dell'intera coalizione,ma bisogna ricercare il massimo coinvolgimento di tutte le forze vive e sane che si muovono nella società viterbese, la parola d'ordine deve essere “ protagonismo di tutti i cittadini”.
Il risultato è stato clamoroso e credo che la CGIL abbia contribuito in maniera significativa, insieme con altri soggetti e movimenti della società civile al conseguimento di questo successo, attraverso le grandi battaglie sindacali a quelle per la pace.
Noi continueremo a fare la nostra parte, ci fa ben sperare la costituzione del nuovo tavolo di concertazione e di confronto con tutti i soggetti sociali ed imprenditoriali del nostro territorio, compresa l'Università della Tuscia, vero valore aggiunto non sufficientemente (come da noi sempre richiesto) utilizzato e coinvolto,la convenzione stipulata dall'Amministrazione Provinciale con l'Università della Tuscia, il Parco Scientifico Tecnologico dell'Alto Lazio con la provincia di Rieti che vedrà la partecipazione oltre che della Provincia anche la Camera di Commercio e l'Università La Tuscia.
Le priorità da tutti ormai condivise, sono sotto gli occhi di tutti, dobbiamo far capire alla nuova Giunta regionale, che dopo un quinquennio di promesse mancate e assenza totale di investimenti, è arrivato il momento di dare delle risposte serie e concrete alla nostra terra.
Non possiamo continuare ad avere un sistema infrastrutturale che ci allontana dai flussi di investimento e di conseguenza dalla crescita economica ed occupazionale.
Siamo certi che necessita anche una buona dose di coraggio politico, perché Roma con i suoi oltre tre milioni e mezzo di abitanti, fagocita tutto.
Ecco perché la responsabilità cade sugli attuali amministratori sia della città capoluogo che della nuova Amministrazione provinciale, si deve vivere questo rapporto non in maniera sottomissoria, ma esaltarne le potenzialità.
La nostra terra ricca di bellezze naturali,di termalismo,di beni culturali ed archeologiche, di prodotti agricoli di eccellenza, di un polo universitario all'avanguardia, può decollare solo in relazione ai collegamenti che noi sapremo creare con la Capitale.
Noi oggi, da questo congresso,vogliamo lanciare una sfida: perché non imponiamo ad esempio, che la progettazione per il completamento del raddoppio della ferrovia Viterbo- Roma, questa volta inizi da Viterbo? Solo così secondo noi si avrà certezza che la nostra ferrovia non si fermi ai confini della provincia di Roma.
Come è urgente oltre che non più tollerabile, il completamento della trasversale Orte - Civitavecchia, non perché va di moda oggi dirlo, ma perché se non si realizzerà entro pochissimo tempo, noi non saremmo coinvolti nell'impetuoso sviluppo che il porto di Civitavecchia avrà, visto che con la nuova progettazione delle grandi infrastrutture retro-portuali potrà accogliere milioni di container provenienti dai Paesi in forte crescita dell'oriente, la Cina per tutti.
Civitavecchia inoltre è divenuta il porto più importante per crociere turistiche del Mediterraneo con l'arrivo nel 2005 di 980 navi da crociera.
Altrimenti spiegateci come sarà credibile, pensare di far decollare l'interporto di Orte, quando i collegamenti del flusso internazionale, non si collegano né via gomma né via ferro, sapendo tra l'altro che è in fase di decollo, l'interporto di Poggio Mirteto, che già vede la partecipazione del flusso merci della piattaforma logistica dell'area romana.
Ecco perché abbiamo detto ci vuole del coraggio politico, perché bisogna far diventare priorità queste richieste.
La Tuscia, ha le carte in regola nei confronti del Governo centrale e del Governo regionale, perché si è fatta carico di servitù energetiche e militari dell'interesse collettivo.
Questo non significa certo però che possiamo continuare ad accettare supinamente ogni proposta che ci è propinata.
Il nostro No alla eventuale conversione a carbone della centrale Enel di Montalto, non è motivata da un'avversione ideologica, ma è sostenuta da precisi ragionamenti, sia di carattere energetico e di approvvigionamento sia nazionale che internazionale, che da forti convinzioni di carattere ambientale per la difesa del nostro modello di sviluppo unitariamente individuato.
Voglio solo ricordare, che il sindacato confederale tutto, ma per quanto ci riguarda la CGIL in primo luogo, ha portato avanti, una coerente posizione al tavolo centrale del Governo, nel momento in cui si è trattato di dare risposte alla disoccupazione di ritorno del mega cantiere Enel.
C'è voluta la caparbietà e la pressione politica esercitata per tre anni dal mio predecessore Antonio Filippi, che senza mai perdersi d'animo, anche nei momenti più difficili ha saputo dare sbocco positivo a questo strumento legislativo in favore della Maremma.
Ora il nuovo Presidente della Provincia, che ne ha la responsabilità centrale, deve sapere che non si può più attendere, ci sono i progetti, ci sono i capitali,c'è la volontà imprenditoriale, c'è la serietà sindacale, manca solo il decollo definitivo.
Diamo atto che nonostante il caos ereditato il Presidente Mazzoli ha impresso un impulso positivo dando soluzione al problema della bancabilità che ostacolava l'accesso ai finanziamenti.
Così come crediamo che sia indispensabile, riprendere la proposta che la CGIL ha fatto nel corso di questi anni, riferita ad un casello d'accesso che colleghi la grande arteria autostradale A1 con l'unico distretto industriale nella provincia di Viterbo, Civitacastellana.
La clientela politica ha preferito fare un'apertura nell'area del Soratte, quando invece necessitava dotare l'infrastruttura a uno dei pochi veri distretti industriali del Lazio.
Chiediamo alla giunta Marrazzo che già ha dimostrato una diversa sensibilità nell'affrontare i problemi del nostro distretto, di prendere ulteriore coraggio e dotare finalmente di una porta d'accesso all'autostrada, il comprensorio di Civitacastellana.
Le nostre proposte come sempre sono tese esclusivamente alla crescita economica ed occupazionale della nostra terra; quando abbiamo fatto la proposta del Distretto Rurale, cioè quel modello di sviluppo centrato sul concetto di ruralità, particolarmente in sintonia con la storia, la realtà socio -economica e la vocazione naturale del nostro territorio, valorizzando a pieno, i beni culturali, archeologici,ambientali, termali ecc., non tutti davano credibilità, oggi è diventato provvedimento legislativo della regione Lazio.
Così se noi proponiamo, come abbiamo fatto nelle settimane scorse, di rivisitare il progetto di un rigassificatore per la centrale Enel di Montalto, lo facciamo per una convinzione profonda di mantenimento del sito di produzione energetica con tutte le sue professionalità che esprime, ma soprattutto per dare coerenza a quel modello di sviluppo a cui prima facevo riferimento.
Permetteteci di dire che il nostro Paese non può continuare ad essere soggiogato dai grandi monopolisti sia del petrolio che del gas via tubo, come ha dimostrato la vicenda Russia - Ucraina
C'è necessità di una diversificazione delle fonti e dell'approvvigionamento, solo così, riusciremo ad allentare la morsa che sta strangolando l'economia e le famiglie italiane, ecco perché riteniamo opportuno che Montalto di Castro sia dotato di un rigassificatore alternativo per la produzione energetica.
Il fatto di non condividere la proposta estemporanea di costruire una centrale elettrica a biomasse a Tuscania, non vuol significare non condividere la politica di diversificazione delle fonti alternative di produzione energetica vuole solamente dire che il nostro territorio non può di certo accettare ulteriori servitù energetiche al di fuori di quel perimetro ben individuato.
I cinque anni trascorsi dall'ultimo congresso, hanno visto la nostra organizzazione impegnata in prima linea su più fronti:
Dalla battaglia per la difesa dell'art.18, alle grandi manifestazioni per far comprendere a tutti e quando diciamo tutti, il nostro pensiero va ai nostri colleghi di CISL e UIL che abbagliati dalle promesse berlusconiane firmando il famigerato “patto per l'Italia” pensavano di aver posto le basi per lo sviluppo del nostro Paese.
E' stata proverbiale la pazienza e la tenacia della nostra Organizzazione a far comprendere anche ad ampi settori del centro sinistra che alle fondamenta della politica governativa c'era e c'è la negatività della teoria neo-liberista che mette al centro come dicevamo, l'arricchimento individuale, sacrificando i diritti e il sistema di rete di protezione fin qui acquisiti.
Come vogliamo dire con orgoglio che siamo stati tra i principali protagonisti della battaglia per la difesa dei beni comuni, nella fattispecie dell'acqua pubblica e grazie al nostro stimolo si è riusciti unitariamente a tutte quelle forze sensibili agli interessi collettivi, togliere dalle grinfie della privatizzazione dell'acqua, il nostro territorio.
Il “ forum dell'acqua di tutti” è stato il seme fecondo che siamo riusciti a far germogliare anche nella realtà politica del centro sinistra ed in ampi settori del centro destra, che improvvidamente si erano fatti imbrigliare nella ragnatela degli interessi privati per lo sfruttamento dell'acqua pubblica.
Ecco perché non comprendiamo quali sono le difficoltà a prevedere un consistente finanziamento da parte della regione Lazio alla società Talete.
Deve essere chiaro a tutti che se non verranno credibili finanziamenti di sostegno, si rischia seriamente che questa esperienza e questa scelta della società pubblica presa ad esempio da molte realtà italiane e conosciuta dal Parlamento Europeo non decolli definitivamente, facendo venir meno l'interesse pubblico, con il conseguente ritorno alle mani private.
La partecipazione dei cittadini, dei lavoratori, dei pensionati, in questa stagione trascorsa è stata la vera spinta propulsiva per far rinascere la speranza di cambiamento nella Tuscia da troppo tempo “ zolfata” dal centro destra viterbese.
Ecco perché la nostra Organizzazione, pur mantenendo la sua forte autonomia progettuale e politica ha convenuto anche con altri soggetti politici partecipare a questa bellissima stagione di partecipazione politica dal basso,ed era opportuno dare naturale sbocco a tutto ciò, facendo diventare laboratorio politico di innovazione e partecipazione, la nostra Provincia.
Abbiamo condiviso la scelta che unitariamente, tutte le forze del centro sinistra e di progresso avevano compiuto proprio un anno fa, gennaio 2005, con l'istituzione delle elezioni primarie per la scelta del candidato a presidente della Provincia.
Come è andata la storia, lo sappiamo tutti, è inutile ritornarci, certo è che la spinta di partecipazione diretta è stata mortificata.
Le successive scelte, coerenti con la nostra storia e il nostro pensiero politico, sono state da noi accettate e condivise.
Rimaniamo dell'avviso, cosi come fortemente ha voluto, il presidente Prodi, che la partecipazione democratica è un valore aggiunto per tutte le forze politiche del centro sinistra e non una loro penalizzazione.
Siamo certi che ritroveremo nel prossimo futuro, forse anche per via legislativa, l'istituto delle elezioni primarie.
Dicevamo all'inizio, che in questi ultimi 5 anni, tante sono state le cose che la nostra Organizzazione ha fatto, per quanto mi riguarda, ho assunto la responsabilità del timone della CGIL di Viterbo, poco più di tre anni fa, ebbi modo di dire allora, nelle mie prime interviste pubbliche, che mi era stata affidata una “Ferrari” e che era mio dovere continuare con la stessa forza e capacità di guida di chi aveva lasciato il timone.
Oggi aspetta a voi, valutare se la nostra Organizzazione ha continuato a viaggiare con la stessa andatura.
Siamo stati orgogliosi ed io in prima persona, aver lavorato in questi anni con un compagno che insieme a tutti noi ha alzato il livello politico e di immagine della nostra struttura sindacale.
Se oggi siamo dotati di una bellissima ed efficiente sede, lo dobbiamo a quest' unità di intenti che in questi anni Antonio Filippi ha costruito.
Ho detto al Seg.Gen.le Guglielmo Epifani, in occasione della celebrazione del Centenario della CGIL, che consideriamo un attestato di stima e riconoscimento a tutto il gruppo dirigente che in questi anni si è misurato con grandissimi problemi, il fatto che oggi il compagno Filippi opera presso la direzione nazionale della CGIL, né siamo orgogliosi e fieri per l'intera Cgil di Viterbo.
Una struttura la nostra che nonostante le difficoltà occupazionali che attanagliano la nostra provincia cresce in termini di iscritti, chiudiamo il 2005 con 28.385 iscritti.
Le categorie dei lavoratori attivi hanno dimostrato di essere realmente in connessione con le problematiche dei lavoratori interessati.
Le recenti elezioni del rinnovo delle RSU nel pubblico impiego, ci hanno confermato il primo sindacato nel settore così come è avvenuto nel settore dei trasporti e per il livello nazionale nella scuola, siamo convinti che se anche nel privato ci fosse data possibilità il risultato sarebbe identico, questa è la ennesima dimostrazione per gli scettici che sia la CGIL che si conferma primo sindacato che l'insieme del sindacalismo confederale al momento del voto raccolgono oltre l'80% dei consensi tra i lavoratori.
La rinnovata fiducia ed il consenso ci caricano ancora di più di responsabilità.
Il sistema dei servizi e delle tutele individuali ha fatto registrare nel corso di questi ultimi anni un volume di affari consistente, sono migliaia le persone che si rivolgono presso i nostri uffici del Caf, del Patronato, dell'Ufficio medico - legale e dell'ufficio vertenze, segno questo di fiducia per la serietà, per la professionalità e perché no anche per il rapporto che tutti voi responsabili di queste attività riuscite a mettere in campo ogni giorno.
Molte volte la vostra presenza nelle 36 camere del lavoro comunali nella provincia è la presenza della CGIL, questo vi deve riempire di gioia e di gratificazione ma nello stesso tempo vi carica anche di una grande responsabilità.
Cosi come il sindacato pensionati, che sempre più si và affermando come un grande sindacato confederale capace di mettere al centro dell'attenzione sia le problematiche della popolazione anziana che gli interessi collettivi.
Voglio ricordare a mo di esempio la campagna stampa realizzata in collaborazione con il quotidiano Il Messaggero, per una denuncia reale del costo della vita e le difficoltà a cui sono sottoposte le persone anziane con la partecipazione diretta dei veri protagonisti.
Cosi come nel momento in cui, si celebrava, in maniera veramente superficiale e scioccante, un documento di tutti i sindaci della provincia a sostegno dell'ex Direttore generale della ASL dott. Cisbani, il sindacato dei pensionati insieme alla Camera del Lavoro Territoriale ha organizzato una manifestazione con la partecipazione di centinaia di persone sotto la sede ASL, portando a conoscenza di tutti, la cruda verità dello stato di salute della sanità viterbese, fatto di lunghe liste di attesa per le visite specialistiche, di una forte migrazione fuori provincia per curarsi,di sedi ospedalieri nel territorio fatiscenti ed in abbandono.
Ecco perché ancora oggi, nonostante il forte e positivo cambiamento avvenuto nella direzione della ASL, abbiamo ribadito che noi esprimeremo il nostro giudizio in base alla realizzazione di fatti concreti.
Credo che sia doveroso da parte nostra nella celebrazione del congresso, ringraziare tutti voi, delegate e delegati, attivisti nei posti di lavoro e nelle leghe dei pensionati, siete voi il vero motore di quest'Organizzazione, siete voi che con il vostro lavoro quotidiano permettete al nostro sindacato di crescere e rafforzarsi.
Grazie, grazie di cuore.
In conclusione, vogliamo prendere un preciso impegno, con tutti i nostri iscritti e i nostri delegati, nei prossimi 5 anni, la nostra struttura dovrà vedere un consolidamento del gruppo dirigente complessivo e delle nuove forze che si fanno avanti, pensiamo agli immigrati, ai “nuovi lavori” ed a questo proposito possiamo dire che è gia in cantiere un percorso formativo per giovani delegati e dirigenti sindacali.
Per fare questo avremo bisogno del confronto ed il sostegno della CGIL regionale, a cui ci lega sempre più un continuo lavoro di interscambio e di partecipazione attiva, siamo certi che insieme,riusciremo ad affrontare le grandi sfide che abbiamo di fronte.
Noi siamo consapevoli che il nostro ruolo di rappresentanza è parziale nel Paese e nella Provincia, ma il mondo del lavoro è stato e rimarrà il fulcro centrale della democrazia del nostro Paese, lo è stato in questi primi 100 anni di vita, sono certo che lo sarà per il prossimo millennio.
Da parte mia ribadisco la totale disponibilità a costruire, insieme, all'intero gruppo dirigente un percorso di lavoro e di partecipazione che possa continuare a garantire alla nostra gente che sempre più ci guarda con attenzione e fiducia, una organizzazione sempre più forte e al passo con i tempi e che la stella polare che seguiremo è la stessa della sua nascita e cioè la difesa dei diritti, della dignità delle persone, della democrazia, della pace, in Italia e nel mondo.
Giovan Battista Martinelli
Segretario generale della Cgil