-Le parole hanno una storia; sono segnate e segnano il cammino dell'umanità. Non a caso il linguaggio è fattore qualificante di una cultura. Da ciò la suggestione propria dell'esplorazione linguistica, come la storia degli Egizi e ancora degli Etruschi testimoniano.
Ed è in questo senso che alcune parole in particolare, nelle loro radici, posseggono un "sapore" che è serbatoio di "sapienza" e un "fascino" che è giardino di "bellezza".
Senza invadere campi specialistici e bisognosi di adeguate competenze, mi è accaduto di riflettere, entro questo affascinante orizzonte, su una parola: INCONTRO.
Essa subito appare polivalente: è, infatti, simultaneamente, sostantivo (l'incontro), verbo (incontrare), avverbio (andare incontro). E in ciò rivela già una insospettata vastità di significati e una gamma estesa di utilizzazione: può indicare fatti, azioni, modalità.
Vorrei qui sottolineare soltanto che è una parola composita: in-contro.
In genere parole di analoga composizione germogliano e traducono un'esperienza, quella che è il modo proprio dell'essere umano, ma ne vogliono significare il superamento.
Qualche esempio. L'uomo sperimenta il "finito" che è il suo spazio reale; ma coltiva anche lo spazio dell'ideale, del desiderio, della ulteriorità. Ed ecco l'in-finito.
Lo spazio e il tempo sono le categorie del nostro mondo "visibile". Ma, anche al riguardo, ciascuno è consapevole che il visibile non è tutto: c'è l'in-visibile.
Anzi, dice Saint-Exupery, proprio l'invisibile è ciò che più importa: "l'essenziale è invisibile agli occhi".
E l'esemplificazione potrebbe continuare.
E l'in-contro?
Utilizzando in qualche modo la "logica linguistica" appena accennata, potremmo articolare qualche utile riflessione.
Il "contro", dunque, sarebbe l'esperienza immediata di ogni persona. Come se l'opposizione, il conflitto, la contrapposizione stessero di casa nella mente e nel cuore dell'uomo e il "contro" quasi connotasse lo statuto antropologico della persona: da un lato, per definirne la identità-distinzione, dall'altro come atteggiamento di identità-ostilità.
L'espressione più radicale di questo "contro" si ritrova nella concezione dell'uomo di Thomas Hobbes che afferma "L'uomo è un lupo per l'uomo" (Homo homini lupus), accompagnata dalla conseguente concezione della società come "guerra di tutti contro tutti" (Bellum omnium contra omnes).
È una visione sconcertante: un uomo beluino, una società da giungla. È il trionfo del "contro".
Ma ecco la particella "in".
È proprio vero, come afferma Pascal, che "l'uomo supera l'uomo". E allora l'esperienza stessa, nella sua limitatezza, grida verso l'oltre, esprime l'esigenza di un mondo altro, si apre al trascendimento di sé.
È l'incontro! Dal "contro" all'incontro!
Incontrare ed essere incontrati diventa la diastole e la sistole del cuore umano. È l'io che ha bisogno del "tu".
Se vuoi "vedere" il tuo volto, devi "incontrare" il volto dell'altro.
L'umanità è una danza luminosa di immagini che si riflettono a vicenda, perché ciascuna nasconde dentro e diffonde intorno una luce. Canta Madeleine Delbrel in un suo inedito: "Essere incontrati un giorno …
Non lasciamo le nostre porte chiuse
e diamo tutti i nostri cuori
alle cause della felicità".
Lorenzo Chiarinelli
Vescovo di Viterbo