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In alto Mauro Brilli con la sua chitarra - sopra una sua opera |
- Con Mauro ho passato i momenti belli delle lotte sociali. Con Mauro ho vissuto i momenti della rabbia e dell'allegria. Lui di estrazione radicale. Un illuminista. Io, a quel tempo, la fine degli anni settanta, studiavo Maritain, Mounier e poi la teologia della liberazione. In fieri un cattocomunista, come si diceva a quei tempi.
Mauro non mi risparmiava nulla. Con una critica lucida, tagliente come un rasoio.
Mauro, Mauro Brilli, è morto questa mattina. I suoi funerali si terranno domani (12 luglio) alle 16,30 nella chiesa del quartiere Santa Barbara.
Per chi lo ha conosciuto è come se la vita fosse morta. Tanto era rabbiosa e acre la sua aderenza alla vita. Una drammatica razionalità di pensiero, condita con le sottigliezze dell'esser toscano. Mauro era nato a Firenze. Nel '41. Un esser toscano che si esplicava in uno spirito critico e pungente.
Ricordo i feroci contrasti ideologici. Proprio mentre eravamo compagni di battaglia politica.
Prima l'uscita da Villa Immacolata con il primo esperimento di case famiglia autogestite. Poi la Lega per il diritto al lavoro degli handicappati. Con Mauro, ma anche con don Franco Magalotti, girammo in lungo e in largo l'Italia. La Lega stava elaborando, collettivamente, una proposta di legge d'iniziativa popolare per l'inserimento al lavoro degli handicappati. Dentro c'erano personaggi come Rosanna Bensi, Rita Bernardini, la figlia del sindaco di Napoli Valenzi. Handicappati e non, insieme. E quando si prendeva la parola, nelle infinite assemblee, tenute a Genova, Roma, Viterbo, Napoli..., si iniziava con “Noi handicappati”. Parlasse chi parlasse. “Normale” o “handicappato” che fosse.
E, strano a dirsi, riuscimmo a elaborare una legge collettivamente. Raccogliemmo le 50 mila firme e la presentammo in Parlamento. Un successo finito negli ingranaggi della burocrazia parlamentare.
Ma Mauro era soprattutto un artista. Drammatico pittore, con quelle donne e quei bambini sventrati, secati come bambole passate per le mani distruttrici di qualcuno. Con la testa vuota, frutto di questa società che ci ruba i cervelli.
Ed era anche poeta e soprattutto cantautore. Uno dei suoi pezzi si chiamava “Barriere”. E si scopriva che le vere barriere erano quelle ... di cultura.
Una visione drammatica della vita quella di Mauro. Ma lui era anche capace di coglierne i piaceri. La dolce materialità. E con la materia Mauro ha sempre avuto a che fare.
La sua morte ora ci regala ancora qualcosa. Ci dà il senso del tempo. Ci ricorda quegli anni, quando, ancora giovani, tentammo l'assalto alle stelle. E Mauro era con noi, critico. Critico anche con i compagni con cui condivideva la sua cultura e il pane.
Ora che è morto, vien da pensare che gli artisti, i poeti, i pittori, quelli veri che ci insegnano la ferocia della vita, toccherebbe tenerli da conto da vivi.
Ricordarli da morti è un po' una vigliaccata.
Ciao Mauro...
Carlo Galeotti