Senza Filtro - Hanno fatto festa fino a notte fonda. Un'invasione di colori, di suoni, di gente in ogni strada del centro e non solo. Anche in quelle vie e piazzette dove c'era poco da fare, vedere o da ascoltare. Un successo sicuramente oltre ogni più rosea aspettativa che ha battuto anche le edizioni più fortunate del passaggio della Macchina di Santa Rosa.
La notte bianca è stata apprezzata e la partecipazione dei viterbesi, di quanti arrivati dai paesi vicini, ma anche di molti turisti foriesteri è lì a testimoniarlo.
Complimenti al sindaco, ai suoi collaboratori e a quanti hanno creduto a questa iniziativa.
Per varie vicende vivo lontano da Viterbo da 28 anni. Un'eternità di questi tempi. Non era solo un altro secolo, ma allora non esisteva internet, i low cost, i telefoni cellulari. Insomma un altro mondo. Eppure questa città per lunghi anni ha continuato a sonnecchiare, a scegliere di non scegliere. Poi uno scatto. Diverse le molle. Forse la più potente arriva dalla cultura ancora prima che dall'economia. O meglio viene dall'unica risorsa dove il nostro territorio ha materie prime da non invidiare neppure chi possiede l'oro nero: la storia e l'arte.
Il dinamismo di una università che nel giro di un decennio ha visto sostituire l'esercito dei militari in un esercito di studenti, cambiando così le abitudini dei tempi di vita della città, ma permettendo a una parte consistente dell'economia, che comunque aveva bisogno di un qualsiasi esercito per vivere, di continuare le proprie tradizioni. E così alle pizzerie che chiudevano alle 22 per la rientrata si sono affiancati i pub, i bar che stanno aperti fino alle due di notte.
All'albergo di San Martino, che ai tempi fece gridare alla pazzia, si sono sommate diverse altre strutture ricettive compresi i bed & breakfast. E c'è lavoro per tutti e ce ne potrebbe essere ancora di più. Un territorio che non ha mentalità e infrastrutture per vivere di produzione. Tanto meno ora che questa si riduce giorno dopo giorno anche nei triangoli tradizionali del nord. Le soluzioni di sviluppo e benessere possono allora arrivare principalmente dal turismo, dall'arte, dalla cultura. Ma occorre lavorare e questo è stato fatto poco. Ma arrivano segnali incoraggianti.
Chi vive in questa città fatica forse a valorizzare quanto sta accadendo. Lentamente Viterbo cambia pelle e solo negli ultimi mesi è stata protagonista di tre eventi di qualità e di grande impatto di pubblico. Basti pensare alla splendida Biennale di foto con oltre 50 mostre che hanno aperto Santa Maria in Gradi al pubblico e non solo a studenti e professori. Si è proseguito con le iniziative diffuse in tutto il centro con le icone russe e la splendida mostra sulle matrioske. Per finire con la notte bianca. Iniziativa non certo originalissima, ma che ha un suo fascino.
Tante ore e tante proposte un po' per tutti i gusti. Musica, balli, giochi, cabaret, teatro, cinema. Dalle cose più leggere fino al festival dedicato a Pasolini. Certamente è mancato un evento che fissasse un'emozione che resista al tempo, un evento di richiamo forte che non può essere ricercato nel concerto di Edoardo Vianello o in quello di Alan Sorrenti, ma forse anche in questo sta la forza di una città che crede più nella situazione collettiva che nella performance di splendidi solisti.
Tutto bene quindi? Quasi. Perché Viterbo malgrado tutto fatica a tirarsi via una sorta di difetto provincialista. Non osa, ha il timore di esporsi, quasi non volesse crescere e vivere il conservatorismo come un valore. E oggi non si può più. Oggi, nell'epoca in cui costa meno andare tre giorni a Barcellona che non a Tarquinia o Montalto, occorre crederci al proprio territorio.
E allora come si può pensare a una notte bianca con i musei chiusi? Come si può spegnere le luci del nostro più bel gioiello che è il palazzo papale appena alle 22? Come non pensare a parcheggi gestiti meglio e bus navetta che li colleghino? A una segnaletica più efficiente e a punti informativi che possano essere definiti tali? E l'elenco di un'organizzazione un po' approssimativa potrebbe continuare, ma sarebbe stupido oltre che ingeneroso.
Oggi Viterbo, e con lei il suo sindaco e quanti vi hanno creduto, invece ha diritto di brindare. Ha fatto un altro passo, un altro strappo per aprire la città. Chi in un prossimo, e speriamo vicino, futuro prenderà il testimone potrà gestire meglio la prossima occasione grazie a chi ci ha creduto questa volta.
Ora più che mai occorre però avere il coraggio di esaltare tutti i luoghi preziosi che abbiamo. E senza timore tirar via la polvere che da troppo tempo li ricopre.
Marco Giovannelli
direttore di Varesenews