Senza Filtro - Anche il secondo appello diretto a sollecitare una mediazione delle istituzioni (Comune e Provincia) per salvare la Viterbese calcio è andato a vuoto. Nessun segnale di ricevuto (sia in positivo che in negativo) è giunto ai media dalle parti del sindaco Gabbianelli e del presidente Mazzoli. Sono, evidentemente, superimpegnati in tutt’altro genere di attività nella fase assai convulsa che sta attraversando la campagna elettorale.
Siamo arrivati al 10 marzo. La scadenza fissata dalla Figc, quella del 31 marzo, ormai incombe ed è gravida di rischi. Il mancato rispetto di questa data perentoria potrebbe segnare in modo indelebile il futuro prossimo venturo della società gialloblù. Saltare l’appuntamento con la Covisoc significa infatti precipitare nel baratro del secondo fallimento nell’arco di appena due anni. Se questo non è un record, poco ci manca. Si tratterebbe di uno smacco incredibile (insostenibile), a nostro parere e non solo, per la città di Viterbo e per le istituzioni che la rappresentano.
Il fatto nuovo è che sarebbero finalmente scesi in campo interlocutori seri. Pronti a rilevare la società di via della Palazzina e mettere fine a questa interminabile crisi societaria. Parrebbe che il gruppo interessato a rilevare le quote abbia svolto un’accurata analisi dei bilanci della Viterbese calcio. Che abbia attentamente preso nota dello stato economico e patrimoniale, dei contratti in essere, delle previsioni di spesa, di tutti gli oneri pregressi, dei debiti e del monte stipendi (arretrati e futuri).
Potremmo dunque essere arrivati alle battute conclusive di questa dolorosa telenovela. A meno che il presidente Pecorelli, che ha sempre negato di aver avuto a che fare con interlocutori validi, non decida per una condotta autolesionistica e respinga l’offerta. Una decisione che finirebbe per precipitare agli inferi se stesso, la squadra, la città e i tifosi.
Dunque, delle due l’una. O Pecorelli riesce, in extremis, a risolvere i suoi problemi finanziari. E però non si riesce onestamente a capire come questo potrebbe avvenire, visto che i giorni passano senza che nulla accada. Né si può certo aspettare inerti fino al 30 marzo per avere una risposta al busillis che potrebbe essere sciaguratamente negativa.
Oppure si decide a cedere la società, con la celerità che la situazione impone, a chi è disposto a subentrargli. Senza tirare troppo la corda e far ritirare persone di buona volontà che si sono fatte concretamente avanti.
Se ciò non avvenisse le istituzioni, entro pochi giorni e tenuto conto delle scadenze ormai incombenti, avrebbero stavolta l’obbligo politico e morale di un intervento per mediare la cessione prima che tutto vada a remengo. Resta poco tempo. Cerchiamo di non buttarlo via.
Sergio Mutolo