PREMESSA
Alla vigilia della prossima consultazione elettorale del 9 aprile, mentre si sviluppa il dibattito, spesso superficiale e polemico, che contrappone i due grandi schieramenti in lizza, la Federlazio di Viterbo vuole mantenere viva e costante l'attenzione verso i reali problemi di questo territorio, fortemente avvertiti da chi vi risiede, vi lavora e produce.
L'Associazione delle Piccole e Medie Imprese li ha riassunti in un documento rivolto ai 41 candidati della Tuscia, presenti nelle varie liste per la Camera dei Deputati e per il Senato.
L'intento è quello di offrire ai futuri parlamentari che saranno eletti nelle sezioni elettorali viterbesi, una serie di punti programmatici per noi prioritari, quale contributo di proposte ed esperienze utili alla definizione di future politiche di sostegno alla crescita e al rilancio economico e sociale di questa provincia, che deve essere proiettata verso il futuro e verso l'Europa.
Nel contempo, è la richiesta di un deciso e particolare impegno a conoscere e capire la realtà e le difficoltà delle Piccole e Medie Imprese, che da sempre danno un contributo rilevante in termini di reddito e occupazione.
Il nostro auspicio è che, una volta passata l'onda della campagna elettorale, le emergenze che riguardano la Piccola e Media Impresa continuino a rappresentare un costante punto di riferimento per l'azione della politica.
Quella che proponiamo è una dettagliata disamina di quelle che sono le risposte che il mondo delle PMI locali si attende dal futuro Governo, in termini di interventi che ridiano fiducia a tanti uomini e donne che fanno impresa in un momento indubbiamente difficile.
E' lunga la lista delle criticità nella vita e nel governo delle imprese, che i futuri parlamentari dovranno mettere al centro della loro agenda politica: l'eccesso di burocrazia; la questione energetica; le carenze infrastrutturali; il costo del lavoro; l'accesso al credito; lo sviluppo tecnologico; la tutela del made in Italy.
Da anni la nostra Associazione denuncia questo vasto panorama di problemi, che condizionano la competitività e le prospettive di sviluppo della Piccola e Media Impresa.
LA PMI AL CENTRO DEGLI INTERESSI DEL PAESE
Dopo due interi semestri di stagnazione i risultati dell'ultima indagine congiunturale, realizzata da Federlazio al termine dello scorso anno, sembrano aver riaperto spiragli di pacato ottimismo per la Tuscia, soprattutto se valutati nel confronto col generale rallentamento dell'economia del Paese, nel suo complesso.
Un risveglio che si riflette sul versante della produzione, della domanda e del fatturato, giudicate in aumento alla fine del 2005: segnali di una tendenza positiva che provengono dalle Piccole e Medie Imprese che operano in questo territorio, da accogliere con soddisfazione, ma senza enfasi.
Una volta registrati oggettivi miglioramenti dei dati congiunturali, non dobbiamo abbassare la guardia e impegnarci tutti, affinché quanto riscontrato alla fine dello scorso anno non rappresenti un fatto isolato, ma si pongano le basi per una effettiva ripresa.
Riteniamo che oggi l'idea-forza attorno alla quale costruire una politica economica credibile possa riassumersi in questa semplice indicazione strategica: “Mettere la PMI al centro delle strategie di sviluppo”.
Che poi altro non è che esaltare la storia economica nazionale.
Fino ad oggi la classe politica nazionale ha mantenuto su questo tema un atteggiamento ambivalente, figlio dell'incapacità di assumere in proposito una chiara, netta, univoca posizione.
Il che ha portato alla coesistenza di dichiarazioni formali inneggianti alla centralità delle PMI, da una parte, e atti di politica economica che invece hanno marciato il più delle volte in senso contrario, dall'altra.
Per questa ragione, anche quei provvedimenti che nelle intenzioni volevano essere favorevoli alla PMI si sono di fatto rivelati deboli e frammentari, perché svincolati da una visione organica e dunque notevolmente depotenziati nei loro effetti.
L'equazione “Italia = PMI” mantiene ancora inalterata la sua forza e così continuerà ad essere per molto tempo.
I nostri imprenditori in questi anni hanno dovuto constatare quanto fosse difficile e faticoso operare come PMI, contando soltanto sulle proprie forze, quando invece le politiche economiche, il sostegno finanziario, i salvataggi venivano riservati alle grandi imprese.
Con l'aggravante, per giunta, che tali interventi non hanno neanche sortito l'effetto auspicato, se è vero che la grande industria l'abbiamo nel frattempo perduta completamente in alcuni settori, oppure l'abbiamo vista ridimensionarsi in altri, minando alla base il potenziale competitivo del sistema-Italia, come confermano tutte le graduatorie internazionali.
Senza peraltro contare i diversi episodi di illegalità venuti alla luce in questi ultimi anni, che hanno avuto come protagoniste non certo le Piccole e Medie Imprese.
Il rammarico, al contrario, è dato proprio dalla constatazione che i vari governi succedutisi in questi anni non abbiano operato affatto perché piccolo diventasse veramente bello.
Se così fosse stato, probabilmente la situazione del nostro Paese sarebbe migliore di quanto oggi non sia.
COSTO E FLESSIBILITA' DEL LAVORO
Le PMI rappresentano i gangli vitali della nostra economia e l'elemento trainante del mercato del lavoro.
Esse svolgono un ruolo fondamentale per la crescita dell'occupazione e vanno aiutate, creando le condizioni più idonee per il loro insediamento ed il loro sviluppo.
Maggiore attenzione a questa dimensione produttiva significa abbattimento del costo del lavoro: un traguardo che il nuovo parlamento e il nuovo governo devono assolutamente raggiungere, nel quadro di una organica politica dei fattori produttivi.
Ciò deve essere perseguito, non certo abbassando le retribuzioni, ma attraverso una sostanziale riduzione del cuneo fiscale, di cui si avvantaggerebbero sia le imprese che i lavoratori.
Accanto a questo si dovrà mantenere nella sua essenza la filosofia della flessibilità contenuta nella legge 30 del 2003.
Ad oltre due anni dalla sua pubblicazione, il bilancio della Legge Biagi appare non del tutto positivo.
Gli scenari aperti dalla riforma in termini di flessibilità e nuove forme contrattuali non hanno prodotto risultati apprezzabili, nella Tuscia come altrove.
Talune innovazioni appaiono di scarsa applicabilità, come il contratto a chiamata e il lavoro in coppia.
Particolare attenzione va riservata alla riscrittura dell'istituto dell'apprendistato: una riforma ambiziosa e rilevante per l'apertura anche a giovani fino a 29 anni, ma ancora ferma al palo per le difficoltà di dettare le regole attuative in tutti i settori.
Contestualmente occorrerà procedere alla riforma degli ammortizzatori sociali, non soltanto per ridurre la precarietà del lavoro - azione comunque meritoria - ma per dotare il mercato del lavoro di quella fluidità che favorisce l'incontro tra domanda e offerta.
Spostandoci sul versante delle politiche fiscali, il futuro Parlamento dovrà adoperarsi per il definitivo abbattimento dell'IRAP (soprattutto dopo il pronunciamento dell'avvocatura generale dell'UE), che com'è noto colpisce quella parte del costo del lavoro a carico delle imprese e per questa ragione sempre osteggiata duramente dalla Federlazio.
E' evidente che le coperture finanziarie necessarie a sostenere questo taglio, non potranno che derivare dalla riduzione della spesa pubblica corrente e dalla lotta all'evasione e al sommerso.
PIU' ENERGIA, MENO COSTI
Il sistema economico e produttivo del nostro Paese difficilmente potrà essere più competitivo senza una politica energetica seria, che tenga conto del nuovo contesto economico e tecnologico nel quale ci troviamo ad operare.
Su questa materia, due sono dunque gli imperativi:
o ridurre il costo dell'energia per ristabilire condizioni di parità con i nostri principali competitors.
o ridurre la dipendenza dall'estero. Finchè il nostro Paese avrà la necessità di approvvigionarsi all'estero per oltre l'80% del proprio fabbisogno energetico, questo rappresenterà una debolezza strutturale che ci penalizzerà notevolmente rispetto ad altri sistemi economici nazionali.
Proprio all'interno di questo ragionamento complessivo sul tema dell'energia, trova spazio il nostro invito alle Istituzioni ad arrivare tempestivamente ad una decisione definitiva sulla riconversione della Centrale di Montalto di Castro, valutando l'ipotesi di un rigassificatore.
L'ECCESSO DI BUROCRAZIA
Deve cominciare a diffondersi nella sensibilità collettiva la consapevolezza che P.A. e imprese rappresentano due componenti ugualmente fondamentali, ciascuno per le sue competenze, del sistema-Italia, che insieme debbono lavorare per il raggiungimento di un obiettivo comune: migliorare il posizionamento competitivo del Paese.
Per ottenere questo occorre che la P.A. sia investita da una vera e propria rivoluzione culturale e organizzativa, che riallinei i suoi tempi a quelli dell'impresa.
Il che sta a significare che il soggetto pubblico va corresponsabilizzato moralmente, rispetto alla performance generale del nostro sistema economico, ma anche responsabilizzato civilmente per i ritardi o le inefficienze, che provoca e che finora si sono scaricati unicamente sulle imprese.
Semplificazione degli adempimenti burocratici, certezza nei tempi di risposta e, soprattutto, un diverso atteggiamento della P.A. nei confronti del mondo dell'impresa: queste le azioni che dovranno essere poste al centro dell'agenda della prossima legislatura.
L'ACCESSO AL CREDITO
Non può esservi crescita del nostro sistema di PMI se non si affrontano adeguatamente le problematiche dell'accesso al credito, che per quel che riguarda il nostro mondo, si declinano essenzialmente in termini di costi più alti e richiesta di maggiori garanzie patrimoniali personali dell'imprenditore.
L'avvento di Basilea 2, ha di fatto prodotto una pericolosa stretta creditizia ed in molti casi, è stata colta dai grandi istituti di credito come occasione per effettuare drastiche ristrutturazioni aziendali.
A tutto ciò vanno ad aggiungersi la perdita del TFR e la trasformazione degli incentivi a fondo perduto in credito agevolato, prefigurando per le PMI nuovi scenari, ma anche situazioni critiche che dovranno essere adeguatamente governate.
Ecco perché non è più differibile una vera ed efficace riforma dei Consorzi di Garanzia al Credito, che per lungo tempo hanno assicurato un valido sostegno finanziario alle imprese e possono rappresentare preziosi elementi di congiunzione sul territorio, tra sistema delle PMI e sistema bancario.
SISTEMA INFRASTRUTTURALE
Un assetto infrastrutturale di qualità è il fondamento del corretto sviluppo economico di un territorio.
E', invece, ormai scontato - parlando della Tuscia - denunciare lo stato di insufficienza dei collegamenti viari e ferroviari in cui versa.
I nodi critici da affrontare sono sempre gli stessi:
a) completamento della Civitavecchia-Viterbo-Orte.
E' di poche settimane fa la notizia che l'Anas non ha finanziato il progetto di questa arteria di straordinaria importanza per le prospettive di collegamento del sempre più importante porto tirrenico con l'entroterra e con l'intera Italia Centrale e il Nord-Est della Penisola. E, ad oggi, dobbiamo registrare che l'impegno della Regione Lazio ad intervenire nel finanziamento della progettazione, non si è concretizzato.
b) adeguamento della S.S. Cassia da Monterosi a Viterbo;
c) realizzazione del Centro Merci di Orte;
d) ferrovia Orte - Capranica - Civitavecchia.
Quanto sopra, deve necessariamente muovere dalla consapevolezza della peculiare collocazione geografica della provincia di Viterbo: crocevia tra il Tirreno e l'Adriatico, tra Firenze e Roma, tra le potenzialità industriali dell'Umbria e della Toscana.
Fattore determinante per la competitività territoriale sono anche le infrastrutture immateriali.
Emblematica è la vicenda della linea ADSL: nella provincia di Viterbo, e in particolar modo nel Distretto Industriale di Civita Castellana, è molto difficile, se non addirittura impossibile, utilizzare il sistema di collegamento veloce con la rete web.
RICONOSCIMENTO DELL'AREA DI CRISI PER IL DISTRETTO INDUSTRIALE DI CIVITA CASTELLANA.
E' l'obiettivo che accomuna le analisi e le proposte di tutte le parti sociali: contrastare la crisi delle aziende produttrici di stoviglieria, e preservare l'esistenza di un comparto che rappresenta uno dei più importanti poli di produzione ceramica in Europa.
L'attivazione di tale strumento consentirà, da un lato, di ridurre l'impatto sociale della crisi, favorendo la creazione di posti di lavoro per la manodopera, soprattutto femminile, in uscita dal settore; e, dall'altro, di mettere in campo una serie di incentivi per avviare un processo di re-industrializzazione e per promuovere nuovi insediamenti produttivi.
SVILUPPO TECNOLOGICO
Nel campo dell'innovazione, e più specificatamente del trasferimento dei risultati della ricerca al tessuto imprenditoriale, dobbiamo constatare che esistono ancora delle difficoltà da superare per consentire alle PMI, proprio in virtù delle loro peculiarità, di incorporare i risultati della ricerca e trasformarli in fattore di sviluppo.
Per fare questo occorre abbandonare l'idea che tali imprese possano avvicinarsi all'innovazione spontaneamente, senza un'opera di sensibilizzazione, prima, e di accompagnamento sistematico, poi, da parte di strutture ad hoc, capaci di svolgere un ruolo catalizzatore, intermediando tra il sistema dell'offerta e quello della domanda e trasferendo cultura dell'innovazione nelle PMI.
L'auspicio è che il Parco Scientifico e tecnologico dell'Alto Lazio possa assolvere a tale funzione.
ACCESSO AL SISTEMA DEGLI APPALTI
Lo spazio operativo delle PMI è stato fortemente limitato in questi anni dalla Legge Obiettivo, oltre che, dal General Contractor e dal Global Service, che hanno privato il sistema delle PMI di adeguate garanzie.
Queste imprese rischiano di essere emarginate dall'attuale sistema di realizzazione delle grandi infrastrutture e relegate al ruolo di semplici sub-affidatarie, senza alcuna tutela dal punto di vista del contratti e dei pagamenti. Occorre, allora, creare per le PMI uno spazio operativo adeguato alle loro potenzialità e capacità tecnico-professionali.
Pertanto, il prossimo Parlamento dovrà emanare una norma che nel sistema di assegnazione delle opere, affidi obbligatoriamente una quota dei lavori alle PMI.
In questo modo si darebbe un sostegno concreto - e non meramente ideologico - al sistema delle Piccole e Medie Imprese per crescere e rafforzarsi.