Viterbo - Sabato 25 e domenica 26 al teatro Unione
Tanzi - Pambieri nel Piacere dell'onestà
Viterbo 24 marzo 2006, ore 2,30
Senza Filtro -Teatro dell’Unione di Viterbo
Sabato 25 marzo 2006 ore 21,00 (Turno A)
Domenica 26 marzo 2006 ore 16,45 (Turno B)
Teatro Cultura Produzioni
presenta
GIUSEPPE PAMBIERI
LIA TANZI
Il piacere dell’onestà
di Luigi Pirandello
con
ANTONIO FATTORINI
NINO BIGNAMINI ALESSANDRA RAICHI
ORAZIO STRACUZZI
regia di
LAMBERTO PUGGELLI
Note
Dopo 25 anni dall’ultima edizione che fu un trionfo di pubblico e di critica e che vedeva interprete Alberto Lionello, Lamberto Puggelli, torna di nuovo a rivisitare “Il piacere dell’onestà” con un protagonista altrettanto d’eccezione, Giuseppe Pambieri.
Il piacere dell’onestà è una delle prime commedie di Pirandello dove è già presente tutto il filone dell’arte pirandelliana che nel teatro trasforma i modi della commedia borghese dell’epoca.
Un palcoscenico vuoto.
Lentamente nel buio si accendono globi luminosi. Due grandi specchi spezzati riflettono l'uomo diviso. Appaiono e si dissolvono frammenti di figurazioni novecentesche reali e oniriche, metafisiche, surreali, misteriose. :Marionette grottesche, fantomatiche persone e manichini compaiono e scompaiono, spiano, osservano, indagano. Luci colorate, ribalta d'avanspettacolo.
Personaggi di vaudeville si agitano per problemi ridicoli: un uomo sposato e separato "da una donna indegna" che "deve" far sposare la sua amante rimasta incinta per dare un nome al nascituro (nel 1917 non c'è il divorzio). Si presenta un nobile miserabile che "sposerà per finta una donna; ma sul serio sposa l'onestà". Ma la Forma si riempirà, inevitabilmente, di un contenuto dirompente. E la Vita prevarrà in un apparente "lieto fine" che "non mira a strappare lacrime di commozione, giacché la rivincita del sentimento è anche e soprattutto la sconfitta della convenzione: il protagonista perde sé stesso - e l'autenticità del suo riscatto - nell' attimo stesso in cui Agata gli tende le braccia".
Pirandello parte sempre da un piccolo miserando aneddoto paradossale e grottesco che frequentemente trae dalle sue novelle. Ma, drammatizzandolo, lo immerge in un flusso misterioso e arcano, il grottesco si incrina e mostra la più fonda e nera tragedia, l'apologo didascalico si sostanzia di sangue e carne, la sofferenza umana scuote e disarma le impalcature razionali. E lo spettacolo di tipi buffi che mimano fatterelli sordidi si trasfigura in una rappresentazione dove l'uomo del novecento, l'uomo che si guarda in uno specchio lucido e franto si pone e ci pone le domande ultime.
Nel nostro spettacolo una domanda celata nell'ultima pagina del testo sarà ripetuta alla fine: "Chi sono io?"
All'ultimo atto i personaggi, prima chiaramente storicizzati, svestiranno gli abiti datati, saranno virtualmente nudi e aldilà di ogni residuo naturalista; la recitazione diverrà scarna e disperata; il palcoscenico vuoto.
Che è la conquista di Pirandello per il teatro del nostro tempo.