Anche se un muro di 2.750 chilometri, con 136.000 soldati marocchini a presidiarlo, li divide dalla propria terra, ricca di zolfo, uranio e petrolio, motivo dell’occupazione da parte del Marocco.
Un’esperienza vissuta insieme a Ines Venturi, presidente associazione internazionale di amicizia e solidarietà tra i popoli (Aiasp), e a Michele Capuano, in rappresentanza dell’assessore regionale Mario Michelangeli (Comunisti italiani).
Questo popolo è costretto a vivere di pastorizia nei campi profughi, visitati di Smara e Dacla, in condizioni che dire precarie equivale a fare un complimento a chi nella precarietà ci vive davvero.
Tutto in attesa di tornare nella propria terra. Come se non bastasse, circa venti giorni fa un violentissimo acquazzone ha distrutto le loro case, realizzate con mattoni di fango, che si sono liquefatte come neve al sole.
La vita in quei luoghi è una sfida quotidiana, sembra di essere tornati nella preistoria. Ho vissuto un’esperienza che segnerebbe chiunque ha la possibilità di recarvisi e constatarne le condizioni. Per non parlare dei bambini che, scalzi, si divertono a giocare con una palla di cuoio in un improvvisato campetto delimitato solo da sassi, perché di più non hanno, e sempre con un sorriso sulle labbra.
Credo che non solo da uomo politico, rappresentante della segreteria regionale del partito dei Comunisti italiani, ma anche da amministratore pubblico (nel mio mandato istituzionale), rivolgerò il mio impegno affinché la causa del popolo Saharawi non sia dimenticata e abbia l’attenzione che merita. Perché esistono tanti muri, compreso quello che riguarda questo popolo, dalla forte identità e da una dignità da prendere da esempio.
Stefano Di Meo
Segretario Provinciale Viterbo
Segreteria regionale Lazio partito dei Comunisti italiani