Riceviamo e pubblichiamo
- E’ triste ammetterlo, ma è così. Diventa ogni giorno sempre più difficile (penoso), allorché ci si addentra nelle questioni gialloblù e dintorni, cercare di parlare di calcio giocato. Con la mente distratta da altri pensieri, diventa un’impresa quasi titanica mettersi a disquisire sulle formulazioni tecnico-tattiche connesse alla prossima trasferta di Nocera. Che pure è assai delicata in chiave di conseguimento della salvezza matematica.
La situazione societaria vive infatti un momento troppo delicato, in rapporto a scadenze ravvicinate del terzo tipo da far tremare i polsi, per consentire una inutile cronaca spicciola. Essa continua imperterrita a tenere banco. Prevale su tutto il resto, fino a vanificarlo. Siamo in una fase ‘border line’ dai contorni assai incerti. Che tiene i tifosi con il fiato sospeso.
Per sovrappiù manca all’appello quel soprassalto d’orgoglio (di viterbesità?) che essa dovrebbe peraltro coerentemente suscitare in quanti - per ruolo istituzionale e per chiamata in causa - non dovrebbe (potrebbero) sentirsi nella condizione privilegiata di fare spallucce.
Viceversa, l’evolvere degli eventi dovrebbe chiamare chi di dovere a riflettere sull’urgenza di un intervento riequilibratore purchessia. Perché, senza tema di smentita, questa è una delle funzioni della politica e delle istituzioni che la rappresentano sul territorio. Tanto più cogente dovrebbe essere la coscienza del ruolo che a ciascuno compete, in quanto ha liberamente deciso di riceverne lo specifico mandato, in una fase preelettorale convulsa e confusa come quella che stiamo vivendo.
Dalla rassegna stampa apprendiamo che il presidente Pecorelli avrebbe deciso di prendersi una (non si sa quanto) lunga pausa di riflessione. Quando gli si domanda se tornerà a Viterbo (da cui si è allontanato, proprio come fece uno dei suoi predecessori, Gennaro Aprea, negli ultimi mesi del suo mandato presidenziale) risponde che “per la verità adesso non è in cima ai miei pensieri”.
Il patron sostiene ancora di voler continuare “solamente per il bene che vuole alla squadra” ma che non ha più voglia “di fare nulla per questa società che dovrebbe essere lasciata al destino che merita”. A sentirlo non pare che ci siano validi acquirenti all'orizzonte. Sostiene infatti “Non date retta a chi dice che sto trattando la società, non è vero nulla” e conclude amaramente “Io avevo intenzioni serie, stavo risanando il pregresso e stavo guardando con fiducia al futuro. Ma a Viterbo hanno preferito sputtanarmi con le collette, mettendomi i bastoni tra le ruote. Sfiderei chiunque a continuare a lavorare come stavo facendo io per gente che poi ti tratta in questa maniera”.
Difficile stabilire in situazioni del genere da che parte veramente stia la ragione e da che parte il torto. Tuttavia ci sia consentita l’ennesima riflessione sul caso di specie.
Un presidente così amareggiato e arrabbiato con l’ambiente, per il fatto di non essere riuscito a raggiungere praticamente nulla di quanto aveva promesso al momento del suo insediamento alla guida della società, non è ciò che occorre per trovare il bandolo della matassa entro la scadenza-capestro di fine marzo.
Istituzioni latitanti, e anche insensibili visto che non danno risposte di qualunque tipo (positive o negative che siano) alle istanze che giungono dal territorio e si trincerano dietro a un fragoroso silenzio, non è quanto sarebbe ragionevole auspicare da una classe politica attenta alle esigenze del proprio elettorato.
Sergio Mutolo