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Il ministro Ferrero a Viterbo
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Bengasi Bastiti e Ugo Gigli vicini, vicini, vicini...
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- Alla fine siamo tutti un po’ matti. Come recitava il timbro apposto sulle mani di ognuno dei presenti. Ministro compreso. Perché il normale cos’è? In una frase c’è racchiuso il senso della “Giornata di lotta allo stigma del disagio sociale”, organizzata questa mattina a Palazzo Gentili dalla Provincia in collaborazione con il ministero della Solidarietà sociale, la Regione Lazio, il dipartimento di salute mentale della Asl, la consulta dipartimentale della salute mentale, le associazioni locali, le scuole e la consulta studentesca.
A parlarne, il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, il presidente della Provincia Alessandro Mazzoli, l’assessore provinciale alle Politiche sociali Giuseppe Picchiarelli, il suo omologo regionale Alessandra Mandarelli, il direttore della Asl di Viterbo Giuseppe Aloisio, il presidente della consulta dipartimentale della salute mentale Vito Ferrante, moderati dal giornalista Arnaldo Sassi.
La giornata è iniziata alle 10 con la visita alla Fattoria di Alice, dell’omonima cooperativa sociale in cui i malati psichici hanno la possibilità di lavorare, sentendosi così parte attiva della società. Si è quindi passati in via Saffi, con l’inaugurazione della mostra fotografica intitolata “Vita silente” di Giovanni Marinelli.
E’ stata poi la volta del dibattito in una stracolma sala conferenze di Palazzo Gentili. Ad aprire la discussione, il presidente della Provincia. “Con questa giornata ha esordito Mazzoli vogliamo avviare insieme alle istituzioni e alle associazioni un percorso culturale, formativo e operativo di lotta allo stigma del disagio mentale.
L’intento è inviare un messaggio unitario e corale che aiuti a superare il pregiudizio culturale che considera il diverso come un malato da discriminare e isolare. Stigma e pregiudizio sono figli dell’ignoranza e potremo combatterli se la società tutta affronterà le questioni della salute mentale con la dovuta consapevolezza e responsabilità”.
La parola, quindi, all’assessore Giuseppe Picchiarelli. “La parte migliore del territorio è riunito oggi in questa sala ha affermato perché qui sono presenti le persone che rinunciano alla famiglia e al tempo libero per dedicarsi agli altri. E all’ingresso siamo stati tutti vittime dello stigma che definisce ‘matto’ colui che soffre di disagi mentali.
Un pregiudizio che nasce dall’ignoranza e esclude i diversi ogni giorno della loro vita. Un preconcetto contro cui la Provincia può agire solo con il contributo di tutti, a partire dalle scuole”.
Un intervento che ha ripercorso esperienze personali, quello dell’assessore regionale alle Politiche sociali. “Ricordo che quando ero bambina, in un paesino della provincia di Frosinone ha affermato la Mandarelli - esisteva un manicomio che ci veniva insegnato di evitare. Perché i matti, dicevano, erano pericolosi.
Un problema culturale e di ignoranza, che può essere affrontato dalle istituzioni iniziando a fare informazione e diffondendo valori sani”.
Dopo aver illustrato le iniziative della Asl per la cura e il reinserimento dei malati mentali, il direttore ha parlato dell’importanza dell’assistenza che va assicurata. “La continuità assistenziale è fondamentale, e non solo dal punto di vista sanitario ma anche della relazione umana ha detto Aloisio perché dobbiamo uscire dal marchio per acquisire una cultura inclusiva”.
Vito Ferrante, parlando a nome delle famiglie dei malati e di molte associazioni, ha puntato, tra le altre questioni affrontate nel suo intervento, su quella previdenziale. “Le pensioni di invalidità civile al 100% per patologie psichiatriche ha rimarcato sono ferme a quota 250 euro. Una miseria che non permette neanche di affittarsi una stanza: è uno dei tanti problemi che chiediamo di affrontare al più presto”.
Dopo gli interventi, si è passati alla visione delle slide relative alla ricerca sulla rappresentazione sociale della malattia mentale realizzata dall’Università La Sapienza di Roma. E infine al question time, nel corso del quale otto persone, in rappresentanza di scuole e associazioni, hanno rivolto domande direttamente al ministro.
La spesa sociale e la necessità di una svolta culturale sono i punti sui quali il responsabile del dicastero della Solidarietà sociale si è concentrato nel suo intervento conclusivo. “Lo stigma è il prodotto del disagio sociale. Individuare il diverso è un modo per sentirsi normali e svolge una falsa funzione di rassicurazione per una comunità che non è più in grado di padroneggiare se stessa” è stata l’introduzione di Ferrero, che si quindi chiesto quale sia il ruolo che un ministro deve giocare di fronte a questa realtà.
“Per decenni la spesa sociale è stata considerata un costo e uno spreco da abbattere. Investire nel sociale è al contrario un investimento non solo per il futuro ma anche per il presente. Per questo dobbiamo spendere di più per i servizi, perché la spesa sociale non è un costo bensì un’“infrastrutturazione” necessaria per mantenere il grado di civiltà di una società”.
La battaglia culturale, infine, per giungere a un’organizzazione sociale agibile per i diversamente abili. “Bisogna agire sul grado di insicurezza sociale, perché la costruzione del capro espiatorio avviene in una società che non ha più sicurezze e ha paura del futuro”.