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Riceviamo e pubblichiamo
- Scavando nel nostro passato di popoli europei apparirà evidente che le radici culturali del vecchio continente affondano anche nella civiltà etrusca.
Luogo simbolo dell'etnia che s'insediò in gran parte dell'Italia peninsulare prima dei romani è Tarquinia, posta oggi, suo malgrado, al centro del più grande polo energetico d’Europa: 7.000 Mw, ottenuti bruciando combustibili fossili.
Nel 2004 l’Unesco ha riconosciuto le necropoli etrusche di Tarquinia come patrimonio dell’Umanità.
Nel Palazzo Comunale della città tirrenica, il 29 marzo scorso un gruppo di cittadini ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza: gesto estremo per fermare la costruzione della centrale a carbone di Civitavecchia.
La potenza installata nel polo energetico, dopo il completamento del nuovo impianto, tornerà a quota 7000 Mw così ripartiti:
tre gruppi turbogas a ciclo combinato e un gruppo a olio combustibile nella centrale di Torre Valdaliga Sud a Civitavecchia per un totale di 1500 Mw;
tre gruppi a carbone nella centrale di Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia per un totale di 2000 Mw;
otto gruppi turbogas da 100 Mw ciascuno e quattro gruppi ad olio combustibile da 660 Mw ciascuno per complessivi 3440 Mw nella centrale di Montalto di Castro.
Per Tarquinia una camera a gas, con enormi emissioni di polveri sottili, responsabili di patologie gravissime. Altro pericolo è il radon contenuto nel carbone che fuoriesce con i fumi e provoca in un ampio raggio intorno alla centrale livelli di radioattività nel territorio.
Superiori a quelli rilevati intorno ad una centrale nucleare.
Le centrali di Civitavecchia e Montalto di Castro hanno prodotto per decenni il 15% del fabbisogno elettrico nazionale, le comunità locali di questo comprensorio “hanno già dato” e sarebbe ingiusto omologare i cittadini che scioperano contro il carbone con “quelli che dicono sempre no”.
Nei 50 anni di termoelettrico questo comprensorio ha pagato un tributo di morti per l'intero Paese e sul futuro di questa terra c'è un'ipoteca rappresentata dai veleni che le popolazioni hanno sopportato per decenni. Le indagini epidemiologiche più recenti, presentate pubblicamente a Tarquinia il 29 marzo scorso in concomitanza con l'inizio dello sciopero, dimostrano che la loro pericolosità, di cui c'era già una certa consapevolezza, è molto maggiore rispetto a qualunque passata previsione. Serve una moratoria perché gli abitanti possano disintossicarsi.
In tempi di crisi economica, in questa zona d’Italia, i soldi delle compensazioni ENEL fanno gola a tutti: alle amministrazioni, alle scuole, ai partiti, ai sindacati e alle associazioni ma i cittadini di Tarquinia hanno dichiarato di non essere in vendita, perché le verità scomode dei medici che da anni lottano contro il carbone a Civitavecchia, quelle verità che fanno correre un brivido lungo la schiena ascoltandole, non sono state mai smentite.
E poi c'è Kyoto da rispettare e non c'è più tempo: i ghiacciai si sciolgono, le terre emerse vengono sommerse e il mondo trema; l'anidride carbonica fa paura, morti e distruzioni e qui si sceglie il carbone che rilascerà 9.800.000 di tonnellate di CO2. , contributo di Civitavecchia al riscaldamento globale.
Il comitato che si oppone al carbone sta creando una rete di contatti con cittadini in situazioni analoghe in altri Stati comunitari, per pianificare strategie comuni e tentare, insieme, di difendere il diritto alla salute presentando istanze ai massimi livelli dell’Unione Europea.
Firmato dai cittadini che lottano contro il carbone
Coordinamento dei medici per l’ambiente e la salute