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Francesco Ciprini
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Riceviamo e pubblichiamo - Care ragazze Democratiche, cari ragazzi Democratici,
leggo non senza qualche stupore la vostra lettera aperta al concittadino Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni e provo con queste righe a spiegare il perché dell’adesione di Fioroni e di molti dirigenti nazionali della Margherita al Family Day del 12 maggio prossimo.
Tanto per essere chiari, chi vi scrive è uno dei tantissimi giovani della Margherita e dirigenti locali che parteciperà con entusiasmo alla manifestazione indetta dalle associazioni cattoliche.
E vi parteciperò, con Fioroni e come lui in modo pienamente consapevole, con forza, con la convinzione che è difficile opinare qualcosa sul titolo della manifesto dell’iniziativa “Più famiglia, ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese”, con la certezza di esercitare il semplice ed inalienabile diritto di esprimere ciò che si pensa e di manifestarlo liberamente come in ogni stato democratico.
E non vorrei che questo diritto fosse, come dire, applicabile a macchia di leopardo. Sono come voi cresciuto nella straordinaria epoca di cambiamenti e di mutamenti sociali, economici e culturali che ha caratterizzato gli ultimi 25 anni.
In quest’epoca così emozionante che molti cambiamenti ha visto nella mentalità , nella cultura, perfino nella psicologia delle persone, la nostra generazione ha avuto la fortuna di avere come importante guida, al di là di ogni appartenenza e credo religioso, la figura di Karol Woityla, il Papa venuto da lontano che tanto ha scommesso sui giovani, tanto credeva nelle giovani generazioni da definirci “sentinelle del mattino” in questo terzo milllennio, unico fra i leader politici e mediatici mondiali a parlare così tanto di e ai giovani.
E quante volte abbiamo assistito alle sue omelie, ai suoi Angelus, ai suoi discorsi in giro per il mondo, condividendo quelle parole di pace, amore e solidarietà che hanno caratterizzato il suo pontificato. E quante altre volte ancora lo abbiamo visto criticato, etichettato come conservatore quando ha parlato di famiglia, di diritti del nascituro, di tutela della vita umana dal concepimento fino alla morte.
Come se Giovanni Paolo II fosse una figura da tirare per la giacca, come se fosse valida ed illuminata guida spirituale soltanto quando parlava di pace, libertà e giustizia e diventasse un ostacolo quando con coraggio prendeva posizione su temi etici che fortemente coinvolgono la sfera intima e personale di ognuno di noi.
Chiederci di non andare al Family Day è chiederci di rinunciare ad esprimere le nostre idee, i nostri valori , le nostre convinzioni più profonde. Che non pretendono di essere verità assoluta. Ma sono parte fondante del nostro essere, sono guida nella nostra azione politica, sono la bussola che usiamo per orientarci in questo mondo ed in questa società che cambia sempre più in fretta ed i cui cambiamenti abbiamo l’ambizione di guidare.
Non c’è niente di contraddittorio fra partecipare al Family Day e sostenere i Dico. Non sono temi da tifo da stadio, dove se io grido “Forza Juve”, necessariamente esprimo il mio non tifare per altre squadre.
Sostenere la famiglia, portarla al centro della agenda politica, ma non a parole come il governo precedente si è limitato a fare, ma con azioni concrete, con agevolazioni fiscali, con proposte serie che sono già in Parlamento, rilanciare il valore della famiglia come istituzione sociale in cui la persona comincia a formarsi nella sua totalità, non significa togliere qualcosa al giusto riconoscimento di diritti personali come quelli di cui si parla nei Dico, né abbiamo mai pensato che i Dico fossero un attentato alla famiglia.
Certo, il nostro sistema di valori ci porta con più calore e convinzione ad aderire al Family Day piuttosto che ad altre manifestazioni amene cui abbiamo purtroppo assistito. E personalmente ritengo un qualcosa a cui rimediare il fatto che associazioni cattoliche abbiano dovuto indire una manifestazione per la famiglia, segno che qualcosa non va, che quello che dovrebbe essere un valore condiviso non lo è poi così tanto.
Così come considererei un grave errore quello di consegnare in toto alla destra dopo averlo fatto con la parola “libertà” anche il ruolo di unico difensore della famiglia. Anche perché non si sono mai dimostrati in grado di produrre atti concreti ma soltanto di gridare proclami e annunci. Sarebbe un errore imperdonabile non per il nostro nascente Partito Democratico ma per il Paese.
Lo schema bipolare di cui tutti siamo convinti, perché crediamo nel centrosinistra, non perché ci si siamo ritrovati, se va bene come sistema politico, non è applicabile a tematiche come questa. Non può passare più di quanto non sia già accaduto il messaggio che esiste una coalizione che si occupa dei Dico e un’altra che sostiene la famiglia.
E’ un errore madornale, frutto di una visione eccessivamente manichea della società, della necessità di ragionare per etichette e categorie che troppe volte molti dei nostri compagni di coalizione hanno commesso. Ed è questo , non la partecipazione del ministro Fioroni al Family Day, a creare imbarazzo.
Crea imbarazzo constatare come un certo laicismo e un buona dose di manicheismo riconducibile al dibattito culturale di un paio di secoli fa, ispiri ancora oggi certi dichiarazioni, certi convincimenti.
Crea imbarazzo l’intima convinzione che si può dare un valore come dire soggettivo al termine democratico. Non si è veramente Democratici se la si pensa tutti allo stesso modo. Si è davvero Democratici se pensandola diversamente, si garantisce ad ognuno il diritto di manifestare per ciò in cui crede, ci si apre al confronto ed al dibattito, si rispettano i valori dell’altro. Non c’è disciplina di partito in ambiti come questi, ma libertà di coscienza.
Il sentirsi in dovere di richiamare qualcuno all’ordine a prescindere dal fatto che si tratti nel caso specifico di un Ministro della Repubblica richiama tristemente alla memoria qualche episodio negativo del passato.
Il consigliare di non partecipare a manifestazioni libere e non di parte come quella del 12 maggio, significa nutrire, in fondo, l’idea di voler far tacere chi la pensa diversamente. E torna alla mente l’esperienza della cosidetta Chiesa del silenzio che tanto è stata perseguitata nei paesi dell’ex blocco comunista dell’Europa dell’Est ieri e che persiste e resiste nella Cina comunista di oggi.
Uno dei più affermati e validi sociologi di questi tempi, Zygmund Baumann, anch’egli polacco, ma da decenni lontano dal suo paese perchè perseguitato dall’ex regime comunista in quanto ebreo, ha coniato il termine ed elaborato il concetto di “società liquida”, in contrapposizione alla “società solida” che ha caratterizzato il secolo scorso.
La società liquida è una società in cui tutto diventa relativo, in cui gli assetti politici sono in continua variazione, in cui le comunicazioni viaggiano tramite internet e l’economia non è più qualcosa di concreto ma diventa qualcosa di intangibile, non a caso i più ricchi uomini del pianeta non sono più quelli che commerciano petrolio, ma i magnati nel settore delle telecomunicazioni, una società in cui anche i rapporti personali diventano mobili, in perenne aggiornamento, instabili, liquidi.
Per noi, però, alcuni valori non sono liquidi, non sono mobili, non sono relativi. La famiglia è per noi valore solido. E sacrosanto è il diritto di esprimere liberamente le proprie idee, i propri valori, le proprie convinzioni più profonde, perché fanno parte di noi, perché in qualche misura fanno di noi ciò che siamo. Nel manifesto per il Partito Democratico si parla di incontro fra Illuminismo e Cattolicesimo. Come non pensare a Voltaire e al grande insegnamento in poche ma definitive parole “Non condivido le tue idee, ma darei la vita affinché tu possa esprimerle” ?
Alla luce di questo sereno scambio di idee, mi auguro che questo diritto, i ragazzi della Sinistra Giovanile di Viterbo, lo possano concedere anche al ministro Fioroni.
Francesco Ciprini
Segretario comunale Margherita
Cari amici e care amiche della Sinistra Giovanile di Viterbo,
e citando il ministro Fioroni al congresso a Cinecittà presto ci abitueremo a dire anche cari compagni e care compagne.
Leggiamo la vostra lettera aperta a Giuseppe Fioroni e ci permettiamo di condividere con voi alcune riflessioni. Abbiamo, insieme, appena lasciato alle spalle un weekend congressuale in cui come ieri diceva il nostro segretario provinciale Allegrini abbiamo scritto una pagina di storia, in cui abbiamo dato il via al processo costituente della più grande novità della politica italiana degli ultimi anni.
E stupisce, dopo l’intervento equilibrato che non più tardi di giovedì Piero Fassino, confermato dal congresso di Firenze guida dei Ds, ha pronunciato, la vostra posizione odierna.
Abbiamo particolarmente apprezzato il vostro segretario, nell’interessante passaggio del suo intervento di apertura sui rapporti fra futuro Partito Democratico e Chiesa, quando ha dichiarato “nessuna ostilità al Family Day”. Sarebbe questo il modo di dimostrarlo?
Sarebbe chiedendo al ministro Fioroni di non partecipare alla manifestazione del 12 maggio che non si mostra ostilità al Family Day? E dove sono finite le accorte osservazioni di Fassino sulla necessità per la politica di “ dover rispondere ed essere all’altezza delle domande politiche, culturali e morali che i cattolici pongono” ?
Non che ci allarmi la vostra missiva, avevamo da tempo deciso di accompagnare Fioroni al Family Day e non cambiamo idea, ma crediamo sia opportuno spiegare il perché di questa decisione.
Se citando sempre Fassino il Partito Democratico sarà luogo di incontro per credenti e non credenti, abbattendo storici steccati, se, come ha detto al nostro congresso Franco Marini che per una volta ha con passione smesso i panni di seconda carica dello Stato e ricoperto quelli di dirigente della Margherita, questo partito nasce perché il comunismo organizzato ha storicamente fallito, troviamo nelle vostra lettera un atteggiamento di chiusura e quasi di marcia indietro rispetto alle decisioni ed alle tante parole, a quell’unico afflato ideale, politico e culturale che univa il PalaMandela al Teatro 5 di Cinecittà.
Noi crediamo che nel Partito Democratico debba esserci posto per tutti, per tutte le culture politiche che lo stanno creando e che lo caratterizzano. Saremo una forza grande, e saremo tanto più grandi quanto più riusciremo a far sentire ognuno a casa sua nel Partito Democratico.
Compito di noi Democratici è quello di portare ognuno le proprie esperienze, il proprio bagaglio di cultura e valori, in un progetto più vasto, affrontare le tante sfide del tempo entusiasmante che stiamo vivendo con rispetto reciproco. Viviamo in un paese pieno di contraddizioni, un paese in cui un arcivescovo può anche ricevere minacce di morte, in cui sui muri delle scuole possono comparire scritte come “Bagnasco a morte” “onore” d’altra parte, attribuito anche al ministro Fioroni senza che questo ci faccia riflettere e senza che sollevi le enormi polemiche, le prese di posizioni, le levate di scudi come avviene nella nostra città ogni volta che compare una scritta inneggiante al Ventennio fascista.
Un paese in cui lo stesso arcivescovo deve celebrare la messa di Pasqua con la compagnia a fianco all’altare non di chierichetti come di consuetudine ma di uomini di scorta.
Proprio ieri a Genova si è svolta una fiaccolata a sostegno di Bagnasco. E avremmo voluto esserci. Come scriveva con ironia Mattia Feltri sulla Stampa, se qualcuno imputasse all’arcivescovo di Genova accusato più volte di un florilegio di epiteti che vanno dal razzista al fautore di una crociata molto gradita a gruppi di stampo neofascista - anche la gestione di settori deviati dei servizi segreti, il monsignore conquisterebbe i titoli per succedere a Licio Gelli nel ruolo di grande infangatore della convivenza democratica.
Viviamo in un paese in cui è a tal punto affermata ormai la cultura dell’essere contro qualcosa o qualcuno, che anche quando le associazioni laiche di matrice cattolica organizzano una manifestazione a favore della famiglia, questa deve necessariamente essere contro i Dico.
Non ci sentiamo contro i Dico se andiamo al Family Day, anche perché proprio a Cinecittà il nostro congresso ha approvato due ordini del giorno, uno a favore dei Dico peraltro fortemente sponsorizzato dai Giovani della Margherita e uno a favore del Family Day.
E lo abbiamo fatto unitariamente, abbiamo raccolto le firme senza competition e fra i delegati la cosa è passata come naturale confronto, contributo al dibattito, naturale modo di essere della Margherita, perché nessuno ha visto le due cose come in contraddizione fra loro, perché ridare centralità alla famiglia non significa togliere diritti a nessuno, ma anzi serve a far crescere e maturare culturalmente, moralmente ed anche economicamente il nostro paese.
Tanto per dirvene una, abbiamo persino concordato il numero di firme da raccogliere in uguale quantità. E a nessuno di noi che girava per la sala a raccogliere adesioni è passato per la testa di fare il furbo e prenderne qualcuna in più rispetto agli altri
Ci piacerebbe che fosse questo lo spirito da ritrovare anche nel Partito Democratico.
Siamo convinti che capirete le ragioni della nostra scelta, del fatto che esistono cattolici che aderiscono alle manifestazioni come quella del 12 maggio non perché qualcuno ci dice di andare, ma perché ce lo impone la nostra coscienza, ce lo impone quello in cui crediamo, ce lo impongono i nostri valori.
Che ci chiedono di dare risposte a chi ha un reddito di 20mila euro annui e ha 2 figli, magari in età scolare, cui comprare libri, a chi ha un figlio da iscrivere all’università e deve scegliere se pagare le tasse universitarie o una vacanza con la famiglia, ad un ragazzo ed una ragazza come tanti che vorrebbero sposarsi e mettere al mondo dei figli, non hanno casa di proprietà e il prezzo dell’affitto di un appartamento è magari pari al reddito mensile di uno di loro, o magari entrambi hanno contratti a tempo determinato di 6 mesi e non sanno se gli sarà rinnovato, o magari a quelle famiglie che devono chiedere al loro figlio di rinunciare ad essere studente fuori sede e devono invece chiedergli di darsi da fare ed andare a lavorare per pagare tutte le spese.
Anziché chiedere al nostro Peppe di non andare, venite con noi al Family Day, sarà una bella esperienza. Incontrerete famiglie con bambini, coppie di giovani che vedono con preoccupazione il loro futuro. Questo è il nostro mondo, questo è il nostro paese reale, quello che magari guarda con simpatia al Partito Democratico e a cui però per ottenere fiducia dobbiamo dimostrare di saper dare risposte concrete a problemi seri.
Venite con noi al Family Day, sarà un giorno di festa. Venite e vedrete che più che parlare male dei Dico, parleremo tutti insieme di come aiutare i milioni di famiglie italiane che sono costrette a fare sacrifici e rinunce per arrivare in pareggio economico alla fine del mese. Venite con noi, insieme impareremo molto. Perché la linea politica la individuiamo con la cultura, con gli ideali, con i valori, ma soprattutto ascoltando i tanti cittadini che saranno a Roma il 12 maggio non perché glielo ha chiesto Bagnasco, ma perché vogliono vivere meglio, vogliono più certezze per il futuro proprio e dei propri figli.
Giovani Margherita Viterbo