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Le galle del Cinipide
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Una galla del Cinipide
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Le galle del Cinipide
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Bruno Paparatti
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Stefano Speranza
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Una produzione di oltre cento mila quintali. Un fatturato di quindici milioni di euro. Il tutto messo in pericolo da una piccola vespa cinese non più grande di un moscerino: il Cinipide del castagno.
I docenti della facoltà di agraria lanciano l’allarme. In pericolo è l’intera produzione della Tuscia. Una produzione di castagne di primissima qualità. Il Cinipide, arrivato in Piemonte dalla Cina con piante novelle, ha già ridotto in quella regione la produzione dell’80 per cento. Una tragedia per gli agricoltori. Ora le regioni interessate sono anche il Lazio, la Campania e forse la Toscana.
“La nostra preoccupazione - spiega il professore Bruno Paparatti del dipartimento di Protezione delle Piante sezione di entomologia della facoltà di Agraria - in questo momento non è tanto per i produttori di castagne che già sanno come comportarsi, ma per i piccoli proprietari di poche piante di castagni. Va detto che per legge chiunque si accorga dell’esistenza delle galle del Cinipide deve informare la Regione Lazio senza toccare nulla (Area servizio fitosanitario e tutela delle risorse genetiche, via Raimondi Garibaldi 7, 00145 Roma, telefono 0651686818 - 0651685153 - fax 065168682 - Mail box: servizio.fitosanitario@regione.lazio.it). E, solo quando i tecnici hanno accertato la presenza del parassita, vanno tagliati i rami e poi bruciati. Per chi non informa la Regione ci sono conseguenze penali e pecuniarie. Non ci sono, per il momento, altre possibilità di intervento chimico o biologico. Per appurare che il Cinipide è presente si devono guardare, proprio in questo periodo, le fioriture e verificare se ci sono delle galle di colore verde rossastro”.
Anche chi ha solo una piantina nel proprio giardino deve fare le verifiche.
In ballo c’è una delle produzioni agricole della Tuscia. Il castagno, appunto.
“Il Cinipide - continua Paparatti - attacca solo il castagno, depone le uova nelle gemme a luglio che poi si schiudono a primavera, quando si sviluppano le galle. I danni consistono diminuzione dei frutti e, nelle piante, giovani possono portare anche alla morte. In pericolo sono sia i castagni da frutto che cedui nei boschi. Ogni femmina di Cinipide produce circa 150 uova, una volta l’anno. Stiamo studiando sia metodi chimici che biologici per porre un argine all’insetto, ma per ora non ci sono prodotti adatti allo scopo. E’ quindi sconsigliato usare prodotti la cui efficacia non è dimostrata, poiché si rischia solo di inquinare l’ambiente. Ovviamente non vanno né importate né esportate piante. Né fatti innesti”.
Interessati sono migliaia di ettari di colture e boschi nella Tuscia.
Il Cinipide è arrivato in Piemonte, nel 2002, portato da piante cinesi.
“Si rischia di perdere un pezzo di cultura tradizionale del Viterbese - aggiunge il ricercatore Stefano Speranza -. I trattamenti tradizionali non danno nessun risultato. In Giappone sembra che sia stato raggiunto un equilibrio ma ci sono voluti ben dieci anni. L’insetto è lungo appena un paio di millimetri e mezzo e quindi non è visibile facilmente. Quello che bisogna controllare sono le galle. Stiamo collaborando con l’università di Torino per sperimentare le modalità di intervento. Ma va detto che non ci sono soluzioni a breve termine”.
Quello che si può fare è delimitare i focolai e ridurre la possibilità di espansione dell’insetto sul territorio.
“Stiamo studiando - afferma Speranza - modalità di intervento di tipo biologico. Con altri insetti che attacchino il Cinipide. Puntiamo soprattutto sugli insetti autoctoni”.