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I militanti no coke in sciopero della fame
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Riceviamo e pubblichiamo
- Gli scioperanti della fame No-Coke sono arrivati al loro quinto giorno di astensione dal cibo.
Continuano la loro lotta nel cuore del paese accampati nella sala consigliare del comune dove dormono in sacchi a pelo e da dove inviano i loro comunicati e dove continuano a ricevere le numerose manifestazioni di solidarietà dai semplici cittadini, dai partiti, dai movimenti ambientalisti da tutto il paese.
Ieri purtoppo si è registrata il primo effetto dello sciopero della fame prolungato: uno degli scioperanti, che già accusava dal giorno precedente vertigini, pressione arteriosa bassa ed astenia è stato soccorso dall’ambulanza del servizio 118 e trasportato al locale ospedale dove è stato ricoverato con la diagnosi per “effetti da digiuno prolungato”.
Gli altri scioperanti però non si fermano è decidono di passare alla fase 2 dello sciopero della fame: la riduzione ulteriore dei già pochi tipi di liquidi ammessi.
“Dopo la fase iniziale necessaria all’adattamento dei nostri corpi alle condizioni estreme del digiuno ora possiamo passare alla seconda fase dello sciopero della fame, quella estrema: cioè di tutti i liquidi possibili assumiamo invece soltanto acqua, the, tisane di erbe e verdura, caffè d’orzo, sali minerali.”
Gli scioperanti rivolgono agli agricoltori locali un appello: I prodotti orto-frutticoli di Tarquinia diventeranno famosi perché coltivati in una zona inquinata dalle centrali Enel di Civitavecchia e di Montalto di Castro se si utilizzerà il carbone.
Per questo motivo la lotta dei No-Coke contro la conversione a carbone della centrale di Civitavecchia è anche la lotta per difendere l’agricoltura locale e il lavoro di chi ci vive. Nessuna strategia di promozione delle vendite e nessun “Piano Regionale di Sviluppo Agricolo”può pensare di far collocare sul mercato prodotti che bisognerà dichiarare coltivati in una zona ad alto contenuto d’inquinamento. I prodotti di questa terra da chi mai saranno acquistatati?
Chi mai farà contratti di fornitura con i nostri agricoltori locali? Nessuna certificazione di qualità dei prodotti sarà più possibile, meno che mai sarà possibile la certificazione di produzioni biologiche del territorio.
Non vogliamo fare la fine della Valle del Sacco che in seguito all’elevato inquinamento è divenuta un distretto agro-energetico, cambiando addirittura il nome in Valle dei Latini per non essere riconosciuta in maniera negativa dai consumatori.
Abbiamo scoperto nella stessa dichiarazione tecnica contenuta nella perizia tecnica allegata al progetto per ottenere l’autorizzazione alla conversione a carbone della centrale di Civitavecchia una frase : “(…) si consiglia la conversione agricola in coltivazione agricole no-food (…)”
L’hanno scritto in inglese perché non lo capissero tutti ma No-Food significa non commestibile.
E’ora chiaro agli agricoltori locali che se la stessa Enel consiglia precauzionalmente di convertire le produzioni agricole orto-frutticole in fiori e pioppi non c’è futuro per la loro attuale lavoro?
E soprattutto come si può pensare che non faccia male sulle popolazioni l’uso del carbone nella centrale di Civitavecchia se addirittura si consiglia di coltivare produzioni agricole non commestibili?
E’ possibile sostenere gli scioperanti inviando sms dai telefonini ai numeri 338-7118224 e 329-7924124 oppure attraverso il sito internet http: //nocoketarquinia.splinder.com.