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Riceviamo e pubblichiamo
- In maniera patetica e rivoltante l’Enel si vanta, con faccia lisippea, di avere ottenuto l’ennesima certificazione EMAS per la centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord.
Tale circostanza ha il suo unico lato positivo nel sollecitare una riflessione sugli strumenti di certificazione volontaria, qual è appunto l’EMAS.
In alcun modo le certificazioni possono contribuire all’acquisizione del consenso: sono niente più che un’istantanea, peraltro commissionata e sulla cui verosimiglianza sospendiamo il giudizio, di un calcolo ipotetico, di una proiezione, di un fantasma; il loro limite intrinseco più pericoloso risiede nella decontestualizzazione del soggetto fotografato.
La presunta riduzione del carico inquinante della centrale di Civitavecchia convertita a carbone, espressa oltretutto attraverso cifre palesemente errate rispetto ai modelli dichiarati da Enel per il progetto iniziale (successivamente ridotto soltanto del 25%), è, nel caso specifico, del tutto irrilevante.
La nuova centrale di Torre Valdaliga Nord, a carbone ovviamente sporco, emetterebbe ogni anno, nella “migliore” delle ipotesi, ca. 4000 tonnellate di ossidi di zolfo, ca. 6000 t di ossidi di azoto, ca. 800 t di polveri al camino, più una quantità incalcolata di polveri derivanti dalle emissioni delle navi carboniere e dalle attività di cantiere, di particolato secondario, di elementi notoriamente cancerogeni quali metalli pesanti e radionuclidi.
Tutto ciò in un quadro sanitario, quello di Civitavecchia, già definito nel 2004 dai periti nominati dal Tribunale di Civitavecchia nell’ambito della causa Ladispoli contro Enel, come evidentemente compromesso per l’incidenza nettamente superiore alla media di gravissime patologie; un dato volontariamente e vergognosamente soffocato dal precedente e dall’attuale Parlamento attraverso il comma 552 della legge Finanziaria del 2005, che ha impedito ai tribunali ordinari di dirimere le questioni riguardanti gli impianti di produzione di energia elettrica attribuendo la competenza al tribunale amministrativo.
A tale proposito, è opportuno ricordare come da quasi due anni si attenda il pronunciamento da parte della Corte Costituzionale sul dubbio di legittimità sollevato dal Giudice del Tribunale di Civitavecchia a proposito del citato comma 552, così come è doveroso evidenziare il comportamento indegno del legislatore che, con la mancata abrogazione del comma salva-Enel, continua ad impedire a tutti i cittadini italiani, e, nello specifico, a quelli dell’Alto Lazio, di tutelare la propria salute, stante la palese assenza di garanzie costituzionali, attraverso le vie legali.
Ciò detto, appare evidente che, al di là di qualsiasi certificazione (EMAS compresa), la centrale a carbone sporco di Torre Valdaliga Nord, ricondotta nel suo contesto, palesa tutta la propria devastante insostenibilità ambientale e sanitaria. Posto il paragone della scintilla in una stanza satura di gas, la centrale Enel rappresenta per la stanza-Civitavecchia un vero e proprio lanciafiamme. Lo sarebbe con qualsiasi combustibile fossile, metano incluso.
Astraendo dal particolare all’universale, se consideriamo le emissioni di anidride carbonica della centrale a carbone sporco di TVN, l’attentato alla salute degli abitanti dell’Alto Lazio, assume i connotati di attentato alla salute del pianeta.
Si tratta di oltre 10.000.000 di tonnellate annue di CO2 che, estorte, in virtù del sempre incestuoso rapporto tra lo Stato e l’Enel Spa, dalla componente più ottusamente sviluppista del Governo a danno, anche economico, di tutti gli italiani, ci sbattono letteralmente fuori dal già inadeguato Protocollo di Kyoto e ci conducono, in accelerazione, verso un precipizio, quello dei mutamenti climatici, ormai ben noto e paventato a livello mondiale e, come evidenziato negli ultimi giorni, costantemente all’attenzione dell’Unione Europea.
La soluzione c’è ed è a portata di mano: si faccia di Civitavecchia una “Città dell’Energia Pulita”, quella vera; in aggiunta all’istituendo polo di ricerca sull’idrogeno della Regione Lazio, lo Stato imponga, grazie al suo ruolo di grande azionista, all’ex Ente Nazionale la realizzazione, in alternativa alla centrale, di un impianto industriale di produzione di pannelli fotovoltaici.
Sarebbe una scelta in grado, a livello locale, di garantire occupazione in misura anche maggiore e, soprattutto, sarebbe un segnale di coerenza rispetto ai proclami, per ora vacui, del Governo (presidente in testa) sul ruolo centrale dell’ambiente, alle misure della legge Finanziaria sull’energia solare e al futuro (si spera!) “Conto Energia”.
Un passo significativo verso l’interruzione del delittuoso boicottaggio messo in atto da oltre trent’anni nei confronti dell’energia fotovoltaica dalle lobby nazionali e internazionali dei combustibili fossili e della produzione energetica.
Ma, si sa, la luce del Sole non costa nulla… Almeno finora.
NO COKE ALTO LAZIO