|
Viterbo
copyright Tusciaweb
|
- Forse ritrovata inselvatichita la carota di Viterbo.
In anni di osservazione ho avuto modo di constatare una diversa presenza della daucus carota (carota selvatica) sul prato calcareo-argilloso rispetto al terreno vulcano-tufaceo.
Nel primo si incontra diffusa in modo costante, nel secondo compare a macchia di leopardo.
Spiegavo questo comportamento con il fatto che il suo seme, una brattea spinosa, si attacca facilmente alla pelliccia delle greggi e viene trasportata anche lontano, mentre laddove ci sono terreni coltivati il pascolo è assente ed il seme rimane vicino a dove si è originato.
Successivamente, però, analizzando la radice ho notato delle differenze: bianca, fittonante e legnosa nei terreni calcarei; ingrossata, coriacea, bianca, ma a volte colorata nei terreni vulcanici.
Mi sono perciò convinto di trovarmi di fronte a due specie dello stesso genere: selvatica la prima, inselvatichita la seconda.
A questo punto sospettando che nei campi esistesse quello che a livello di sementi non esiste più, mi sono messo alla ricerca della “carota di Viterbo”.
In fondo, pensavo, la carota è una pianta forte, di notevoli dimensioni, in alcuni casi è considerata addirittura infestante è impossibile perciò che il suo seme non sia sfuggito alle coltivazioni riproducendosi negli incolti.
Dopo diversi tentativi infruttuosi mi sono imbattuto in alcuni esemplari di daucus dalla radice color viola pallido. Ora stanno in un vaso destinati a produrre semi che andrà successivamente selezionato.
Ma la ricerca di altri esemplari continua e una tappa di questa ricerca è l’escursione del 28 gennaio fuori porta Faul dove verranno identificate delle erbe selvatiche e si parlerà ancora della carota di Viterbo.
La partecipazione è libera e gratuita, ma va preannunciata telefonando alla sede di Accademia Kronos di mattina dalle 9,30 alle 12,00 entro venerdì.
L’obiettivo ambizioso è che possa costituirsi in quell’occasione una task force per la ricerca della Carota di Viterbo.
Giulio Signorelli