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Il ministro Mussi con Mancini
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Il ministro Mussi
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Il ministro Mussi
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La platea
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Il ministro con il preside di Lingue Manacorda
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- La Bersani è solo la fotocopia di una legge varata dal precedente governo.
In tempo di saldi, il rettore Marco Mancini non fa sconti e nel discorso inaugurale dell’anno accademico, di fronte al ministro Fabio Mussi, punta il dito contro un sistema, che anziché aiutare, rischia di soffocare gli atenei italiani.
Poco prima c’era stata l’inaugurazione dell’ultimo lotto a Santa Maria in Gradi, motivo di soddisfazione per avere recuperato un’area monumentale fino a qualche anno fa nel più completo abbandono.
Solo che il sorriso rischia di trasformarsi in una smorfia. Pensando all’autonomia universitaria, ad esempio.
Un’occasione persa. “Dal 2001 ricorda - quando nel nostro ateneo, come negli altri, si cominciavano a consolidare assetti organizzativi e gestionali autonomi, che sono intervenuti una serie di provvedimenti e una pletora di norme statali da cui è scaturita una forte battuta d’arresto nei confronti del processo d’autonomia”.
Il passato recente è da dimenticare. “Si è contraddistinto continua - per leggi e decreti in alcuni casi assai contestabili, dal decreto sul riordino delle scuole per interpreti e traduttori, all’istituzione e attivazione delle università telematiche senza acquisire alcun parere vincolante delle reti universitarie territoriali, alle contestate leggi che limitano fortemente la capacità di programmazione degli atenei.
Infine, la legge Bersani che altro non è pochi lo sanno che il frutto di un “copia-incolla” di una legge varata dalla precedente legislatura”.
Da una parte le norme, dall’altro gli investimenti, che sono sempre meno.
“L’attuale contesto finanziario sostiene - mina ogni certezza anche quella più banale di sopravvivenza. L’esiguità degli attuali finanziamenti ministeriali da un canto, la coatta riduzione delle spese dall’altro, contribuiscono a rendere difficile per l’ateneo finanche la corresponsione degli incrementi stipendiali al personale, la prestazione dei servizi agli studenti e il normale funzionamento delle strutture. Come non perdere in questo scenario la fiducia nell’autonomia intesa come strumento di sviluppo, di crescita e di differenziazione?”.
Nonostante tutto, l’università della Tuscia continua a crescere.
“Aumenta l’offerta formativa, la ricerca, la capacità di attrarre finanziamenti e il numero di studenti precisa il rettore - nonostante le mille difficoltà che incontra ogni ateneo pubblico per sopravvivere, figuriamoci per potersi sviluppare”.
L’ateneo è passato dai 7800 studenti del 2001 agli attuali undicimila. Dal 1984 al 2001 si erano laureati 2.979 studenti, dal 2002 ad oggi se ne sono laureati circa il doppio, 5.346
Le matricole erano 1.426 nell’anno accademico 2001/2002, sono state 2.885 nel 2005/2006.
Cresce anche il patrimonio immobiliare, dal 2000 in poi, in centro con il recupero del San Carlo e l’acquisizione delle ex casermette. Incrementi anche al Riello.
La superficie complessiva dei terreni è nel centro storico di 65.000 metri quadrati e al Riello di 400.500 mq.
Occorre tornare a investire. “Perché questo conclude Mancini risponde a una semplice logica di progresso. Perché senza un’università efficiente, il Paese non ha futuro”.
In prima fila c’era il ministro Mussi. L’augurio è che abbia ascoltato.