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Mimì pochi mesi fa in piazza e in comune per protestare contro la Ztl
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- E’ morto Domenico Caldarelli.
Novantasette anni (chi lo avrebbe detto?) di vita vissuta, è il caso di dire, fino all’ultimo.
La notizia, di per sé a parte la straordinarietà dell’età ai più potrebbe risultare non di particolare interesse. Una persona anziana che se ne va, senza particolari sofferenze, dopo una lunga vita.
E’ normale, naturale. Magari arrivarci.
Ma, invece, se n’è andato Mimì: personaggio di grande popolarità e simpatia, a Viterbo noto praticamente a tutti.
Il mitico commerciante abruzzese (molti, ammirandone l’arte della trattativa nel vendere lo hanno spesso scambiato per napoletano) trapiantato a Viterbo e divenuto a tutti gli effetti viterbese.
Io ero bambino, erano gli anni sessanta, e lo ricordo nel suo primo negozio, poco più di uno “straccivendolo”, in uno sgabuzzino sotto gli archi di peperino a Piazza del Gesù.
Con la fedelissima moglie, sempre vestita di nero, a fianco, a dare manforte.
Vendeva di tutto: tovaglie, lenzuola, mutande, maglieria.
La prerogativa principale, per le donne che all’epoca andavano a fare spesa da lui, era la “trattativa”.
Non si usciva pagando subito la merce, ma bisognava trattare. E con Mimì, tirare su un lenzuolo o sugli asciugamani era , oltre che necessario, divertente.
Al punto che, a Viterbo, questo tipo di vendita venne, oltre che battezzato con il nome dell’inventore, anche copiato da molti, da pochi, per la verità, con lo stesso successo.
Quel successo che Domenico Caldarelli invece - ebbe da subito per il suo modo gioviale e scherzoso, intelligente e pungente, di trattare il cliente e con il cliente.
In città, prima, e poi da tutta la regione e poi, ancora, da tutta Italia, era sempre più numerosa e pian piano più qualificata la sua clientela.
Ad un certo punto, quando in azienda fu affiancato dal figlio Franco (a cui vanno sincere condoglianze, è una grande perdita) le cose dovettero cambiare radicalmente.
Perché il figlio era un imprenditore moderno e con visioni, evidentemente, diverse dal padre.
Dal quale, però, aveva già carpito segreti e non disdegnò di copiare le modalità di comportamento per il successo commerciale, che oggi continua ad avere senza sosta.
Piazza del Gesù. Lo si deve molto anche a Mimì e alla sua famiglia il recupero immobiliare, architettonico e la notorietà di questo pezzo della Viterbo antica, che lui amava al punto di aver voluto che il figlio tutti i suoi negozi li concentrasse proprio lì. E anche la sua abitazione.
Era, come già detto, un mito Mimì.
Forse, a pensarci bene purtroppo - l’ultimo vero personaggio viterbese di quelli che non se ne vedono e, forse, non se ne vedranno più.
Lo abbiamo visto pochi mesi fa (a novantasette anni!) mettersi un cartello al collo e una trombetta in mano, andare a protestare sotto il palazzo Comunale per una storia di ZTL.
Lo ricordo teneramente qualche settimana fa, affacciato al balconcino della sua bella casa sulla “sua” piazza che controllava la passeggiata del suo cane.
Uno “nuovo", dopo che, poco prima, era morto “Pippo”, a suo modo cane anch’esso mitico, in simbiosi con il suo padrone e da questi amatissimo, ricambiato, e dal quale, in un certo senso , ha ricalcato la longevità.
Ieri mattina, quando sono passato sulla piazza con i miei cani, il suo non c’era, né lui era affacciato alla finestra. C’era un altro fedelissimo amico, Ugo, che - guardandomi - ha scosso la testa. E basta.
Arrivederci, Mimì.
Carlo Maria Cardoni