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Senza filtro
- I numerosi attentati incendiari che stanno incidendo sull’aspetto e la qualità dell’ambiente viterbese meritano la massima attenzione delle amministrazioni locali e di quella provinciale.
I comuni viterbesi non sono dotati del catasto degli incendi, strumento utile e obbligatorio dal 2000 la cui adozione ed attuazione ha permesso, ad esempio, dopo decenni di roghi la salvaguardia della Regione Liguria, unica in Italia ad essersi dotata per la quasi totalità del suo territorio di tale strumento.
E’ risaputo che dietro ad ogni incendio vi è una mano mossa da interessi personali.
Degradare aree ambientalmente protette o pregiate è fra gli obiettivi di speculatori edilizi, lo stesso per quanto riguarda il coinvolgimento di allevatori e pastori interessati a rinnovare ed ampliare in qualsiasi modo le aree di pascolo.
Non bisogna dimenticare o ignorare il fatto, poi, che la bruciatura delle stoppie dopo la trebbiatura è, sebbene punita severamente in molte altre parti d’Italia vocate alla coltura estensiva, una pratica adottata nonché impunita ancora pressoché ovunque nel Viterbese con lo scopo di reintegrare le componenti azotate al suolo, una pratica veloce che sostituisce però la più adeguata rotazione colturale che consente al suolo di rinnovare e non depauperare le proprie caratteristiche organolettiche.
Per non aggiungere delle tonnellate di anidride carbonica ed altri composti cancerogeni che, al pari di quanto avviene nelle economie agricole primitive amazzoniche ed indocinesi, vengono emesse ogni anno in atmosfera attraverso l’uso di tale pratica colturale.
Pochissimi gli incendi che si scatenano incidentalmente a causa della goffaggine dei turisti o dalla passione per il fumo degli automobilisti. Pochi nel viterbese anche i roghi causati da disoccupati che ambiscono alla manovalanza stagionale nei corpi forestali.
Specificatamente, visti anche i danni causati da mani criminali all’area archeologica “Ara della Regina”, sito di importanza comunitaria e patrimonio dell’umanità, e al Bosco della Turchina ci aspettiamo che in via preventiva almeno tutte le aree boscate del comune di Tarquinia, per la quasi totalità soggette ad uso civico, vengano poste sotto fattiva tutela con la creazione di un parco naturale riconosciuto e diretto in maniera adeguata da professionalità non improvvisate che sappiano avviare programmazioni pluriennali trascendendo la colore dell’amministrazione di turno e che consentano una costante e preparata vigilanza.
Nei boschi di Tarquinia abbiamo infatti il privilegio di ospitare specie faunistiche rare ma gravemente minacciate come il lupo e forse anche il gatto selvatico, oltre ad avere la presenza di specie botaniche pregiate ed habitat in via di rarefazione.
I numeri parlano chiaro: l’istituzione di aree protette non solo sulla carta è oggi il percorso obbligato che determina l’unica reale e duratura tutela ambientale, permette la diversificazione e l’incremento qualitativo dell’offerta turistica, genera valide e qualificate offerte di lavoro, valorizza il patrimonio immobiliare, favorisce il rinnovamento in agricoltura.
E’ urgente allora che ogni comune viterbese, a partire da quelli maggiormente soggetti e colpiti ultimamente da incendi, predispongano da oggi il catasto degli incendi, così come previsto dalla Legge n.353/2000, potendo così avviare sui territori almeno piani adeguati di intervento e di prevenzione di tali eventi.
Christiana Soccini