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- Sono più di 50 anni che la classe dirigente di Viterbo ogni tanto rilancia la questione della costruzione di uno scalo aeroportuale sui nostri territori.
50 anni in cui la stessa classe dirigente non è saputa andare al di là del proprio ombellico, senza la capacità di pianificare un futuro a misura di una economia sostenibile per la Tuscia.
L’ennesimo esempio ci è dato dal dibattito che si sta svolgendo sulla questione: in una provincia dove da anni permane una grave problematica di pendolarismo con Roma, dove da anni ci si batte per il raddoppio delle tratte ferroviarie per i collegamenti con la capitale, dove solo ora si è messo all’ordine del giorno l’operatività della costruzione della trasversale Orte- Civitavecchia, “Viterbo” si candida per “ospitare” il sito di un aeroporto Low-cost da 35mila utenze giornaliere. Bene, anzi male, è proprio il caso di dire: voliamo più bassi.
Cerchiamo la stessa unanimità e gli stessi entusiasmi per batterci per obbiettivi più conseguenti alle vere priorità dei nostri territori, mettiamo in campo una proposta forte per far si che per il viterbese prenda corpo un disegno ben più ambizioso e forse più complesso delle pensate di costruzione di mega opere, disegno che metta insieme in modo partecipato le grandi e piccole risorse di un patrimonio territoriale degno di migliore considerazione e di migliore classe dirigente politica ed economica.
Per fare questo non serve la politica delle grandi opere, serve un progetto condiviso ed a misura dei veri bisogni della nostra società e della nostra economia
Rifondazione Comunista, quindi non si unisce al coro dei tifosi dell’aeroporto,
perché crediamo che la pianificazione del territorio è una cosa seria, ed a maggior ragione in una terra ricca di valori naturali e storici qual è la Tuscia, prendiamo esempio da realtà a noi più vicine territorialmente e culturalmente.
I luoghi in cui viviamo sono il risultato di un processo millenario in cui la natura è stata fecondata dalla cultura e da questo rapporto prende origine un organismo vivente complesso che va compreso e rispettato nella sua dimensione di ecosistema, di paesaggio, di insediamento storico.
Questo modello è anche un modello di economia, vale a dire occupazione e lavoro buono.
Non condividiamo una concezione puramente economicista per la quale il territorio è un supporto neutro e inanimato, un foglio bianco su cui disegnare “funzioni”, poli, infrastrutture indipendentemente dal contesto.
Senza questa conoscenza profonda, che dovrebbe stare all’origine di ogni progetto, non esiste nessuna possibilità di sviluppo economico durevole e sostenibile.
Non concepiamo la nostra provincia come la periferia di una metropoli su cui riversare devastazione ed omologazione, ed è la stessa impostazione culturale che ci fa essere contrari alle centrali a carbone, agli inceneritori per i rifiuti ed a disinvolte operazioni urbanistiche che propongono un’espansione edilizia non necessaria.
Abbiamo inoltre grandi dubbi circa il fatto che le grandi infrastrutture possano interagire positivamente con lo sviluppo locale, che necessita di una visione alla scala che gli è propria, affrontando uno ad uno con serietà i problemi che ci competono ai vari livelli istituzionali.
Viviamo in un territorio che non è capace di gestire in modo efficace e redditizio neanche i rifiuti che produce, dove se un turista arriva (non certo per merito di una promozione che non esiste) non trova un servizio adeguato di informazione e di accoglienza, dove un agricoltore che vuole fare prodotti di qualità non ha un mercato, dove i lavoratori delle poche realtà industriali rimaste subiscono un graduale inesorabile processo di espulsione e l’elenco potrebbe continuare.
L’aeroporto non risolve nessuno di questi problemi.
Oggi tra i sui sponsor politici ci sono anche i titolari di questo fallimento, che spostano la discussione sull’ennesimo miraggio.
E’ lo stesso sogno che alcuni decenni fa ha portato alla realizzazione del grande distretto energetico sulle nostre belle coste, compromettendo altre possibilità economiche.
Se andate a chiedere ai cittadini di Tarquinia che hanno fatto lo sciopero della fame cosa pensano di quel sogno vi diranno che si è trasformato in un incubo.
Potremmo chiedere ai cittadini di Ciampino cosa pensano del “loro” aeroporto, di come ha migliorato la qualità delle loro vite e forse qualcuno subirebbe un brusco risveglio.
Torniamo con i piedi per terra.
Cosa succederà?
Nella prima ipotesi, che a noi sembra la più probabile (oltre alle dichiarazioni di entusiasmo si nota qualche significativo silenzio), l’aeroporto a Viterbo fortunatamente non si farà ed il problema sarà soprattutto di chi incautamente ha voluto mettere la propria faccia, facile bersaglio di una rumorosa campagna mediatica della destra che non è difficile immaginare.
Nella seconda ipotesi, improbabile, che l’opera si realizzi a Viterbo avremo perso un’altra occasione per la Tuscia e la nostra opposizione si concretizzerà in un lavoro di informazione e di proposta che ci vedrà coinvolti insieme a tutti coloro che pensano che il futuro del viterbese non può che passare per la valorizzazione delle sue peculiarità storico-artistiche e naturalistiche e non da quelle imposte da un’idea dello sviluppo superficiale e pericolosa.
Rifondazione Comunista
Segreteria provinciale Viterbo