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Vincenzo Camporini
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Riceviamo e pubblichiamo
- Il nostro Comitato propone il testo completo del discorso pronunciato dal capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare, Vincenzo Camporini. in occasione del recente convegno intitolato: ''Il trasporto aereo nell'Europa delle Regioni -il sistema aeroportuale del Lazio''.
Come si ricorderà tale incontro organizzato dal centri studi Demetra, aveva lo scopo di promuovere Frosinone. In realtà, invece, il convegno ha decretato Viterbo la sede più idonea per l’aeroporto laziale.
Lo stesso capo di stato maggiore dopo aver parlato dei costi economici e sociali del trasferimento delle base di Latina o Frosinone per lasciar spazio ad un aeroporto civile, ha ribadito che la scelta di quest’ultima ubicazione porrebbe serie difficoltà per l’agibilità di idonee e non penalizzanti procedure strumentali; ciò, per ragioni orografiche e meteorologiche.
Scelta che, tra l’altro, ma non darebbe alcuna risposta alla congestione dello spazio aereo sopra la capitale, aspetto che invece troverebbe naturale e adeguata soluzione con una scelta a nord di Roma.
Lo stesso Vito Riggio Presidente dell’ENAC- nel citato incontro romano ha affermato: Individuare il terzo scalo del Lazio ''a nord di Roma eviterebbe il sorvolo'' sulla capitale ''e l'interferenza con lo scalo di Fiumicino'' considerando che ''il traffico dei voli arriva da nord''.
Il Comitato Aeroporto di Viterbo
L'INTERVENTO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’AERONAUTICA “IL SISTEMA AEROPORTUALE DEL LAZIO”
Ho molto apprezzato questa iniziativa perché consente di approfondire una tematica importante in un settore di scottante attualità che vede coinvolto il mondo militare in quello dell’aviazione commerciale. Questa, peraltro, e tutta la complessa maglia di servizi e infrastrutture che orbita intorno ad essa, costituisce un settore che deve configurarsi come elemento strategico, moltiplicatore di risorse per lo sviluppo di un paese tecnologicamente avanzato quale l’Italia.
Dopo anni caratterizzati da timori e paure che ne hanno condizionato gli sviluppi, l’anno 2007 vede l’Italia quale polo di interesse di una consistente porzione del turismo mondiale, con rinnovate aspettative e mature opportunità di crescita.
Se effettivamente il paese sarà uno dei motori dell’industria del turismo europeo, maggiormente questo deve coinvolgere le varie istituzioni per accogliere al meglio, attraverso una sintonia di interessi, questa opportunità e, certamente, il sistema aeroportuale laziale occupa un posto di rilievo a livello nazionale.
In questo quadro, la mia presenza, quest’oggi, in veste di tecnico e di gestore di risorse aeroportuali militari conferitami dalla legge, può essere utile per fornire utili informazioni in relazione alle possibilità di sviluppo congiunto di talune di queste risorse.
Anticipo senza esitazione che l’Aeronautica Militare intende partecipare allo sviluppo di questo ambizioso progetto, portando in campo il proprio contributo a livello tecnico e professionale, per permettere di capitalizzare decenni di esperienza maturati nel settore aeronautico.
In prima analisi posso affermare che le tematiche di programmazione del trasporto aereo laziale rientrano, nell’ottica dell’Arma Azzurra, nel più generale contesto d’impiego degli aeroporti militari per esigenze del traffico aereo civile.
Come ho avuto modo di dire già in altre sedi, osservo che l’incremento globale di volume del trasporto aereo commerciale e la conseguente esigenza di nuovi scali sul territorio, ha comportato una proliferazione di richieste d’apertura degli aeroporti militari al traffico civile.
In tale contesto, infatti, sono da inquadrare le istanze che hanno recentemente interessato altre sei basi aeree (Amendola, Galatina, Frosinone, Latina, Piacenza e Sarzana Luni) che si aggiungono ai 18 aeroporti militari già aperti al traffico civile.
Pertanto, al di là della trattazione del singolo caso costituito dall’esigenza della Regione Lazio, l’Aeronautica Militare ravvisa la necessità di affrontare la problematica in un’ottica più allargata, al fine d’individuare delle linee d’indirizzo a carattere generale che corrispondano ad una strategia univoca, concordata e coerente nel tempo.
Nei confronti di queste istanze l’atteggiamento dell’Aeronautica è improntato alla più ampia attenzione nel valutare, senza pregiudiziali, le possibilità d’utilizzare gli stessi anche per scopi civili, in ragione della doverosa sensibilità per le esigenze di sviluppo delle realtà territoriali, a livello regionale e nazionale.
D’altro canto, è altrettanto evidente che la Forza Armata ha bisogno di salvaguardare il proprio sistema di basi aeree militari, come fattore essenziale ed imprescindibile per l’assolvimento della propria missione istituzionale.
Pertanto, per ogni ipotesi di sviluppo civile delle proprie basi, l’A.M. deve verificare attentamente la compatibilità dell’ipotizzato traffico aereo civile con l’attività militare.
Ricordo a tal proposito che l’operatività dello strumento militare aereo e delle sue capacità può essere perseguita solo salvaguardando il binomio aeromobile-aerobase.
L’elevata sofisticazione tecnologica dei moderni sistemi aeronautici, infatti, implica sia un complesso apparato di supporto tecnico e logistico sia la specializzazione dei sedimi aeroportuali soprattutto in termini d’infrastrutture dedicate.
Con tali premesse ed in un contesto ulteriormente allargato al sistema paese, ribadisco che l’iniziativa di un sistema aeroportuale laziale debba essere affrontata in un’ottica nazionale: credo infatti sia opportuno che le esigenze commerciali regionali e locali, da armonizzare con le esigenze militari, debbano essere contemplate in un piano generale degli aeroporti, mirato a garantire un ordinato e funzionale sviluppo del sistema aeroportuale nazionale.
Il motivo principe che sta alla base di questo ragionamento è inteso a mitigare e ridurre il rischio che una scelta di disimpegno da un aeroporto militare, con un trasferimento su un'altra base, possa scontrarsi con le posizioni delle nuove entità locali coinvolte nel processo.
Penso sia palese come una eventuale chiusura di talune basi aeree militari produca un impatto particolarmente rilevante e sostanziale sul tessuto sociale ed ambientale del territorio circostante, che generalmente si ripercuote su larga scala, talvolta con effetti macroscopici, sulla struttura socio-economica di un’intera regione o di più regioni.
In sostanza il trasferire enti di tale consistenza implica un’attività di concertazione a livello locale che abbraccia le associazioni sindacali, la capacità di assorbimento demografico di una comunità, la disponibilità di servizi e ancora più rilevante, un onere che aggrava le finanze dell’intero bilancio di taluni dicasteri.
Preciso che ogni considerazione deve anche appoggiarsi all’attento esame delle problematiche sociali legate al personale militare coinvolto, e soprattutto ai familiari, che non può e non deve essere sottovalutato e anzi richiede particolare attenzione e delicatezza.
In aggiunta, quale gestore della precipua attività aeronautica, in veste di tecnico, ho il dovere di sollevare opportune considerazioni sulle caratteristiche operative delle scuole di volo, incidentalmente presenti su Latina e Frosinone oggetto tra le altre delle recenti richieste di apertura al traffico civile.
È opportuno ricordare che le scuole di volo sono destinate ad addestrare i futuri piloti militari della nazione. Ne deriva allora che, per chiari motivi di tutela della sicurezza del volo generale che il mio ruolo istituzionale impone, sarò sempre attento affinché l’inesperienza di giovani apprendisti del volo non possa in qualche modo riflettersi sul livello di sicurezza del traffico aereo locale.
Colgo infine l’occasione per rappresentare a chi opererà nell’elaborazione di questi studi, che la scelta di taluni aeroporti per fini di sviluppo civile e commerciale, come è stato più volte ricordato dagli oratori che mi hanno preceduto, deve tenere in assoluta considerazione lo spazio aereo sovrastante, la disponibilità di servizi aeroportuali organici, e anche di infrastrutture logistiche quali collegamenti viari e ferroviari.
Il primo aspetto deve essere valutato in termini di congestione, disponibilità e funzionalità dello stesso, in relazione alla mappa globale nazionale del sistema spazio aereo.
Il secondo, quello relativo ai servizi, deve invece considerare anche l’effettivo e totale disimpegno della F.A. dall’esercizio di talune attività aeroportuali e dalla fornitura dei servizi per la navigazione aerea; ciò deve essere attentamente valutato perché potrebbe produrre costi al momento latenti, che vanno ad impattare sull’esercizio generale di un siffatto sistema e sulla sopravvivenza dello stesso.
In questo senso, calandomi nei panni di tecnico del volo e totalmente al di fuori del mio ruolo istituzionale, devo raccogliere gli stimoli offerti dall’amico DI PALMA; per affermare che una eventuale scelta di Frosinone porrebbe serie difficoltà per l’agibilità di idonee e non penalizzanti procedure strumentali; ciò, per ragioni orografiche e meteorologiche. Non solo, ma non darebbe alcuna risposta alla congestione dello spazio aereo sopra la capitale, aspetto che invece troverebbe naturale e adeguata soluzione con una scelta a nord di Roma.
Tornando ora a trattare gli aspetti relativi agli oneri gestionali ritengo opportuno informare che nel corso degli ultimi anni l’Aeronautica Militare ha continuato a dedicare una cospicua porzione del proprio bilancio per l’esercizio funzionale di taluni scali militari aperti al traffico civile con costi compensati solo marginalmente.
Sottolineo questo aspetto solo per far comprendere che la Forza Armata sostiene con proprie risorse una gamma di compiti sotto certi aspetti secondari rispetto a quelli istituzionali della difesa. Situazione eccezionalmente grave se inquadrata nella attuale circostanza caratterizzata da bilanci particolarmente limitati con cui si deve garantire l’approntamento delle forze.
Infine, è opportuno sottolineare che l’Amministrazione Difesa (ed in primis l’A.M.) ha già inteso trattare in modo organico la problematica inerente al trasferimento/apertura degli aeroporti militari al traffico civile, stipulando, in data 14 ottobre 2004, un apposito protocollo d’intesa interministeriale con i Ministeri dei Trasporti e dell’Economia e Finanze, nel cui ambito sono stati individuati 15 aeroporti militari da transitare al demanio statale, ramo trasporti aviazione civile. Intesa che, per motivi di varia natura, non ha ad oggi trovato concretizzazione.
Tuttavia, mentre la conclusione del processo di cambio status per tali scali richiederà presumibilmente tempi ancora lunghi, sono sempre più pressanti le richieste d’apertura che interessano altri aeroporti non inseriti in elenco.
Col rischio di ripetermi, ribadisco che la Forza Armata manterrà un atteggiamento di piena attenzione, ma con la dovuta cautela, e metterò a disposizione tutta l’esperienza posseduta dallo Stato Maggiore Aeronautica per offrire un’oculata opera di consulenza, affinché la scelta dei futuri aeroporti laziali sia la più tecnica ed efficiente possibile.
Vincenzo Camporini