Riceviamo e pubblichiamo - Domenica andrò a votare per eleggere il segretario del futuro Partito Democratico.
E’ un avvenimento di rilievo perché non limitato agli iscritti Ds e Margherita, ma aperto ai cittadini. Un segretario che non rappresenterà solo il nuovo partito ma che sentirà su di se’di essere espressione di larga parte della società.
Si tratta, a mio giudizio,di una prima risposta a chi parla di “circolo chiuso”, di “casta”, di “separatezza”. E’, dunque, un segnale significativo per lo stesso modo di essere del Pd che non potrà non tener conto del suo marchio d’origine.
Sono anche convinto che l’incontro tra la sinistra riformista e i cattolici democratici potrà sfociare-sarà un processo, non una conseguenza immediata- in un partito inedito per le scelte concrete, non viziate da astratte ideologie, in campo nazionale ed internazionale, per la propria vita interna e per i rapporti con il vario articolarsi della società.
Scelte concrete, dicevo, perché devono derivare dalla consapevolezza che il capitalismo nel quale siamo immersi non va superato, ma corretto, soprattutto se tende attraverso un liberismo estremo, a farsi selvaggio, a calpestare ogni principio, ad opprimere i deboli, a creare nuovi poveri.
Non sono questi i valori del socialismo democratico praticato in tanti paesi? Difficile negarlo.
Avverto - ed è una prima osservazione - un certo fastidio quando ascolto o leggo un’enfasi spropositata.
Sul futuro Pd si stanno, infatti, caricando aspettative di ogni genere, quasi dovesse risolvere, una volta nato, tutti i mali del Paese. E’ una visione “miracolistica”che può provocare nuove disillusioni le cui conseguenze graverebbero su tutti.
Ricordo che nel 1966 il Psi di Nenni e il Psdi di Saragat che, dopo i fatti di Ungheria, avevano insieme contribuito alla nascita del primo centro sinistra, si unificarono.
Vi fu grande entusiasmo, ma alle elezioni del 1968 il Psu, così si chiamava il nuovo partito, prese meno voti di quanto non ne avevano raccolti i due partiti prima dell’ unificazione ed il Psu si sciolse!
Cautela e prudenza non dovrebbero mai essere abbandonate.
Un’altra osservazione. La nascita del PD doveva contribuire, oltre ad unire i riformisti, a semplificare la politica, segnata da una miriade di partiti, in particolare nello schieramento progressista. Così non è stato.
Mussi ed Angius vanno ognuno per la propria strada, rinasce il Partito socialista, Dini ha formato un suo movimento, Mastella guarda a Casini ed entrambi puntano ad un “governo tecnico”.
Potranno, così, scardinare i due poli, dar vita, così sperano, ad un grande centro con l’ambizione di mettere fuori gioco gli estremisti dei due schieramenti. Altro che semplificazione!
Un’ultima considerazione e non di poco conto.
Il Governo Prodi è sempre più legato a un filo. E’ sorprendente come un Governo in carica, invece di ricevere in Parlamento nuovi consensi, veda al Senato diminuire i sostenitori.
La verità è che Prodi è stato lasciato solo nella fossa dei leoni. Tutte le energie sono state concentrate sulla nascita del Pd che dovrà, almeno nell’immediato, continuare a fare i conti con i massimalisti, con i neo-com, con Mastella e Dini.
I pericoli che il Governo quotidianamente corre sono stati sottovalutati. Nuove elezioni ravvicinate risulterebbero rovinose per il centrosinistra.
Sarebbe stata necessaria, allora, una più attenta valutazione della situzione politica ed operare con il massimo impegno per aiutare il Governo nel suo difficilissimo cammino, divulgando le sue realizzazioni. Forse il Pd poteva attendere qualche mese.
Mi si potrebbe chiedere perché vado a votare, se mantengo delle riserve.
Rispondo perché, essendo un ottimista, credo in una politica più umana, più comprensibile dove i cittadini non siano spettatori, ma protagonisti e spero che finalmente si affermino i principi e i valori del socialismo democratico, come avviene in larga parte del’Europa.
Può essere questa la missione del Pd? E’ presto per affermarlo, ma ad esso si puo’ guardare.
Oreste Massolo