Riceviamo e pubblichiamo - Egregio direttore,
nella disattenzione generale e forse autorizzata sta scomparendo di fatto nelle aziende la figura dell’apprendista, che non sto qui a ricordare quanto significativa in bene (e in male) sia stata nella storia del lavoro e dell’accesso ad esso da parte dei giovani.
Indirizzo a lei un’affermazione in qualche modo apodittica (e provocatoria) perché leggendo le “pagine” di Tusciaweb non può sfuggire l’attenzione giustamente riservata alla sostanza degli sviluppi futuri di tante quotidiane dispute dialettiche e pseudopolitiche che quegli sviluppi più o meno sottendono.
Intendo dire: non credo che un aeroporto faccia trasformare un rospo in principe (o una cittadina di provincia piuttosto arretrata nel fatidico paese di Bengodi), ma nemmeno che sia utile evitarlo per conservare una pace secolare (o medioevale o giù di lì) che per quel che mi riguarda ritengo persino asfissiante.
Intendo dire, e anche dai toni di Tusciaweb mi pare di ricavare un’interpretazione critica che supera le singole prese di posizione: non ritengo interessante se i leader locali di un partito nuovo (nel nome o nei fatti, chissà…) si chiamino Sposetti e Fioroni o Fioretti e Sposoni.
Quel che conta è cosa toccherà alla gente, tutta. E cosa toccherà sarà anche il risultato positivo o negativo della dialettica tra posizioni per qualche motivo contrapposte.
Torno alla figura contrattuale dell’apprendista (già non poco appesantita dai maggiori costi contributivi in vigore da inizio anno): le recenti e confuse norme che sarebbe qui lungo e difficile illustrare in modo compiuto, una serie robusta di incombenze e di nuovi costi e di sovrastrutture (la trasformazione in “professionalizzante”, un misterioso ente locale bilaterale, una risibile e non meno misteriosa istruzione esterna, nuove figure e nuove espressioni che andranno ad appesantire costi e procedure) rendono non più appetibile e ancor peggio insidiosa per l’azienda l’assunzione e la gestione del “povero” apprendista comunque ancor meno protagonista ma sempre più comprimario.
Quel che scrivo riguarda appena l’azienda che dirigo (in Gescom spa si sta comunque forzatamente decidendo di evitare d’ora in poi l’assunzione di personale con contratto di apprendistato), ma è facile prevedere che tutto questo provocherà un aumento del lavoro nero che per quel poco che posso osservare già mi sembra a Viterbo incredibilmente ingente e scarsamente perseguito (in special modo laddove è parziale, ovvero firma sulla basta paga a fronte di retribuzione reale inferiore, evasione fiscale annessa ed impunita), e ancora una difficoltà crescente nel reperimento della prima occupazione o giù di lì da parte di ventenni o poco più, ovvero la “mera” soluzione (per chi ne avrà a gioire) dello sbandierato problema del precariato: i precari di ieri non lo saranno più, perché non lavoreranno affatto o dovranno subire l’umiliazione del “nero”.
Tutto senza che nemmeno sulla carta sia destinato un euro in più al lavoratore, solo maggiori profitti e intrusioni da parte del cosiddetto “generone” (o apparato “parapolitico”), che certamente avrà il controllo e la gestione di enti ed istruzioni, commissioni e stanziamenti.
Per essere chiari e spero sin troppo pessimisti: il giovane di vent’anni, o poco più, diplomato o laureato che sia, avrà tante maggiori difficoltà a cominciare a lavorare in maniera adeguata, se ci riuscirà non guadagnerà affatto di più, ma all’azienda nell’eventualità lo assumesse costerà molto di più in soldi e in pubbliche tagliole. Il ventenne e il ventiseienne non lavoreranno affatto regolarmente a meno che non siano per singolari motivi genetici o ambientali dei novelli Einstein.
Roba di poco conto, direttore, se però paragonata a quel che significa assumere stranieri (anche comunitari): da una parte l’azienda (quella seria) che deve arrovellarsi sul come fare e comunque spendere, da un’altra il “parapolitico” di cui sopra che si ingrassa, in un cantone lo straniero per lo più discriminato e ricattato e sfruttato.
O perlomeno costretto a file interminabili presso sportelli pubblici. E devo chiedermi se anche per forza indirizzato ad attività criminogene.
Non so dire se a tutto questo sia lecito ed utile rispondere con l’antipolitica (che va di moda non certo per disegno del maligno); certo è, ed evidente, il fallimento della politica.
Si può risollevare la situazione con un volo low cost o tornando al trasporto di persone e merci tramite carro con buoi? O con qualche altra nuova formula partitica da proporre a primarie ormai panacea dichiarata di tutti i mali?
Invidio sinceramente chi ritiene di conoscere risposte sicure a queste domande.
La ringrazio dell’attenzione.
Ettore Segatori
Gescom spa