Riceviamo e pubblichiamo
- Si attendeva da tempo un autorevole pronunciamento politico da parte di un qualche esponente prossimo al governo regionale di centro-sinistra.
La risposta fornita dal consigliere Parroncini appare però priva di ogni significativo spessore rispetto alle ragioni addotte a sostegno della “Rimodulazione Rsa”.
Non è il caso giustificare un provvedimento così indifendibile la rimodulazione diaria giornaliera Rsa - con il mero criterio dell’adempimento del “Patto per il risanamento, lo sviluppo, il riequilibrio e la modernizzazione della Sanità del Lazio”, attraverso l’attuazione del D.P.C.M del 14 febbraio 2001.
Non esistevano a carico del governo regionale del Lazio vincoli per l’attuazione del patto, che comportassero espressamente un’azione economicamente così forte e insostenibile proprio sulle categorie con maggiore bisogno assistenziale.
La scelta di Marrazzo e degli altri esponenti di giunta appare come un “raschiare il barile” proprio sul punto più fragile, fino alla corrosione del legno.
E’ sembrato che criterio principale nell’assunzione del provvedimento della “Rimodulazione diaria RSA” sia stato quello meramente ragionieristico, in assenza di ogni altro elemento decisionale contraddistinto dal rigore di una sana politica sanitaria a favore delle esigenze assistenziali di categorie convenzionalmente “deboli”.
E’ un puro tentativo mistificatorio la dichiarazione che vorrebbe “coniugare le ragioni del risanamento con quelle di un accesso equo alle prestazioni”. Si vorrebbe in realtà finanziare con i soldi degli ospiti delle Rsa un’illusione contabile da presentare al governo centrale con lo scopo di un ripianamento di bilancio. Sono ben altri gli interventi concreti che dovrebbero essere avviati per “il riequilibrio e la modernizzazione della sanità del Lazio”.
Il “criterio di equità e proporzionalità” che secondo Parroncini contraddistingue la rimodulazione dei costi per gli assistiti nelle Rsa si è subito palesato critico e fallimentare. L’aumento percentuale sulle vecchie tariffe (dal 60 al 100%), la “forbice troppo ampia” tra le due soglie di reddito individuate (13.000 e 25.000 euro), ed altre incongruenze non minori.
Il previsto “stanziamento economico di 6milioni di euro per gli oneri riguardanti appunto la rimodulazione con particolare riguardo alle esigenze ed i compiti riguardanti i comuni” si è rivelata una copertura economica inconsistente rispetto ai reali costi a carico degli enti locali chiamati alla compartecipazione per le spese di diaria.
Inutile sottolineare che le garanzie a cui l’onorevole Parroncini fa riferimento (il riconoscimento del diritto a mantenere, anche in regime di ricovero, la pensione sociale o il suo equivalente economico dal reddito percepito) finiscono di fatto per essere disattese.
Tale aspetto economico, non per ultimo, finisce per rappresentare un miraggio proprio per quegli ospiti meno abbienti che maggiormente dovrebbero essere tutelati sul carico economico, proprio in virtù del tanto enfatizzato “principio di equità”.
Questi e altri numerosi elementi di franca criticità già evidenziatesi, rendono la delibera sulla “rimodulazione” una “sperimentazione fallita” nelle fasi più precoci della sua applicazione, imponendo scelte di governo di ben diversa ispirazione e di reale garanzia socio-sanitaria per gli utenti delle RSA.
Nel frattempo le case di cura fatturano, i comuni non sono in grado di sostenere la quota partecipativa e tutto porta ad un grande caos procedurale e naturalmente a rimetterci sono gli ospiti delle RSA ed i parenti. Francamente mi aspettavo (ed insieme a me molti cittadini ed utenti) di più da un importante ed influente capogruppo che sostiene la giunta Marrazzo.
Francesco Battistoni (FI)