Riceviamo e pubblichiamo - L’associazione Aforsat vuole dire grazie a chi vorrà concedere spazio a dei cittadini italiani che non hanno voce.
E’ molto difficile, infatti, parlare a chi non vuole sentire. Siamo costretti a ciò per amore e rispetto nei confronti dei nostri genitori e dei nostri parenti, nella maggior parte dei casi anziani e malati, che sono ospiti della rsa della Regione Lazio.
Da quando la Giunta regionale presieduta da Piero Marrazzo, con delibera n° 98 (pubblicata sulla gazzetta ufficiale il 30.04.07) ha stabilito che i ricoverati nelle rsa del Lazio dovranno pagarsi il 40 o 50% della retta giornaliera nelle strutture, i loro familiari e non i diretti interessati perché, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono in grado di comprendere la realtà circostante, o, anche nei casi in cui lo sono, vanno protetti dalle ingiustizie e dalle umiliazioni - vivono in uno stato di grande prostrazione, rabbia ed impotenza.
Ci sembra opportuno precisare che i ricoverati già pagavano quote per loro di tutto rispetto (880 euro), per cui incrementare dall’oggi al domani le rette in modo così rilevante (anche di oltre 500 euro) ha significato per quasi tutti gli utenti la richiesta ai Comuni di residenza dell’integrazione della retta, con una trafila presso gli uffici dei Servizi sociali ad oggi inutile e, soprattutto, umiliante.
La delibera regionale, che usa termini quasi musicali come “rimodulazione”, in realtà per noi familiari non solo non è chiara nei vari passaggi, ma non è equa nell’applicazione dell’Indicatore di situazione economica equivalente (Isee), dato che stabilisce dei “paletti” a nostro avviso molto drastici e di fatto facilmente superabili dai Regolamenti dei singoli comuni.
Entrando nello specifico,
- se l’importo reddituale dell’ospite non supera i 13 mila euro, la quota da versare a carico dell’assistito è il 40%, con l’integrazione del Comune di residenza;
- se il reddito annuale Isee supera i 13 mila euro fino a 25 mila euro, la quota a carico dell’assistito è sempre il 40% senza il concorso del Comune competente territorialmente:
- se il reddito annuale Isee è superiore ai 25 mila euro, l’assistito deve pagare il 50%.
Il primo “paletto”, che comprende la fascia della popolazione meno abbiente economicamente, costringe a trafile incresciose presso i servizi sociali, senza però ottenere alcun risultato utile, perché i Comuni del Lazio, (esclusa la Roma di Veltroni!) affermano di non avere fondi, non integrano i pagamenti e costringendo così strutture sanitarie ed ospiti ad un braccio di ferro per l’ottenimento dei diritti palesi di entrambi.
Nel secondo scaglione rientrano anche i pazienti con 13.050 euro di reddito Isee: per soli 50 euro non gli è permesso neanche di inoltrare domanda al Comune, facendo diventare il problema solo dei suoi famigliari e di nessun altro.
Uguagliare gli ospiti che hanno redditi che superano i 13 mila euro fino a 25 mila euro ci sembra non adeguato, perché chi possiede 25 mila euro anni ha quasi il doppio del reddito di chi supera di poco i 13 mila.
Noi riteniamo giusto pagare un servizio offerto dallo Stato, e riteniamo fattibile anche un aumento equo, in relazione però alle risorse economiche dell’ospite, ma non possono essere cambiate le cose e trasportate ipso facto il tutto con aumenti di gran lunga superiori alle entrate individuali di ciascuno.
Riteniamo inopportuno e inadeguato l’aver creato livelli di quote all’interno della stessa struttura che ad oggi non differenzia i servizi riservati agli ospiti, che hanno tutti, sia chi paga di più che chi paga di meno, gli stessi identici servizi.
Di fronte a sperperi di denaro pubblico che quotidianamente leggiamo sui giornali, creare un caso di pressione economica solo ed unicamente su persone, che nella stragrande maggioranza sono gravemente invalide e bisognose di cure ed assistenza continua, è veramente un atteggiamento insensibile e controproducente.
Noi familiari abbiamo molto sensibilizzato su questo tema sia gli esponenti politici che l’opinione pubblica, non per mero individualismo, ma perché ciò può riguardare il futuro di molti di noi. Pagare rette che arrivano a 1500 euro ed oltre non è possibile per persone con entrate medio-basse e su questo deve riflettere anche chi adesso per fortuna non si trova a dover affrontare da vicino il problema delle rsa.
Anche richiedere una documentazione contenente tutto ciò che un anziano possiede, ciò che ha messo da parte con sacrifici e che potrebbe dover usare per le proprie spese mediche, è francamente un aspetto che fa molto riflettere su come vengano tutelate e rispettate invalidi civili e anziani in genere.
Quello che indigna ulteriormente, però, è che, nonostante i nostri appelli all’equità e al rispetto di questa fascia di cittadini italiani, (forse sarebbe diverso se non lo fossero?), nessuno ha sentito il dovere morale di occuparsi concretamente, al di là delle chiacchiere, di un simile “sopruso”.
Si prosegue imperterriti con l’applicazione di questa delibera regionale, seguita da una comunale anch’essa iniqua, dando a noi familiari l’impressione di voler seguire il noto detto dantesco “Non ti curar di loro ma guarda e passa”.
Aforsat
Associazione familiari degli ospiti delle Rsa della Tuscia