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Viterbo - Punto di fuga di Vignati di ritorno dagli Usa
L'America ce la farà!
di Stefano Vignati
Viterbo - 18 dicembre 2008 - ore 13,00

Freedom Tower
La bandiera dei bambini
Travi fuse
Marra, Nigro, Vignati, Bruschini
- Che con l’elezione di Obama si respiri negli Stati Uniti un’aria nuova densa di aspettative e di speranze, molte delle quali diciamo pure al limite di un’umana possibilità di realizzazione, questo è indubbio.

E cosa ancor più certa è che, terminata la campagna elettorale, quando la “possibilità” si è trasformata in “certezza”, quando l’emozionante anelito da “sabato nel villaggio” è divenuto l’amaro in bocca della domenica sera, questa enorme responsabilità ha pesato sul presidente eletto come un macigno.

Si è risvegliato così da un sogno. Di lunedì mattina. La prima cosa che balza agli occhi di tutti, vedendolo apparire in Tv è che ora il suo volto e il suo sorriso, che avevano affascinato il mondo intero, hanno perso quel fulgore smagliante da divo di Hollywood e l’uomo Obama sembra come invecchiato, così d’improvviso, di dieci anni.

L’America, il gigante invincibile, che aveva piegato un ginocchio sotto l’offensiva di AlQaeda nel 2001, ancora una volta sembra vacillare.

Questa volta però sotto una crisi economica che non accenna a risolversi e che non poteva rappresentare per il presidente un banco di prova più arduo, un “esame” con tutti i popoli della terra in commissione.

“Ma l’America ce la farà!”

Questo è quello che sento mentre osservo il fervente brulichio da formicaio che caratterizza Ground Zero e la sua ricostruzione a tutte le ore del giorno.

Una gru alta come un palazzo di cinquanta piani lascia dondolare il suo cavo d’acciaio ed all’estremità sfodera un’enorme gancio dipinto a stelle e strisce. Non posso trattenermi dal fotografarlo.

La caserma dei pompieri, proprio adiacente al World Trade Center e miracolosamente sopravvissuta al disastro, è ora un museo.

Già di buon mattino davanti all’entrata c’è una lunga coda di visitatori che oggi nella fattispecie sono per la stragrande maggioranza italiani, anzi di Viterbo e di Roma.

Sono gli amici dei Rotary Club, di cui anch’ io faccio parte, capitanati dai rispettivi presidenti Stefano Marini Balestra ed Enrico Bruschini e che stamani incontreranno Daniel Nigro, il comandante dei vigili del fuoco di New York (FDNY), per consegnargli personalmente un contributo per le famiglie dei colleghi scomparsi.

Nigro sarà la nostra guida d’eccezione in un viaggio nella memoria, se pur recente, che per tutti noi resterà indelebile.

Oggi accompagnerà noi, sette anni fa guidava i suoi uomini all’ interno della torre Nord, la prima ad essere colpita.

Allora era vice-comandante e fu lui, capendo che la torre iniziava a collassare, a dare il dietro-front al secondo drappello di vigili che stavano salendo, evitando così un ulteriore carneficina. Con lui un’altro Italo-americano, che per me personalmente è anche un caro amico: Vincenzo Marra.

Le nostre strade si sono incrociate nel 2006 mentre io lavoravo negli Stati Uniti ad un progetto che mirava al perfezionamento sull’interpretazione dell’opera italiana dei giovani cantanti lirici nelle principali università degli Stati Uniti e lui fondava e promuoveva la sua Ilica (Italian Language Intercultural Alliance), un progetto atto a conservare la lingua e la cultura del nostro Paese all’interno delle numerose comunità italo-americane e per le nuove generazioni.

Vincenzo, già vicepresident del Niaf (National Italian American Foundation), a fianco del 'chairman' Frank Stella, e ambasciatore dell'Order Sons of Italy, è uno che la beneficenza la fa sul serio.

Nel suo ufficio a Madison Avenue, tra le foto che lo ritraggono con tutti i presidenti e le personalità più eminenti del globo, c’è un quadruccio che la città di New York ed il sindaco Rudolph Giuliani gli hanno donato in segno di riconoscenza per aver inviato, a sue spese, dopo il crollo delle Twin Towers, due tir per lo smaltimento dei detriti.

Dietro il vetro, sopra una targhetta dorata dai toni toccanti, c’è proprio un pezzetto delle Torri, quel muro disintegrato e divenuto pietra tombale per oltre 2.700 esseri umani.

Daniel Nigro, descrive, ricorda quel giorno e tutti i particolari, con lo sguardo perso nel vuoto. Dopo un percorso di dolore, tra i filmati, che tutti abbiamo visto decine di volte, proiettati sulle pareti, interviste ai superstiti, macabre teche che racchiudono finestrini e parti degli aerei assassini, borse e cellulari dei viaggiatori, divise dei pompieri lacerate e consunte dal fuoco e centinaia di fotografie appese alle pareti dedicate ai missino, si arriva nella stanza, per così dire, “della speranza”

Ecco il Progetto. La risposta degli Stati Uniti. La forza e l’unità del popolo americano.

La Freedom Tower, il grattacielo piu' alto del mondo che sorgerà nel nuovo World Trade Center sara' alto 1776 piedi (541 metri), in onore dell'anno in cui gli Stati Uniti firmarono la loro dichiarazione d'indipendenza. La sua conclusione è fissata per il 2013, e a questo si lavora febbrilmente. Nelle due voragini lasciate dalle fondamenta delle due torri verranno costruiti due musei. Per non dimenticare mai.

La nuova torre sarà sormontata da una cuspide lanciata nel cielo in posizione simmetrica alla torcia della Statua della libertà e gli uffici e negozi saranno collocati in realtà solo fino al 65° piano, permettendo così a chi vi lavorerà di essere ad un'altezza dal suolo assai meno rischiosa degli oltre 100 piani delle Torri Gemelle, visto che infatti le vittime dell'11 settembre 2001 si trovavano quasi tutte al di sopra dell' 80° piano.

Gli Stati Uniti con tutti i loro difetti e tutte le loro contraddizioni, ci insegnano che la bandiera non si espone solo in occasione dei Mondiali di calcio, ma ogni giorno dell’anno e soprattutto nei momenti di crisi. Per superare il guado uniti, tutti, bianchi e neri, di destra e di sinistra, nel solo interesse del Paese.

Questo per noi ancora non è chiaro. Per loro sì. Per questo sono convinto che anche questa volta il Gigante incasserà il colpo e risolleverà la testa, trascinando con se il Mondo intero fuori dalle acque dell’Acheronte. L’America ce la farà!

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