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Viterbo - Il consigliere Talotta e un'ex dipendente del Comune di Vetralla esprimono solidarietà a Barbaranelli
"Non arrenderti Pietro, non sei solo!"
Viterbo - 5 dicembre 2008 - ore 18,30

Pietro Barbaranelli, dipendente della Vetralla Servizi
- Roberto Talotta, consigliere comunale Pd

Caro Pietro,
dopo l’accorata lettera inviata a tua madre e che fa seguito alle tante manifestazioni di protesta da te intraprese per difendere disperatamente il tuo lavoro e i tuoi diritti, voglio tornare sull’evento che ti fa partecipe sempre più in una storia dai risvolti tanto drammatici quanto vessatori.

Ha ragione colui che ha definito la “perdita del lavoro come la perdita dell’anima”, come una delle cose più crudeli che possa accadere a una persona, alle sue aspirazioni, ai suoi bisogni e alla sua progettazione di vita.

Come ti sarai accorto, in questa nostra società sempre più povera di solidarietà e di sani valori, l’emarginazione, lo svilimento della persona e della sua dignità umana, hanno preso il sopravvento su tutte le logiche esistenziali, portando, spesso, i lavoratori come te da una situazione di iniziale disagio a uno stato di crescente tensione che, in tempi brevi, conduce a un angoscioso danno esistenziale sulla qualità della vita.

Non è vero che non ci sono soluzioni alla tua vertenza, alle tue richieste e ai tuoi diritti.

E' vera, invece, l’esistenza di una disinformazione amministrativa e gestionale che ha indebolito il concetto di lavoro e il suo valore sul mercato, creando un significativo distacco tra coloro che già sono stati assunti nella pubblica amministrazione tramite i cosiddetti “cantieri scuola” e chi, come te, aspetta ancora una concreta risposta dai rappresentanti delle istituzioni che sembra non giungere mai.

Abbiamo la sensazione di vivere in un’altra epoca, di essere tornati indietro nel tempo, quando si approvavano leggi e regolamenti che limitavano fortemente le aspettative dei lavoratori, spesso abbandonati alla mercé di “ricette padronali” fatte di sfruttamento e di miseria crescente per moltissimi operai.

Caro Pietro, in questo momento, posso confermarti che, a fronte dei pochi amministratori e autorevoli personaggi, ai quali hai rivolto il tuo ripetuto e disperato appello e che mostrano inconsapevolezza alla tua ansia e alla tua sofferenza, ci sono tante persone che seguono con trepidazione l’evolversi degli eventi, con la speranza di una affermazione, di una vittoria legale sull’intera questione inerente la “Vetralla Servizi”.

Contro l’ottusità e la “cecità amministrativa” di coloro chiamati in causa dal tuo specifico e singolare caso che, è bene ricordarlo, rappresenta la “punta dell’iceberg” nell’attuale mondo del lavoro, sempre più avaro di sicurezza e di progettazione per tantissimi salariati, occorre intraprendere una lotta sindacale e politica che trovi protagonisti attori combattivi e determinati nel portare a termine le tue sacrosante rivendicazioni.

Per quanto mi riguarda e al limite delle mie possibilità, cercherò di adoperarmi ancora affinché il tuo calvario resti sempre vivo e partecipato fino a quando la giustizia e il buon senso ti ripagheranno delle tante peripezie che stai soffrendo insieme alla tua famiglia e a tutti coloro che ti stimano e che ti vogliono bene.


"Non arrenderti, Pietro, non sei solo!" - Laura Raggi, geometra

Spero che questa lettera non verrà censurata.

E' di forte solidarietà e ammirazione verso un ragazzo che sta gridando a tutta voce quello che nel giro di poco tempo è accaduto nel nostro Comune.

Io mi chiamo Laura Raggi e sono un geometra che ha lavorato al Comune di Vetralla per otto anni.

Sono una collega di Pietro Barbaranelli e di tutti i ragazzi della Vetralla Servizi.

Anche se non ero con lo stesso contratto abbiamo affrontato le stesse difficoltà.

Abbiamo lavorato nelle stesse condizioni e con la stessa grande voglia di fare, che contraddistingue noi giovani.

Eravamo entusiasti del nostro lavoro e cercavamo di farlo al meglio, infatti abbiamo lavorato senza contratto, senza straordinari, senza ferie pagate e senza un minimo riconoscimento, ma questo non ci ha demoralizzato.

Siamo andati avanti perché il nostro lavoro ci permetteva di costruire la nostra vita, la nostra famiglia e tutto quello che i nostri grandi esempi, cioè i genitori, hanno fatto per noi.

Ma forse per causalità o non so subito dopo il grande ribaltone politico, fatto dal sindaco Massimo Marconi, la nostra vita è mutata, portando dei forti cambiamenti oltre che verso le nostre persone e le nostre prospettive, anche verso chi ci sta accanto.

E' cresciuta in noi la sensazione di impotenza forte e spesso difficile da affrontare, per dei ragazzi che per anni si sono impegnati in un lavoro, che poi alla fine, è risultato solo una grande perdita di tempo.

Capisco lo sconcerto di Pietro e ammiro la sua forza nei grandi passi fatti, difficili per un ragazzo della sua età, per riottenere un posto di lavoro che a mio avviso gli spetta di diritto.

Fino a pochi giorni prima del ribaltone, tutti, compreso il nostro sindaco Marconi, erano contenti del nostro operato.

Infatti, nei primi mesi del 2007, hanno rinnovato il mio contratto per un anno, perciò la mia vita procedeva in tranquillità, senza il minimo dubbio che un terremoto potesse sconvolgerla.

Invece, dopo il 14 febbraio, giorno in cui la situazione politica del Comune è cambiata, mi sono trovata disoccupata.

Arrivo a lavoro e mi trovo fuori dall’ufficio, le mie chiavi non aprivano ed ero impossibilitata a iniziare la mia solita giornata lavorativa.

Comunque accetto la situazione. Da oggi per entrare a lavoro dovrò aspettare che arrivi la collega o il dirigente, ma non c’era nulla di particolare in questo, fino a quando ho appreso che anche il lavoro che svolgevo non poteva essere più fatto.

Potevo accedere al computer e dati dell’ufficio solo sotto stretto controllo del dirigente... e se lui non c’era?

Beh, non potevo dare risposte ai cittadini, che fino al giorno prima avevo incontrato per risolvere le varie situazioni.

Rimasi perplessa di fronte a un trattamento così duro verso di me .

Arrivato il nuovo assessore, sono stata frettolosamente spostata dall’ufficio. Il contratto si è ridotto da 12 a 6 mesi.

Ho chiesto tante volte, anche ad altri amministratori, cosa stava succedendo, ma tutti come al solito si rifugiavano dietro alla stessa risposta: "Mi spiace non ci sono soldi".

Fatto sta che anche avendo firmato un contratto per sei mesi all’ufficio Urbanistica vengo spostata all’ufficio Patrimonio e la domanda che tutti i lavoratori avrebbero fatto è "Con quale documento lavoro presso un altro ufficio, se ufficialmente sono all’Urbanistica?".

Ma non si risponde, proprio come accade ora. Stanno tutti in silenzio, nessuno parla non si espone nessuno.

Come del resto non ho risposto io alle parole dure che mi sono state dette, per la grande paura di perdere quella sicurezza di lavoro che avevo.

Se non dico nulla e lavoro a testa bassa forse non mi licenziano, ho pensato. Ma così non è stato.

Ho lavorato fino al 2 luglio. Il contratto finiva il 30 giugno. La mattina è trascorsa tranquilla ma poi il pomeriggio il dirigente mi dice che non potevo lavorare, in quanto il contratto scadeva due giorni prima e non era stato rinnovato.

Strano come possa cambiare la vita nel giro di poche ore…

La domanda che martellava la mia testa era sempre la stessa: che cosa ho fatto per meritare questo?

I miei dirigenti si dicevano molto entusiasti del mio operato. Allora perché?

Ho parlato con tutti gli assessori, anche col sindaco Marconi, e sembrava che purtroppo non si potesse fare nulla: i soldi mancavano per pagare chi lavorava.

Se mancano i soldi, mi dicevo, vanno stette le cinte.

Poi una bella mattina mi sveglio e vedo il concorso per la copertura di posti al settore tecnico del Comune.

Non ci sono soldi per me e loro assumono altro personale?

Decido di fare per la seconda volta il secondo concorso e come la prima volta, riesco a entrare in graduatoria. Bene allora il mio incubo era finito, potevo riprendere il lavoro.

Ma il mio sogno dura poco. Scaduto il termine di tre mesi, il mio contratto è cessato senza che nessuno mi dicesse una parola, mentre i contratti di tutti gli altri ragazzi, entrati con il mio stesso concorso sono stati rinnovati.

Se non ci sono i soldi come vengono pagati il collega che ricopre il mio posto e quello che era stato ricoperto precedentemente da Pietro?

Perchè mandano via persone che per tanti anni hanno pagato e formato per un determinato lavoro, per mettere al loro posto persone che devono ricominciare da capo?

Ma questi soldi mancano veramente?

Non so dirti Pietro perché questo accade sotto gli occhi indifferenti di tutti, e non so se qualcuno risponderà alle tue e mie domande, ma ti dico: non ti arrendere!

Lotta per quello che per te è importante non sei solo.

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