Riceviamo e pubblichiamo - Caro direttore,
Sono già due volte che mi impegno nelle riunioni di questo nuovo PD per spiegare, a chi si attarda ancora in vecchi schemi, quale spinta culturale e di prospettiva dovrebbe animare ogni eletto nei ruoli del PD, sia che si faccia parte dei circoli o della direzione provinciale.
Ho avuto l’impressione che molti si trovino nella cosiddetta condizione di minorità, ovvero, come dicono i libri sacri, nell’incapacità di far uso del proprio pensiero senza che vi sia la guida di un altro.
Questa condizione di sudditanza deve essere imputata solamente ad essi, ad esclusione del caso in cui tale dipendenza cronica non derivi da un difetto “di fabbrica”, ed alla loro assenza di iniziative personali e del coraggio di servirsi del proprio intelletto, senza essere telecomandati da qualcuno.
I latini dicevano “sapere aude”, ossia “abbi il coraggio di sapere”.
La pigrizia, la pavidità e il fabbisogno, sono oggi le principali cause per cui molti si astengono dal parlare, dal discutere, non avendo il coraggio di assumere una posizione propria.
Prevale diffusamente la linea secondo cui si delegano le proprie scelte ad altri, ovvero che ci debba essere qualcun altro che paghi i nostri conti, senza che così ci si assuma nessuna personale responsabilità, senza darsi troppi pensieri.
Per chi adesso comanda è molto facile servirsi di tali persone, facendo verso di essi uso di grande benevolenza.
Queste persone, sprovviste di una propria autonomia assomigliano a dei bimbi che hanno bisogno, per poter camminare, del “girello”, o a dei cuccioli perfettamente addomesticati.
E’ molto difficile, dunque, far comprendere, a chi ne è soggetto, tale condizione di minorità perché essa è diventata come una seconda natura.
Forse la rivoluzione di Veltroni potrà determinare, se vigile, anche nelle provincie e nella gente l’affrancamento da un dispotismo personale e da un’oppressione avida di guadagno e di poteri, altrimenti sarà difficile che essa possa dare luogo realmente ad una riforma del modo di pensare e di agire di ognuno di noi.
Ora nell’interesse della comunità e del Partito Democratico è necessario, anzi indispensabile, l’instaurarsi di una dinamica di armonia reale, che ci stimoli a concorrere per i fini della collettività e non per scopi particolari.
E’ necessario evitare che qualcuno ostacoli con violenza un altro per perseguire dei fini personali, utilizzando in questo modo il PD come strumento di scontro e non di confronto.
Oggi il la presa di coscienza e l’uscita dalla attuale condizione di minorità, deve essere il nostro traguardo di emancipazione del Partito Democratico, deve perciò prevalere il principio della tolleranza nei confronti delle idee degli altri.
Non possiamo accettare le regola di qualche “gerarchetto” che dice : “Ragionate quanto volete e su tutto ciò che volete: solamente ubbidite !”.
Io penso che un partito nuovo con i suoi dirigenti debba far prevalere la vocazione al libero pensiero, insieme alla libertà di agire per un buon governo della gente da parte del Partito Democratico.
Salvatori Beno
Partito Democratico