Riceviamo e pubblichiamo
-Direttore illustrissimo Aloisio,
onde evitare strumentalizzazioni vista la forte polemica in corso tra lei e me sul suo modus operandi all’interno della Asl, è con estremo garbo, ma con la determinazione del caso, che le chiedo di dare soluzione alle difficoltà del Ceis di Viterbo, causate dal mancato pagamento dei rimborsi dovuti.
Lei conosce meglio di me cosa ha significato, significa e vogliamo continui a significare il Ceis per Viterbo.
I venticinque anni di attività, che costituiscono un patrimonio di cui tutta la comunità viterbese va orgogliosa, hanno ridato speranza a tanti uomini e donne e alle loro famiglie, ed è una ricchezza che non si può disperdere.
Qualsiasi cosa io possa aggiungere non renderebbe sufficientemente merito a chi, in tutti questi anni, ha sofferto, ha lavorato, ha sperato: volontari e professionisti, protagonisti e benefattori o sostenitori; uomini deboli e uomini forti che insieme hanno lottato perché credono che la vita è un valore da difendere; esempi di speranza oltre il dolore e di dedizione oltre il possibile.
Questa caparbietà, questo amore, ha tante volte infranto il muro della burocrazia. Per onestà devo dire che le identiche difficoltà il Ceis ha incontrato in passato, ma sempre, dico sempre, la Asl e la Regione Lazio, che anche quando lei non c’era doveva fare i conti con i debiti, ha tamponato le situazioni socialmente, umanamente e moralmente più gravi.
Esistono soluzioni tecniche (i suoi consulenti sono maestri in questo), per dare sollievo ai casi di estrema emergenza, quale quella del Ceis in cui si rischia non solo di vanificare il lavoro di anni, ma di mettere in mezzo alla strada i lavoratori e quanti stanno completando il programma di recupero e reinserimento.
Soprattutto perché il Ceis non chiede favori ma solo quanto gli è dovuto.
Sarebbe un delitto, e non potremmo perdonarci di non aver fatto il possibile, e prima di costringere il Ceis a scendere in piazza insieme a tanti altri viterbesi saremo a protestare contro l’ingiustizia e l’indifferenza.
Sono certa che stavolta, ascolterà persino me.
Cordiali saluti.
Senatrice Laura Allegri