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Il vescovo Chiarinelli
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- Non puoi procreare? Quindi che ti sposi a fare? Permesso negato.
Oltre i confini del cinismo.
Anche perché la vicenda riguarda due ragazzi fidanzati da tempo. Felici. Fin quando a due settimane dal matrimonio, lui è vittima di un brutto incidente. Lotta tra la vita e la morte per settimane.
Fin quando si risveglia, ma probabilmente resterà paraplegico. Decidono di non abbattersi. E di sposarsi comunque.
Gli esperti dicono che questo si chiama amore. Vero.
Lo stesso amore che la Chiesa predica, promuove, incoraggia. E invece che succede? E’ proprio la chiesa (quella con l’iniziale minuscola) a negare loro d’unirsi in matrimonio.
Perché? Impotenza copulativa. Causa che rende nullo il matrimonio. A questo il vescovo di Viterbo si sarebbe appellato per non dare il consenso alle nozze.
Discriminazione? Quantomeno leggerezza, perché le condizioni del promesso sposo sono in miglioramento e d’impotenza i medici non parlano. Ma tant’è. Il diritto canonico parla chiaro.
Del resto, il vescovo che ci sta a fare, se non per far rispettare la legge. O forse quello è lo sceriffo?
Una triste vicenda con un solo auspicabile epilogo. Il ripensamento da parte del vescovo. Anche perché seppure con rito civile, i due ragazzi si sposeranno.
Di seguito riportiamo la lettera che racconta i fatti a sua conoscenza. Lettera inviata questa mattina a Tusciaweb. Per ovvie ragioni i nomi sono di fantasia.
La triste storia di una discriminazione nel 2008, perché si sappia e non si ripeta
Renzo (nome di fantasia) e Lucia ( nome di fantasia) dopo anni di fidanzamento sono in procinto di convolare a giuste nozze.
Come tanti aspiranti sposini organizzano per anni il giorno più bello della loro vita. Si preparano spiritualmente, preparano ed organizzano l’evento con l’entusiasmo tipico di chi si accinge a questo grande passo. Decidono la data (non la riporterò per salvaguardare la loro privacy) ed il giorno, mese dopo mese si avvicina il grande evento.
La vita non guarda troppo per il sottile, spesso non ha pietà per i momenti importanti, il destino decide di metterci la propria mano. Un mese prima del matrimonio Renzo ha un gravissimo incidente automobilistico.
Dopo 15 giorni più vicino alla morte che alla vita, lottando contro tutto, Renzo si sveglia e migliorano le sue condizioni di salute. L’incidente purtroppo ha delle conseguenze ben gravi, Renzo rimarrà molto probabilmente paraplegico.
Lucia e Renzo, nel corso delle interminabili giornate in ospedale, decidono che comunque vada vogliono sposarsi il giorno prefissato. Vogliono comunque coronare il loro sogno, vogliono comunque tornare a vivere.
L’amore trionfa…. fino a quando don Abbondio non ci mette lo zampino.
Il parroco, don Abbondio, chiede per conto di sua eccellenza il vescovo di Viterbo monsignor Chiarinelli, una dichiarazione di conoscenza dei rischi e difficoltà future per i giovani sposini.
Atto indelicato, ma dovuto.
Renzo e Lucia, scrivono di proprio pugno un documento in cui si dichiarano consapevoli del fatto che potrebbero avere difficoltà ad avere figli (anche se non accertabile allo stato attuale, causa generandi), ma rimangono fermi nella loro volontà.
Sembra tutto a posto, Renzo viene trasferito in un centro riabilitativo fuori Viterbo, continua il recupero e si continuano i preparativi. Sembra fatta, manca solo la scontata autorizzazione del vescovo.
Il quale, senza nemmeno essere andato mai a parlare con i sposi, decide di non autorizzare il matrimonio. Udienza non viene data, tanti altri nelle condizioni di Renzo e Lucia si sposano in chiesa? Quale sarà il motivo?
Don Abbondio adduce un dubbio di nullità per il diritto canonico. Motivazione falsa e pretestuosa, visto che l’art 1084 del codice di diritto canonica recita: L'impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio.
§ 2. Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia di fatto, il matrimonio non deve essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo.
§ 3. La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, fermo restando il disposto del can. 1098 l’impotenza coeundi continua a sussistere come impedimento qualora sussista prima delle nozze
Non solo nel caso di Renzo e Lucia l’impotenza è dubbia, non esiste proprio, stando anche ai dottori che seguono e spendono la propria vita a curare questi problemi.
Ora mi chiedo, perché chi dovrebbe spendere la propria vita ad alleviare le sofferenze (quanto meno quelle spirituali) delle persone non si è nemmeno degnato di incontrare i due ragazzi e parlare con loro? Perché chi avrebbe dovuto portare questo caso come gesto di amore e voglia di vivere ha ostacolato in tutti i modi la loro unione? Perché chi ci dice di combattere il suicidio, l’eutanasia, ci dice che la vita è soprattutto spiritualità e non fisicità ha posto un’ulteriore barriera architettonica?
Il matrimonio si farà, ma con rito civile. Renzo e Lucia hanno vinto, ma chi avrebbe dovuto dire loro queste parole è rimasto comodamente nella propria dorata casa:
la purezza dell’amore è la medicina migliore.
La vera e propria carità cristiana è abitare negli altrui.
Il riflesso dei nostri occhi è lo specchio dell’anima.
Grazie sua eccellenza, mons. Chiarinelli!
Michele “Manzoni”