|
Armando Balducci
Copyright Tusciaweb |
Riceviamo e pubblichiamo - Anche oggi, leggendo certa stampa locale, ho dovuto subire l’ingiustificata violenza (l’ennesima) di leggere il mio nome che ritengo, solo accidentalmente, non era anche corredato da fotografie che mi ritraggono in momenti della mia attività professionale che, ricordo a tutti, è di natura tecnica e non politica.
Da giorni godo di una particolare attenzione che un quotidiano forse, non riserva neanche al più noto dei politici locali e che, sicuramente e di regola, giustamente il quotidiano risparmia ad altre figure tecniche.
Non ho mai esercitato il diritto di replica, negli otto anni da me trascorsi a servizio dell’Amministrazione Comunale di Viterbo, né ho mai ritenuto di rettificare le notizie, pure grossolanamente inesatte, a me riferite quale dipendente del comune di Viterbo.
Oggi, tuttavia, l’indignazione è tale da impedirmi di continuare ad ossequiare la regola aurea del silenzio, a volte assai faticosamente osservata nella convinzione che, prima o poi, emergesse la verità dei fatti e che ogni contributo tecnico dovesse da Me essere reso nelle sedi deputate e non sulle pagine dei giornali.
Derogo perché, oggi, è di tutta evidenza la volontà di fornire artatamente informazioni del tutto errate e fuorvianti circa le competenze della direzione generale.
Basterebbe, infatti, possedere elementari/rudimentali forme di conoscenza sul funzionamento della macchina Amministrativa e sulle Norme che la regolano; basterebbe esercitare la doverosa, ma ormai disusa, attività di verifica e approfondimento documentale dei fatti che si riportano per comprendere l’assoluta infondatezza di quanto con ostinazione e sentimento persecutorio si continua ad attribuire alla Direzione Generale in materia di controllo analogo e Società Partecipate.
Derogo, poiché, l’ignoranza mai colmata e la mala fede reiterata meritano che, per una volta, l’indignazione privata di un privato cittadino diventi pubblica; derogo perché, per una volta, la tutela dell’immagine di uomo, di padre, di professionista (quale sono) sia esercitata pubblicamente e non soltanto nelle sedi opportune cui ho, nel tempo, adito e a cui, anche in questo caso, ho intenzione di rivolgermi.
Diritto di informazione non è diritto di calunnia ed il giornalista, in quanto tale, non è esonerato dal rispetto delle regole deontologiche.
Armando Balducci