Riceviamo e pubblichiamo - Come abbiamo già avuto modo di sottolineare a più riprese, i cittadini hanno tutte le ragioni per sollevare la questione della distribuzione in ambienti pubblici di sostanze velenose allo scopo di uccidere deliberatamente gli animali che convivono con l’uomo.
L’uso di tali sostanze, dai ratticidi ai lumachicidi quando non si tratta addirittura di altri composti chimici irreperibili sul mercato, solleva una questione che non va ulteriormente sottovalutata.
Sono continue le segnalazioni di ritrovamento di esche e di animali avvelenati, soprattutto in fase autunno-invernale e nelle fasi estive di spopolamento delle città, sia negli ambienti naturali che nelle aree urbane. All’interno degli abitati i cittadini si accorgono del fenomeno perchè colpisce gli animali domestici che, agonizzanti, cercano aiuto presso i loro compagni umani. In realtà il fenomeno avviene frequentemente anche nei boschi e nelle aree rurali, dove sono colpiti soprattutto gli animali selvatici o i domestici abbandonati.
Le esche si costituiscono di bocconi di carne in cui si inseriscono sostanze classificate dalla farmacopea come tossiche o velenose e di cui, spesso, è addirittura vietata la detenzione o l’uso se non a particolari categorie, quali gli agricoltori, che ne debbono tenere un registro d’uso, i medici e i farmacisti.
Le denunce dei cittadini, indignati per il reiterarsi del fenomeno, ricordano che anche i bambini possono cadere vittime dei bocconi avvelenati.
Attualmente le normative vigenti vietano solo la distribuzione di sostanze velenose (R.D. n.1265/1934) o ne assimilano la distribuzione in ambienti naturali al bracconaggio (Legge n.157/1992 sulla caccia), cui si aggiungono le norme in materia di maltrattamento e uccisione di animali (p.e. artt.544-bis e 727 C.P., Legge n.189/2004). Purtroppo non si ha una norma nazionale che definisca rigidamente la produzione, la detenzione e l’uso di queste pericolose sostanze, rendendo ratticidi e lumachicidi vendibili a chiunque.
Fatto salvo qualche Regolamento comunale o Servizio provinciale, solo le Regioni Umbria e Toscana hanno legiferato su richiesta del “Coordinamento contro l’avvelenamento degli animali” cui aderiscono tutte le maggiori Associazioni animaliste ed ambientaliste italiane (www.bocconiavvelenati.it).
Nell’elaborazione recente in seno alla Provincia di Viterbo del testo “Linee per la realizzazione di regolamenti comunali sul possesso e sulla tutela degli animali”, che la LAV auspica venga deliberato a breve come Regolamento Provinciale, l’uso delle esche avvelenate sarebbe almeno contenuto entro regole, colmando un gap normativo di non poco conto.
Semmai qualsiasi cittadino abbia il sospetto di essere in presenza di esche avvelenate o di un caso di avvelenamento deve avvertire l’ASL di competenza che provvederà all’ispezione e all’eliminazione del pericolo. Nel caso che, a seguito di indagine effettuata con solerzia presso l’Istituto Zooprofilattico locale, il sospetto si riveli esatto è opportuno inoltrare denuncia indicando le norme succitate.
Qualora non si abbia conoscenza di ulteriori fatti la denuncia, inoltrata presso il Comando Stazione Carabinieri di competenza, va comunque effettuata contro ignoti. È utile e opportuno, inoltre, darne comunicazione anche alle associazioni ambientaliste ed animaliste territoriali nonché inoltrare comunicazione al Sindaco, primo responsabile della salute dei cittadini.
Inutile aggiungere che il soccorso ad un animale sofferente è un dovere anzitutto morale e che chiunque può cedere parte del suo tempo consegnandolo ad un medico veterinario o alla guardia medica veterinaria ove istituita che se ne prenderà cura. In ogni caso, mai somministrare latte.
Christiana Soccini
Responsabile Lav Lega Anti Vivisezione Tarquinia