- Dopo la conferenza inaugurale di ieri, 26 luglio, alla Rocca dei Papi, è stato proiettato questa mattina, come evento speciale nell'ambito di Est Film Festival, il documentario di Marc Evans, "Tutta la mia vita in prigione", patrocinato da Amnesty International che riconferma così la sua stretta collaborazione con il cinema.
Dopo i numerosi interventi di ieri in conferenza, da Giulia Rodano, assessore alla Cultura della Regione Lazio, Alessandro Mazzoli, presidente della Provincia di Viterbo, Fernando Fumagalli, sindaco di Montefiascone, Lino Pompili, presidente di Artigiancassa (Main Partner), Stefano Flemma, per Italiana Assicurazioni (Official Partner), Riccardo Noury, direttore della comunicazione per Amnesty International, Riccardo Rizzo e Vaniel Maestosi della direzione artistica Est Film Festival, si è espresso Giuliano Montaldo, chiamato sul palco dopo la proiezione del suo ultimo film, "I demoni di San Pietroburgo".
"Vedere dei giovani che si applicano con questa passione nel cercare di creare qualcosa di utile è fondamentale e ammirevole in un momento in cui c'è una così grande disinformazione - ha affermato Montaldo -. Ci si deve rendere conto che i giovani non vanno solo a ballare, ma che ci sono ragazzi che pensano e capiscono qual è il peso e l'importanza della cultura nella società.
Come i giovani organizzatori del festival.
L'Est film festival - ha proseguito Montaldo - è una sorta di risarcimento per tutti quei lavori che purtroppo oggi non trovano visibilità in sala".
La stessa visibilità che sta cercando "Tutta la mia vita in prigione", ispirato al libro di memorie "In diretta dal braccio della morte" di Mumia Abu-Jamal, edito dalla Fandango Libri.
A introdurre la proiezione, Riccardo Noury, direttore della comunicazione per Amnesty International, per far luce su 26 anni di vita nel braccio della morte del giornalista di colore americano Mumia Abu-Jamal.
"Non avremmo mai immaginato l'attualità di questa proiezione - spiega Noury -. Questa mattina in Iran ci sono state 29 esecuzioni da parte di un governo che usa la pena di morte per tenere a bada le persone.
In quel Paese - ha proseguito - la situazione è pessima, perché tra i condannati ci sono anche bambini e donne adultere.
Il governo iraniano rappresenta una vera e propria minaccia per i cittadini".
Nel 1968, all'età di 14 anni, Mumia Abu-Jamal fu arrestato a Philadelphia per aver protestato contro il Partito democratico.
Già da giovanissimo Abu-Jamal entra a far parte delle "Pantere nere", appoggiandone appieno l'obbiettivo di mobilitare un moto di liberazione degli afroamericani, vittime di discriminazioni politico-sociale.
In seguito iniziò a lavorare in radio, dove venne ribattezzato "la voce dei senza voce" per la forte critica mossa verso la corruzione delle cariche politiche e della polizia.
Quando nel 1981, in seguito a una sparatoria dove rimase gravemente ferito, fu accusato dell'omicidio di un poliziotto, Abu-Jamal venne condannato a morte, nonostante non ci fossero prove a suo carico.
Divenne, così, un simbolo di lotta.
Il 27 marzo 2008, grazie al sostegno di Amnesty international, la corte federale d'appello di Philadelphia ha annullato la sua condanna, ma lo ritiene ancora colpevole di omicidio.
Se il processo non viene riaperto Abu-Jamal può rischiare di rimanere per tutta la vita in prigione.
La seconda giornata del festival proseguirà nel pomeriggio con la proiezione alla Rocca dei papi del film "Il nascondiglio" di Pupi Avati (sezione Elite, incontri con gli autori), che prenderà parte al dibattito con il pubblico in sala dopo il film.
Questa sera inoltre, alle 22, in piazzale Frigo, il film "Riparo" di Marco Simon Puccioni aprirà la sezione "In concorso".