- Con l’entrata in vigore del “semestre bianco” si apre ufficialmente il periodo utile per la presentazione delle candidature per l’elezione alla carica di Rettore dell’Ateneo della Tuscia nel prossimo triennio.
Uno dei primi ad aver presentato la candidature è Riccardo Valentini.
Questa la lettera che ha spedito ai colleghi
Cari colleghi
Da alcuni giorni il nostro Ateneo è entrato nel cosiddetto “semestre bianco” ovvero il periodo in cui il Decano potrà convocare il corpo elettorale per le elezioni del Rettore.
La nuova situazione impone quindi che coloro i quali abbiano intenzione di porsi al servizio dell’Ateneo per la carica rettorale lo facciano quanto prima possibile. Nonostante abbia ricevuto da tempo sollecitazioni in merito, il rispetto delle nostre regole istituzionali mi consente ora e solo ora di rispondere positivamente ai cortesi inviti di numerosi colleghi di diverse Facoltà e quindi porre la mia candidatura alla carica di Rettore che spero sia seguita da molte altre per il bene dell’Ateneo.
A questa nuova situazione si aggiungono anche le recenti vicende che hanno interessato l’Ateneo, tra cui la seduta congiunta del Senato Accademico e del CdA del 10 aprile scorso. La delibera che ne è scaturita sta suscitando all’interno di alcune Facoltà e in generale nell’Ateneo non poche reazioni e perplessità per la forma e la sostanza delle decisioni adottate.
Dispiace che il tema così importante della governance si sia confuso e intrecciato con quello della elezione del Rettore, con la conseguenza di trasformare un evento “fisiologico” della vita democratica dell’Ateneo, vale a dire le elezioni di un nuovo Rettore, in un evento “straordinario”, tanto da ritenere opportuno giungere a deliberazioni che “derogano” e “sospendono l’applicazione” di alcune importanti regole statuarie dell’Ateneo.
La delibera congiunta di Senato Accademico e CdA ha di fatto determinato una indiscutibile “discontinuità” nella vita accademica di questo Ateneo, il quale in tutta la sua storia ha visto sempre l’adozione di importanti decisioni (tra le quali anche l’ultima modifica statutaria del 2004) nel pieno rispetto formale delle norme statutarie e con la massima condivisione del personale.
Ciò ha sempre garantito una normale attuazione di tali decisioni, e mai, e ripeto mai, il nostro Ateneo si è ritrovato esposto a momenti di forte contrapposizione interna sul piano delle regole statutarie.
La decisione di candidarmi nasce pertanto dalla volontà, maturata nel corso degli ultimi mesi, di affrontare con decisione ed urgenza i veri nodi strutturali che limitano lo sviluppo del nostro Ateneo, per la risoluzione dei quali una nuova governance può senz’altro rappresentare un utile strumento, ma non può certo configurarsi come il fine ultimo di un’azione politica, che voglia essere corretta ed efficace.
L’impressione è che si voglia trasformare la governance in una sorta di panacea che da sola sarebbe in grado di risolvere i gravi problemi che il nostro Ateneo oggi si trova ad affrontare.
Al contrario i problemi sono concreti e reali, come noi tutti sperimentiamo purtroppo quotidianamente all’interno delle nostre strutture didattiche e di ricerca e necessitano di soluzioni che vanno ben al di là di una pur auspicabile riforma della governance.
Il primo dei nodi strutturali che abbiamo di fronte e che viene da lontano, è senz’altro la dimensione ridotta dell’Ateneo viterbese; una dimensione che lo espone drammaticamente alla competitività nazionale, soprattutto alla luce dei parametri adottati da alcuni anni nell’ambito della valutazione degli Atenei italiani.
Si pensi in primo luogo al criterio valutativo del numero degli studenti che inesorabilmente ci vede particolarmente sofferenti.
Ma il nostro Ateneo ha anche una grande forza costituita dalla presenza di molte realtà di eccellenza in vari campi delle discipline sia scientifiche che umanistiche. Inoltre molti dei nostri settori di eccellenza sono strategici per il territorio della Tuscia, cito a solo titolo di esempio i settori delle ricerche sui beni culturali e sulle risorse ambientali, differenziando in ciò il nostro Ateneo dagli Atenei romani.
Tuttavia, l’impressione è che soprattutto negli ultimi anni sia mancata una visione strategica dello sviluppo complessivo del nostro Ateneo, il che di fatto ha impedito il pieno riconoscimento del potenziale culturale ed umano del personale docente e tecnico-amministrativo.
A ciò si aggiungono le limitazioni dovute ai problemi strutturali e logistici in cui molti si trovano ad operare. Un potenziale che non sempre è riuscito a trovare la piena espressione. Eppure il nostro è un Ateneo che produce e compete in molti campi delle scienze di base, applicate ed umanistiche, nonostante che ci siano ancora troppi laboratori relegati in scantinati o che le biblioteche siano costrette in spazi non sempre adeguati alle loro necessità e con vincoli di bilancio inaccettabili.
Sicuramente la categoria dei professori ordinari è costituita da autorità di livello nazionale ed internazionale, ma vorrei spendere alcune parole per sottolineare la grande risorsa che per l’Ateneo è rappresentata dai giovani. Grande è il numero di ricercatori e professori associati del nostro Ateneo che hanno risultati eccellenti nel campo delle proprie ricerche. Queste componenti, nonostante siano il motore del nostro Ateneo, insieme ad assegnisti di ricerca e dottorandi, subiscono spesso, senza possibilità effettive di incidervi, le politiche di Ateneo in materia di distribuzione di risorse e di organici, che spesso seguono logiche poco efficaci.
Credo sia necessario uno sforzo straordinario di supporto ai nostri giovani e di rilancio di politiche premianti il merito e l’impegno dei nostri colleghi. In questa direzione si muove certamente l’istituzione dell’Anvur e le ormai già sperimentate (sin dal 2005) attribuzioni di significative componenti del Ffo mediante precisi criteri di valutazioni e specifici indicatori.
Ma attenzione, dobbiamo porci in modo virtuoso e non punitivo rispetto alla valutazione, cercando in modo collegiale di garantire a tutti le stesse opportunità di competere e di crescere. E’ compito del Rettore, garante della vita dell’Ateneo e dei suoi momenti decisionali, di promuovere una nuova idea di “squadra”, di “partecipazione” trasversale tra le varie aree dell’Ateneo, che permetta una crescita armonica della nostra casa comune, dove tutti, ciascuno per le proprie specificità, possano trovare le opportunità più idonee per crescere e progredire.
La crescita dell’uno è la crescita di tutti! … e le difficoltà dell’uno sono inevitabilmente le difficoltà di tutti!
Il secondo dei nodi strutturali riguarda la situazione finanziaria. Non vi è dubbio che il bilancio dell’Università sia fragile e sottoposto ogni anno alle incertezze della legge finanziaria e alla volontà dei governi.
E’ anche vero che l’esperienza dimostra come, al di là dei governi che si sono succeduti, il taglio di spesa alle Università è sempre stato un tema ricorrente delle politiche nazionali.
Di fronte a questa situazione bisogna sicuramente tenere duro e continuare a combattere perché il fondo di finanziamento ordinario non venga eroso, ma allo stesso tempo bisogna uscire da questa logica di pura difesa e promuovere una grande campagna di acquisizione di risorse esterne, facendo perno sui punti di forza del nostro Ateneo.
Penso ad esempio alla posizione strategica della nostra Università in termini di vicinanza alla capitale e le connessioni strette che molti di noi hanno con le istituzioni nazionali e Ministeri che si occupano di Ambiente, Agricoltura, Beni culturali, Attività Produttive, Infrastrutture e non ultimo Esteri. Inoltre le relazioni con le agenzie internazionali tipo FAO, IFAD, ICARDA, ESSP etc. e più in generale il sistema delle Nazioni Unite sono un patrimonio importante, in parte acquisito, in molta parte da conquistare, per il nostro Ateneo.
Tra l’altro, l’Università della Tuscia può svolgere un ruolo primario sia nella attività di
ricerca che nella formazione a supporto di queste Agenzie, creando un importante volano di risorse aggiuntive.
Inoltre non vanno dimenticati i programmi di ricerca Europei a cui noi accediamo in misura ridotta, credo soprattutto perché non abbiamo creato quelle connessioni e network necessari per entrare nei consorzi di ricerca più competitivi.
L’Ateneo deve fornire strumenti concreti per agevolare la partecipazione ai progetti Europei, in primo luogo investendo nelle infrastrutture di ricerca che ci permettano di costituire eccellenza e massa critica, in secondo luogo favorendo anche con investimenti propri la partecipazione a meeting e bandi di progetto.
Il settore privato ed il territorio circostante possono essere una risorsa come noi lo siamo per loro.
La nostra Università, con i suoi oltre 600 dipendenti e giovani non strutturati, è una straordinaria “azienda culturale” finanziata in larga parte dallo Stato che è al servizio della società civile. Ci sono moltissimi risultati e metodologie che provengono dalla nostra attività di ricerca che noi spesso consideriamo marginali e che invece per un soggetto privato possono essere di grandissimo valore.
Quindi la logica dei servizi al territorio ed alle imprese può costituire anch’esso un volano di acquisizione di nuove risorse. Si badi bene, non intendo qui una concorrenza ai professionisti che operano sul mercato, ma lo sviluppo di progettualità congiunta tra imprese e università, e lo sfruttamento reciproco di competenze e prodotti.
Il problema è rendere stabili le risorse esterne, così da poterle inglobare in modo continuativo nel bilancio di Ateneo.
Per questo è necessario un collegamento strutturale e più avanzato con i sistemi bancari ed i finanziatori privati, implementando nuovi strumenti finanziari e la defiscalizzazione degli investimenti in ricerca, facendo perno sulle capacità di natura gestionale e di analisi economica presenti nel nostro Ateneo. Inoltre deve essere potenziata la capacità dell’Ateneo a inserirsi in modo competitivo nel tessuto imprenditoriale, sviluppando e sostenendo gli spin-off (non solo in ambito tecnologico) ed espandendo l’attuale magro portafoglio di brevetti. Il terzo dei nodi strutturali riguarda i servizi alla ricerca ed alla didattica.
L’Ateneo è senz’altro cresciuto sotto il profilo dell’edilizia e riconosco all’attuale Rettore di aver continuato in modo efficace l’azione intrapresa dal Prof. Scarascia Mugnozza, a suo tempo, con il restauro del complesso di S. Maria in Gradi. Tuttavia ritengo che lo sviluppo edilizio debba in primis porre al centro la pianificazione degli interventi sulla base di una idea strategica di sviluppo dell’Ateneo.
Mi sembra che in tutti questi anni abbiamo cercato di rispondere alle esigenze di emergenza del momento piuttosto che costruire una visione complessiva dell’edilizia dell’Ateneo rivolta alla sua funzionalità e sviluppo.
Non vi è dubbio che abbiamo molteplici esigenze, da una parte i laboratori della ricerca, con tutte le importanti problematiche della sicurezza e della efficacia tecnologica e dall’altra le biblioteche, i centri di servizio, i sistemi museali e gli spazi per le attività seminariali e congressuali, non ultime le aree per la didattica e l’accoglienza degli studenti.
Dobbiamo entrare in una logica di poli di eccellenza della ricerca razionalizzando gli spazi esistenti ed acquisendone di nuovi, superando le barriere tra Facoltà e creando sinergie tra laboratori e discipline diverse che possano condividere strumentazioni, metodologie o materiali di documentazione.
Bisogna inoltre investire sul personale tecnico che è centrale per la gestione dei laboratori ed il supporto alla ricerca mediante una adeguata qualificazione ed incentivazione. Queste scelte devono essere affrontate in modo collegiale e non “dirigistico” come è stato nel passato, consultando in primo luogo i dipartimenti ed ascoltando le loro esigenze, da cui partire per creare un quadro complessivo di sviluppo armonico.
I servizi agli studenti meritano un discorso particolare. L’investimento per gli studenti deve essere prioritario ed urgente. Il nostro migliore biglietto da visita verso l’esterno possono essere proprio gli studenti e le loro famiglie, che devono potersi avvicinare al nostro Ateneo con speranza e fiducia riguardo alla qualità del nostro lavoro e dei nostri servizi. Su questo punto dobbiamo fare di più, ad esempio le informazioni sui vari benefici allo studente (mense, borse di studio, part-time, possibilità di stage all’estero etc. ) devono essere diffuse prima dell’iscrizione e non quando lo studente è già iscritto e quindi ha ormai compiuto la sua scelta.
Nondimeno è necessario promuovere una politica di trasporti in grado di facilitare il raggiungimento delle nostre strutture, anche investendo su mezzi di trasporto dell’Ateneo per coprire situazioni territoriali disagiate.
Il quarto dei nodi riguarda l’offerta formativa e l’internazionalizzazione dell’Ateneo. Non vi è dubbio che le recenti disposizioni della legge 270 ci impongono una revisione della nostra offerta formativa.
Su questo tema dobbiamo avere comportamenti virtuosi ed analizzare con distacco la nostra situazione evitando di scivolare nella autoreferenzialità. Da una parte è necessaria una razionalizzazione della nostra offerta per consolidare i corsi che hanno un a solida base numerica e di qualità, dall’altra investire in nuove tematiche che riteniamo siano oggi attraenti per la società ed il mercato del lavoro.
Dobbiamo rinnovarci e per fare questo dobbiamo puntare sulla nostra capacità, premiando le idee e la concretezza delle proposte, affrontando con coraggio le scelte di eccellenza. Ad esempio non possiamo trascurare quanto oggi succede su scala globale nel campo della formazione superiore. Studenti di Paesi come la Cina, l’India, l’Est Europeo che crescono con un PIL a due cifre e che costituiscono larga parte della crescita demografica mondiale oggi invadono le università dell’Europa e degli Stati Uniti per completare il proprio ciclo di istruzione superiore.
Dobbiamo cercare di intercettare questi studenti, giocando sulle nostre specificità culturali e sulle possibilità strategiche che offre il territorio (aereoporto, vicinanza con Roma etc.).
L’altra sfida è quella di dare centralità ai dipartimenti e di muverci velocemente verso la istituzione delle Scuole universitarie, in cui articolare i tre livelli di formazione, e verso il superamento delle barriere tra Facoltà.
Come naturale, questo mio intervento non poteva essere esaustivo. E’ mia intenzione riprendere questi temi in modo più dettagliato quando sarà possibile presentare in modo “formale” la mia candidatura. Esso voleva essere una prima riflessione sulle problematiche principali dell’Ateneo volta ad avviare uno scambio di idee propositivo con quanti vorranno partecipare con le loro opinioni e proposte ad un simile progetto di nuovo governo dell’Ateneo.
In conclusione lasciatemi esprime un ultimo pensiero.
Sono nato in questa terra per certi versi ostile al nuovo e diffidente verso l’esterno. Nonostante il peso di questa eredità la mia vita professionale si è svolta girando il mondo, portando il nome della Tuscia in complessi ed articolati processi internazionali, sfidando le oggettive limitazioni della nostra realtà, confrontando il mio lavoro con quello delle istituzioni e università più prestigiose al mondo.
Eppure devo molto a questo Ateneo, che avrei voluto lasciare in un momento difficile della mia carriera accademica, cosa che non ho fatto, perché questo Ateneo mi ha permesso di far crescere e formare con libertà, senso critico ed indipendenza il mio pensiero scientifico e le mie convinzioni personali.
Vorrei che questo Ateneo continuasse a dare ai giovani le stesse opportunità e la stessa capacità critica di osservare la realtà, senza il peso di condizionamenti esterni e di una politica accademica che ormai ha perso la sua efficacia a fronte delle nuove sfide.
Con questo spirito metto a disposizione dei colleghi e del personale tutto la mia esperienza, conoscenza e persona per le prossime elezioni di Rettore dell’Università degli Studi della Tuscia.
Riccardo Valentini