- Il rettore Marco Mancini analizza la situazione economica della Tuscia e quella universitaria
Desidero in primo luogo ringraziare il Presidente Ferindo Palombella per aver invitato l’Università della Tuscia a questo tradizionale appuntamento organizzato dalla Camera di Commercio, un appuntamento importante nel quale vengono discussi i dati relativi alla produzione e all’occupazione nel Territorio della Tuscia.
Un’occasione meritoriamente organizzata per consentire a tutti gli attori del Territorio di confrontarsi con le difficili problematiche dello sviluppo economico e imprenditoriale della Tuscia.
Problematiche difficili perché, come già emerso nei rapporti precedenti della Camera di Commercio, questo Territorio soffre di alcuni mali endemici che, se non risolti, rischiano di peggiorare nel prossimo futuro quando dovremo affrontare la sfida aereoportuale: debolezza della rete infrastrutturale, scarsa propensione verso l’innovazione e i processi di internazionalizzazione.
Non dico ovviamente nulla di nuovo. Si tratta di discorsi che circolano da tempo tra le Associazioni imprenditoriali e di categoria, discorsi ben noti anche agli attori pubblici della Tuscia a cominciare dalle Amministrazioni comunale e provinciale per giungere sino all’Università.
Ma mai come quest’anno l’Incontro al quale partecipiamo si rivela un’occasione per elaborare strategie di rilancio, oggi tanto più necessarie dal momento che la sfida locale, caratterizzata e ben individuata, si inserisce in un contesto necessariamente amplissimo. E’ un simile contesto che ci impone queste riflessioni. Urgenti, indispensabili, ineludibili.
Un contesto con il quale fare costantemente i conti e per il quale attrezzarsi nella maniera più opportuna e, soprattutto, più efficace.
Tanto più apprezzabile è stata poi l’iniziativa della Camera di dedicare, in concomitanza con la presentazione del rapporto di quest’anno, una giornata di analisi e di approfondimento sulla cooperazione interistituzionale e, in ispecial modo, sul contributo dell’Università al sistema economico locale. E’ con vivo piacere che ospitiamo questo Incontro nella nostra Aula Magna del Rettorato.
Colgo in questo un segnale di attenzione e, se posso permettermi, di apprezzamento nei confronti della nostra realtà universitaria che ha festeggiato da poco il suo ventisettesimo ‘compleanno’ alla presenza autorevolissima del Capo dello Stato. Una realtà giovane ma non più giovanissima che si interroga anch’essa sul ruolo che può rivestire, si spera in maniera sempre più efficace e funzionale, per la Tuscia.
L’Università non è, infatti, solamente una realtà formativa e di ricerca che si colloca su un piano autoreferenziale. Ha già dimostrato di saper dialogare con questo Territorio, di recepirne gli stimoli e, a sua volta, di farsi portatrice di innovazione e di strategie per l’immediato futuro.
Stanno a dimostrarlo le numerose convenzioni che ci legano a quasi tutte le realtà associative e agli Enti della Tuscia, sia attraverso il Rettorato sia attraverso i diversi Dipartimenti. Mette conto ricordare come alcuni Enti siano presenti nel nostro Consiglio di Amministrazione, fra i quali la stessa Camera di Commercio attraverso il suo Presidente Palombella. Questo dialogo, sicuramente proficuo, ha generato alcune strutture appositamente create per migliorare l’interazione fra le diverse istituzioni.
Con queste premesse, la crescita dell’Ateneo, in termini qualitativi e quantitativi, e il mutato contesto socio-economico, ambientale e legislativo stanno determinando un significativo processo evolutivo del rapporto tra università e territorio.
In particolare il contesto normativo gioca un ruolo fondamentale: per quanto riguarda la didattica, le nuove regole ministeriali sulla costruzione dei percorsi didattici dei corsi di studio vedono obbligatoriamente la consultazione del mondo del lavoro e l’analisi della ricaduta in termini occupazionali, per capire e valutare l’efficacia dei corsi; sul lato della ricerca le principali linee di finanziamento (europee, nazionali e regionali) richiedono ormai quasi sempre una compartecipazione tra imprese e enti di ricerca.
Ciò rende ormai imprescindibile relazioni più strette e sinergiche con una maggiore interazione e un ruolo attivo e propositivo per l’Università e una maggiore attenzione verso le esigenze e le aspettative del tessuto produttivo, anche quando questo, come nel caso della provincia di Viterbo, sia costituito in massima parte da piccole e medie imprese. Queste, se adeguatamente sollecitate, hanno mostrato interesse a costruire rapporti stabili utili a sviluppare azioni di innovazione e crescita formativa e culturale che, in un contesto socio-economico molto complesso, oggi non sarebbero sostenibili se realizzate in maniera isolata.
L’interazione si realizza sia nell’ambito della ricerca che in quello della formazione, e concretamente già vede alcune iniziative significative avviate.
Per la ricerca un forte strumento di interazione con il territorio è stato lanciato attraverso la valorizzazione degli spin-off.
Negli ultimi l’Ateneo ha investito molto sugli spin-off, per rispondere alla fondamentale esigenza di valorizzare le capacità scientifiche e professionali del personale di ricerca attraverso meccanismi innovativi che consentano di individuare le potenziali ricadute industriali delle proprie ricerche. L’obiettivo è ottenere risultati positivi di natura economico-finanziaria, che consentano il conseguimento di utili e il finanziamento delle attività di ricerca.
Le iniziative sin qui intraprese sono state finalizzate da un lato a costruire una rete di rapporti con il mondo imprenditoriale, necessari per creare le condizioni in cui realizzare e sviluppare i potenziali spin-off, e dall’altro a favorire la crescita e l’incubazione dei progetti di azienda all’interno dell’Ateneo, soprattutto per le aree di eccellenza e per i ricercatori più motivati, pianificando, in particolare, una prima iniziativa finalizzata alla mappatura degli interessi di ricerca e innovazione sia dei ricercatori dell’Ateneo sia del tessuto imprenditoriale del territorio.
È stato così costituito un ufficio, l’Industrial Liaison Office (ILO), interno all’Ateneo, per gettare un ponte tra sistema della ricerca e sistema delle imprese e rappresentare allo stesso tempo un punto di riferimento per le esigenze dei ricercatori; è stato formato un comitato di monitoraggio università-impresa composto da rappresentanti di numerose associazioni di categoria (Confindustria, Federlazio, Coldiretti, CNA) e della Camera di Commercio, supportato da un comitato operativo, che ha consentito di costruire rapporti strutturati con il mondo del lavoro, che già in parte esistevano ma che ora sono presenti in forma organizzata e pianificata; in partnership con il CEFAS (l’ente di formazione e ricerca della CCIAA di Viterbo) è stato pianificato e realizzato il progetto “match di competenze per lo start-up di spin-off accademici”, che ha consentito di dare una risposta a uno dei principali problemi per la realizzazione degli spin-off, la necessità di supporto e assistenza per le attività di natura gestionale.
Sono stati rafforzati i rapporti con FILAS, organizzando specifici incontri con i gruppi di ricerca, finalizzati a individuare e promuovere adeguate e appropriate linee di finanziamento per i progetti con maggiore ricaduta industriale. Nelle ultime settimane è stata avviata anche la promozione dell’Azione 4 del programma FIXO (Formazione ed Innovazione per l’Occupazione), proposto da “Italia Lavoro” con il supporto del Ministero del Lavoro, con cui l’Ateneo ha di recente sottoscritto un protocollo di intesa, finalizzato all’avvio di azioni formative e di accompagnamento per la costituzione di spin-off accademici orientati all’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca universitaria.
E’ stata infine da poco pianificata operativamente una collaborazione con il BIC Lazio, peraltro già esistente in altri ambiti, per l’assistenza e il supporto alla progettazione esecutiva degli spin-off.
E’ l’occasione per ringraziare non solo tutti i nostri partners ma anche i Colleghi che a diverso titolo hanno collaborato in questa rete progettuale, a cominciare dal prof. Ruggieri, Direttore del Dipartimento di Studi Aziendali della Facoltà di Economia.
Complessivamente, come risultato delle attività intraprese e della forte opera di sensibilizzazione e divulgazione avviata, sono stati sinora costituiti due spin-off universitari, con la partecipazione come socio dell’Università in entrambi i casi. Ai due spin-off già costituiti se ne potrebbero affiancare abbastanza presto anche altri; ad oggi un discreto numero di ricercatori ha richiesto notizie e assistenza per la costituzione di spin-off, e tra questi un paio sono ormai in una fase avanzata di sviluppo.
Sul versante della didattica l’Ateneo ha di recente sottoscritto un protocollo di intesa con “Italia Lavoro” S.p.a., nell’ambito del già ricordato programma FIxO, finalizzato a rafforzare il rapporto con il sistema delle imprese; con specifico riferimento al placement, l’obiettivo è quello di progettare e realizzare un servizio di orientamento rivolto ai laureati e di incrocio tra domanda e offerta di lavoro e di promuovere tirocini formativi post-lauream finalizzati all’incremento dell’occupazione e dell’occupabilità.
Quest’ultima iniziativa è quella con la maggiore ricaduta diretta potenziale, e prevede la realizzazione di 150 tirocini di inserimento riservati agli studenti post-lauream del nostro Ateneo. Ad oggi, ad un mese dall’avvio del progetto, sono stati allocati presso imprese 10 neo-laureati. Per i tirocini, che dovranno avere una durata complessiva di tre mesi, rinnovabili per altri tre mesi, è previsto un sussidio mensile in favore del tirocinante pari a € 200,00 lordi, erogato direttamente da Italia Lavoro S.p.A.
Il programma prevede, inoltre, nel caso si creassero le condizioni di inserimento lavorativo, la possibilità per il soggetto ospitante di assumere il tirocinante. Al verificarsi della condizione anzidetta il programma prevede l’erogazione di un contributo a rimborso dei costi sostenuti per il tutoraggio aziendale pari ad un importo complessivo massimo di € 2.300,00 I.V.A. inclusa, se dovuta, per ogni tirocinante assunto.
Il progetto finanziato dalla Regione Lazio nell’ambito delle misure per il potenziamento dei sistemi di placement e denominato “UnitusJob”, è concentrato su specifiche azioni che mirano, anche in questo caso, a rafforzare i rapporti tra Università e sistema delle imprese. A tutte le azioni del progetto concretamente sta fornendo concreta e fattiva collaborazione, sia nella fase di pianificazione che in quella esecutiva, Confindustria Viterbo.
Nell’ambito del progetto il nostro Ateneo organizzerà, il 1 ottobre 2008, una fiera del lavoro (career day), per realizzare un momento di incontro tra laureati e imprese. Nell’occasione sarà possibile per gli studenti confrontarsi con il mondo del lavoro, anche attraverso colloqui diretti con le imprese, presentando le proprie aspettative professionali e personali e raccogliendo informazioni utili.
È inoltre in fase di realizzazione un portale per il job-placement, nel quale saranno inseriti i curricula di tutti i laureati dell’Ateneo, completi delle principali informazioni di interesse per il mondo del lavoro e arricchito di funzionalità di ricerca aggiuntive in grado di disegnare, utilizzando diversi parametri, un profilo ideale della risorsa umana richiesta, e fornire anche informazioni di ritorno sulla collocazione dei nostri laureati, utili alla riprogettazione e alla valutazione dell’efficacia dei corsi di studio.
Il portale è complementare rispetto alla partecipazione dell’Ateneo al consorzio “AlmaLaurea”, e rappresenta al contempo una importante iniziativa promozionale. Infine, come azione sperimentale, saranno sviluppati dei project-work con enti e imprese, coordinati dai delegati al placement di ciascuna facoltà, che vedranno il coinvolgimento degli studenti di tutte le facoltà. Il project-work, lavorando a stretto contatto con le aziende selezionate e coadiuvandole nel raggiungimento di un obiettivo, consentirà di valorizzare le conoscenze del gruppo di studenti selezionato e, più in generale, delle facoltà dell’Ateneo. Ad oggi circa 150 studenti dell’Ateneo hanno chiesto di partecipare all’iniziativa.
Occorre però riconoscere che, non ostante questi sforzi e non ostante il mutato contesto che obbliga tutti quanto noi ad attrezzarci per ottenere linee di finanziamento consistenti a fronte di schemi progettuali realmente validi (dall’Europa alla Regione la tipologia di impegno cambia davvero poco), i risultati non sono brillanti. Il rapporto che abbiamo ascoltato lo dimostra con brutale chiarezza.
La scarsa qualificazione della domanda occupazionale con Viterbo al 63^ posto per quota di assunzione di laureati è un dato serio. Eppure l’offerta formativa della nostra Università, come dimostra il Rapporto AlmaLaurea sull’a.a. 2005-2006 (i cui risultati proprio questa settimana saranno resi noti in Ateneo grazie a una iniziativa editoriale della prof.ssa Laureti della Facoltà di Economia), si colloca a livelli di tutto rispetto nei confronti del contesto nazionale.
I risultati ottenuti, analizzando i micro-dati acquisiti attraverso la compilazione del questionario AlmaLaurea, evidenziano livelli di soddisfazione dei laureandi dell’Ateneo piuttosto buoni. I giudizi migliori sono comunque riconducibili ai corsi di laurea vecchio ordinamento sebbene le nuove lauree triennali evidenzino livelli di soddisfazioni molto elevati anche in rapporto ai risultati ottenuti in altri Atenei aderenti al consorzio.
In particolare, analizzando la distribuzione dei giudizi positivi, derivanti dalle opinioni espresse dagli studenti pienamente soddisfatti si può affermare che i corsi di Laurea vecchio ordinamento che hanno ottenuto il gradimento più elevato sono quelli di Scienze e tecnologie agrarie (94,1%), Scienze forestali ed ambientali (93,8%) ed Economia e Commercio (91,9%). Al contrario, i Corsi di Laurea in Scienze biologiche e Conservazione dei Beni culturali mostrano le percentuali più elevate di laureati insoddisfatti, rispettivamente con 30,7% e 16,4% di giudizi complessivamente negativi.
Analizzando i risultati ottenuti da ciascun corso di laurea triennale in relazione all’indicatore di giudizio complessivo si può evidenziare una sostanziale stabilizzazione dei livelli di soddisfazione rispetto a quanto rilevato per i corsi del vecchio ordinamento. I valori più bassi degli indicatori di efficacia interna si ritrovano per Scienze e tecnologie agrarie, Scienze biologiche e Scienze ambientali.
Altrettanto interessanti le analisi svolte sull’efficacia esterna dei nostri corsi. In parte li avete già ascoltati. Riassumo brevemente. Per quanto riguardi i laureati pre - riforma, l’analisi dei tassi di occupazione a livello di facoltà evidenzia che, ad un anno dalla laurea, la percentuale più elevata di laureati che lavorano si ha per la facoltà di Agraria (83,3%), seguita da Scienze MM.FF.NN. (79,2%) e da Economia (75,0%).
Le facoltà di Lingue e Letterature straniere e di Beni Culturali fanno registrare i tassi di occupazione più contenuti (valori, rispettivamente, pari a 61,7% per Lingue e 59,8% per Beni Culturali). Agraria è ancora la facoltà in cui si registra il più basso tasso di disoccupazione (9,1%). Seguono poi la facoltà di Economia (10,9%) e la facoltà di Scienze MM.FF.NN. (13,6%). I valori più elevati, si registrano per le facoltà di Lingue (26,0%) e Beni Culturali (27,3%).
Andando a comparare i risultati ottenuti, in termini di tassi di occupazione, dalle facoltà dell’Ateneo della Tuscia con i dati riferiti alle facoltà della stessa tipologia presenti negli Atenei aderenti ad Almalaurea, emerge una migliore performance delle facoltà dell’Ateneo viterbese che manifestano tassi di occupazione più elevati.
Lo studio della condizione occupazionale per i laureati di primo livello vuole porre in evidenza le scelte lavorative e formative compiute dopo il conseguimento del titolo. La percentuale più elevata di laureati di primo livello che svolgono una attività lavorativa si registra per la facoltà di Scienze Politiche (67,7% ottenuta come somma tra il 49,6% di chi lavora e non è iscritto alla specialistica ed il 18,1% di chi lavora ed è anche iscritto alla specialistica). Elevate quote percentuali di occupati si registrano anche per i corsi Interfacoltà (61,1%) e per la facoltà di Lingue (56,3%).
E’ importante osservare che i dati di sintesi rilevati per l’Ateneo della Tuscia, sono perfettamente in linea con i valori medi registrati per la totalità degli Atenei aderenti ad Almalaurea.
Tali risultati, interpretati alla luce del contesto economico locale, evidenziano una performance ancora migliore dell’Ateneo della Tuscia. In particolare va evidenziato, per l’Ateneo Viterbese, una quota percentuale di occupati (49,5%) leggermente superiore a quella media per gli Atenei aderenti ad Almalaurea (48,5%). Per contro, la quota percentuale di laureati triennali che sono, esclusivamente, iscritti alla laurea specialistica è pari al 43,2% per la totalità degli Atenei aderenti ad Almalaurea ed al 41,0% per l’Università della Tuscia.
Queste analisi confermano, malgrado siano di per sé incoraggianti, due punti critici, il secondo conseguente al primo: 1) i nostri laureati svolgono lavori spesso non in linea col titolo di studio conseguito, 2) i nostri laureati sono costretti per lo più a trovare il proprio impiego, da liberi professionisti o da assunti a tempo indeterminato/determinato, al di fuori della nostra Provincia (si tenga presente comunque che più della metà dei nostri studenti provengono da fuori della Tuscia).
Quali possono essere le strategie di correzione e gli strumenti per intervenire? E’ evidente che il nostro tessuto imprenditoriale ‘tradizionale’ è di ridotte o ridottissime dimensioni. Non è una novità. Si tratta di una situazione strutturale che non favorisce di certo l’assorbimento dell’offerta lavorativa che si forma presso la nostra Università. I timidi segnali relativi alla domanda dell’impresa verso l’Università (una qualche consapevolezza dell’importanza dell’Ateneo nella definizione del modello locale di sviluppo, a cominciare dal ripensamento dei modelli di riconversione; i pochi stage e tirocini avviati con alcune imprese locali; le scarse collaborazioni in merito a percorsi di innovazione) non sono diciamo la verità incoraggianti.
Noi restiamo fermamente convinti che la vera ‘scossa’ a questo Territorio la possa dare una piena integrazione tra le competenze strategiche dell’Ateneo e le capacità di azione e di sviluppo della rete imprenditoriale della Tuscia. E per questo dobbiamo continuare a lavorare. Indico rapidamente alcune linee programmatorie per l’immediato, linee sulle quali intendo coinvolgere da subito le strutture della nostra Università:
1)sfruttare appieno la ridefinizione dell’offerta formativa universitaria così come richiesto dal D.M. 270/04 per le lauree di primo e di secondo livello. Rammento che, come previsto dal D.M.544/07, sono espressamente previste le seguenti fasi che comportano una stretta interazione col Territorio:
a) nella fase di progettazione dei corsi di studio è necessaria una consultazione con le organizzazioni rappresentative del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni, con particolare riferimento alla valutazione dei fabbisogni formativi e degli sbocchi professionali;
b) la presentazione della proposta di attivazione di un corso (RAD) deve prevedere l’indicazione degli sbocchi professionali anche con riferimento alle attività classificate dall’Istat;
c) nel regolamento didattico del corso di studi, tra le informazioni a beneficio degli studenti, vanno inserite informazioni relative ai risultati raggiunti da quel corso in termini di occupabilità e alla situazione del mercato del lavoro nel settore;
d) tra gli indicatori di efficacia di cui il Nucleo di valutazione si serve per misurare la qualità di un corso ne figura uno relativo alla percentuale di impiego dopo il conseguimento del titolo, attraverso il rapporto tra occupati e laureati a 1, 3 e 5 anni; e) tra gli indicatori in base ai quali sarà misurata l’efficacia della programmazione triennale degli atenei ne figurano tre, relativi rispettivamente alla proporzione di iscritti che hanno svolto stage formativi esterni; alla proporzione di laureati che hanno svolto uno stage post lauream entro un anno dal conseguimento del titolo; alla proporzione dei laureati occupati ad un anno dalla laurea.
Tutto ciò, come è facilmente intuibile, va fatto mediante una piena integrazione in fase progettuale non di facciata ma di sostanza tra associazioni/attori interessati e Facoltà dell’Ateneo. Considerato che di fatto l’Università presenterà il proprio schema di riforma didattica per l’a.a. 2009-2010 (quest’anno ci siamo limitati a varare la nuova LM per Scienze Politiche) è giunto il momento di attivare la Consulta territoriale prevista dall’art. 16 del nostro Statuto per ottimizzare i livelli di efficacia in sede di progettazione dei nuovi corsi;
2)esiste probabilmente anche un problema comunicazionale nella presentazione delle nostre potenzialità di ricerca al Territorio: è mia intenzione convocare a settembre due conferenze, una sulla nuova didattica e una sulla ricerca, in sede di Consulta territoriale in modo da dare la massima visibilità alle potenzialità del nostro Ateneo nei confronti del tessuto locale. Conoscerci è la migliore premessa per collaborare;
3)perfezionare gli strumenti in nostro possesso (uffici, tavoli, collaborazioni) per incrementare i livelli di sinergia, anche formativa, tra Università e partners pubblici e privati a cominciare dalla Regione;
4)dare attuazione a tutte le potenzialità, ancora inespresse, del PASCAL, il Parco Scientifico e Tecnologico dell’Alto Lazio sul quale possono convergere numerose iniziative progettuali e, in maniera particolare, diverse azioni che mirino al raggiungimento di finanziamenti europei sostenuti, come siamo, dall’Amministrazione regionale e da FILAS; in questa prospettiva segnalo l’avvenuta definizione del nuovo Centro Grandi Attrezzature che, a séguito di determina dirigenziale della scorsa settimana, ha nella sua disponibilità un prima tranche di finanziamento pari a 4,6mln di euro da destinare a progetti di stretta interazione sia col PASCAL sia con i singoli Dipartimenti della Tuscia nei settori dell’agroalimentare, delle nanotecnologie, delle tecniche per l’ambiente e per i beni culturali.
Mi rendo perfettamente conto che tutto ciò può non essere risolutivo.
Non siamo in grado di mutare gli assetti produttivi di questo Territorio nello spazio di qualche mese o di qualche anno. Ma per chi lavora nell’Università, per chi lavora nella ricerca e con i giovani, esistono due sole ‘misure’ realmente efficaci: l’investimento immateriale e la speranza.
L’investimento immateriale è il bene più prezioso dell’Università: la diffusione della cultura, di qualunque cultura ne è la missione principale. Nei confronti della Tuscia lavoriamo pressoché esclusivamente per questo. Ma non otterremmo alcun successo, pur collaborando, pur sacrificandoci, se non saremo sostenuti dalla seconda ‘misura’: la speranza - forte e convinta - nei confronti delle capacità di crescita dell’intera ‘Azienda Tuscia’ pronta, dico io, ad affrontare qualunque sfida e qualunque competizione ci si pari davanti a cominciare da domani.
Marco Mancini
Rettore dell'Università della Tuscia