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Nando Gigli
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Per gentile concessione del Messaggero pubblichiamo - E' stato primo cittadino del capoluogo dal 1970 al 1975. E poi consigliere, assessore, presidente della Regione. E poi deputato.
E ora, nell'anno di grazia 2008, a 72 anni, si rimette in pista, come candidato sindaco dell'Udc.
Il motivo?
«Credo, e lo dico senza presunzione, che la mia candidatura non è finalizzata a perseguire obiettivi di carattere personale, quanto a marcare la presenza in consiglio comunale di una forza e di persone capaci di portare un contributo di equilibrio, di rispetto reciproco e, insieme, di svolgere un'azione di controllo e di civile attenzione sui problemi della città».
Rodolfo Nando Gigli correrà, insieme alla sua truppa, da solo.
Lo strappo con Forza Italia e An, nonostante i vari tentativi di rimettere in piedi la gioiosa macchina da guerra dell'ex Polo della libertà che a Viterbo ha fatto negli ultimi lustri incetta di voti, c'è stato e lui non lo nega, né lo minimizza.
Cosa ha provocato la lacerazione? L'incompatibilità di carattere (ma anche politica) con l'ex sindaco Giancarlo Gabbianelli? O che altro?
«La scorsa settimana - risponde Gigli, ricostruendo gli ultimi eventi - c'era stata la ripetuta dichiarazione di disponibilità, credo sincera, di autorevoli esponenti di Fi che di An a realizzare un accordo.
Nel contempo, era chiaro a tutti che l'ex sindaco si sarebbe opposto strenuamente a realizzare l'accordo stesso.
Alla fine, come si è visto, non ha prevalso il buon senso».
Presidente, ma allora è vero, come hanno sottolineato gli osservatori, che questa partita è stata vinta da Gabbianelli?
«Certo. Ha prevalso la linea dell'ex sindaco. Ma ciò che mi preoccupa non è tanto chi ha vinto o chi ha perso in questo frangente, quanto le prospettive future.
Ritengo, infatti, che all'interno del Pdl si riprodurranno le stesse criticità che hanno caratterizzato gli ultimi due anni di vita della maggioranza».
Una previsione fosca, dunque.
«Ma inevitabile. Vede: Giulio Marini (il candidato sindaco del Pdl, ndr), brava persona, con cui ho legami di simpatia e di affetto, ritengo che non abbia né il carattere né la forza per poter resistere alla tendenza autoritaria con cui Gabbianelli ha gestito e penserà di gestire ancora l'amministrazione».
Un sindaco-fantoccio, insomma, che crederà di comandare, mentre saranno altri a prendere le decisioni?
«E' mia convinzione che se il Pdl dovesse prevalere alle urne, senza la presenza di una forza moderata ed equilibrata come l'Udc, la città rischia di essere di fatto governata da Gabbianelli anche nel prossimo quinquennio».
Cosa risponde all'accusa di avere impedito all'esponente di An di governare, costringendolo di fatto alle dimissioni anticipate?
«Respingo l'accusa in modo netto. Si tiri fuori un solo atto, di una certa rilevanza, sul quale abbiamo indicato pollice verso. Neanche uno.
La verità è un'altra: fin dall'inizio del mandato, il sindaco ha ostentatamente dichiarato e dimostrato di svolgere il suo ruolo non consentendo a nessuno di eccepire o intervenire su decisioni che pretendeva di imporre al consiglio e alla maggioranza.
Il contrasto è nato sul metodo, prima che su fatti specifici. Le dimissioni? Condivido il giudizio di Ugo Sposetti (candidato del Pd, ndr): non si abbandona la città, non la si consegna al commissario, soprattutto per ragioni esclusivamente personali, come una candidatura al Parlamento, peraltro non andata a buon fine».