Riceviamo e pubblichiamo - La campagna elettorale è cominciata non appena si sono cominciati a promettere ricchi premi e cotillon in gran quantità.
Come da pessima cultura dei partiti, chiaramente.
La città risuona di slogan come: ringiovanire, rilanciare, allargare, partecipare e di testimonianze di amore quasi carnale per i suoi cittadini.
Questa volta per la poltrona di Palazzo dei Priori la “casta” ha calato i suoi pezzi da novanta: parlamentari riciclati, pezzi di apparato di segreteria con anzianità ventennali, vecchie conoscenze della politicanza locale, ex-sindaci sviliti nelle loro velleità di carriera politica.
Da non sottovalutare, poi, la sostanziosa campagna acquisti: liste civiche tarocche con i loro scudieri, rappresentanti dell’associazionismo locale, figuranti dell’ultima ora, giusto per dare un tocco di novità nella naftalina di gruppo.
Ognuno a promettere tutto a tutti, anche se, come sappiamo bene, alla fine saranno solo le promesse più indecenti, quelle che non trovano posto sulle pagine dei giornali, le uniche che verranno soddisfatte. Da decenni la politica dei partiti intossica i cittadini di ciarle mai avverate sul campo.
Ma in questa campagna elettorale c’è anche qualcosa di nuovo, qualcosa che ormai da qualche tempo disturba il quieto vivere dei quarantamila elettori viterbesi, qualcosa che neppure i roboanti messaggi di pseudo-novità, né le tasche capienti dei partiti o la calata di nani e ballerine nei palazzetti dello sport della capitale della Tuscia sarà mai in grado di eliminare.
Questa novità è il tarlo del “dubbio”.
Il dubbio che anche Viterbo possa essere una città normale. Il dubbio che democrazia significhi governo del popolo e non dei partiti. Il dubbio che pensare ai precari, ai pendolari, alle periferie a un mese dalle elezioni sia offensivo per la dignità e l’intelligenza cittadina.
Il dubbio su “che fine abbiano fatto i soldi versati anno dopo anno in tasse e tributi”.
Il dubbio che avere un centro degradato e svalutato, periferie invivibili e servizi inadeguati non debba essere una condanna irreversibile.
Un inciso. Ci sia concesso, dipendente Marini: parla di “rilancio” quando negli ultimi 13 anni Viterbo è stata dominata da governi locali della sua cerchia di amici.
Il dubbio che un’opportunità come l’aereoporto, se opportunamente gestita, non sia condannata ad essere denaro per i soliti noti e disagio ed inquinamento per tutti gli altri.
Il dubbio che cittadini possano amministrare una città con la stessa saggezza e parsimonia che usano per gestire le proprie famiglie.
Il dubbio che, mandandoli tutti a casa, anche Viterbo possa avere un nuovo rinascimento. Il dubbio che finalmente si possa fare a meno di tutti loro.
La certezza è che questa gente si debba trovare un lavoro vero, possibilmente facendo meno danni!
Giuseppe Anelli candidato sindaco del Comune di Viterbo
Lista Civica per la Tuscia Amici di Beppe Grillo