Riceviamo e pubblichiamo - Egregio direttore,
leggo sulle sue pagine puntuali che a più di vent’anni dalla scomparsa di Sandro Quatrini, anche la libreria omonima, la “sua” libreria, chiude.
Sono persino convinto che anche il suo pensiero di cronista torna all’impegno, agli sforzi, alla volontà forte di Sandro di realizzare e mandare avanti anche in questa città rugosa e un po’ ignorante, una libreria degna di tal nome.
Ricordo Sandro che “insisteva” nel tenere ad inventario libri che quasi nessuno comprava convinto che fare il libraio non potesse essere, non fosse un commercio come tanti altri regolati solo dal profitto.
Sandro “ci teneva”, voleva che la sua creatura potesse concorrere con una libreria di nome di città grande.
Leggeva molto, lui per primo; buone letture, ma ancor più si informava delle edizioni nuove, degli argomenti, degli autori non solo alla moda, persino dei gusti e delle abitudini dei suoi clienti.
Entravi e già sapeva cosa avresti comprato. E ti raccontava tra il divertito e il triste e il rassegnato di quel personaggio per la maggiore che gli aveva chiesto libri eleganti e rossi per arredare il suo nuovo salotto.
Era arguto, Sandro, e addolorato che la sua città fosse un po’ ignorante e avvilita dal suo stesso essere ignorante quasi per definizione. Ed era anche “saporito” nel suo scherzare: si sarebbe chiesto oggi, qui a Viterbo, tra aeroporto e politici di lungo corso, tra candidati “nuovi” e liste rifatte (nel trucco) se fosse infine più utile per una cittadina di provincia come questa sognare il cielo tra le nuvole o leggere un po’ di più.
Sandro era un libraio di più di vent’anni fa così bravo nel suo lavoro da farsi ricordare oggi che Viterbo chiude anche la sua libreria.
Ettore Segatori