Riceviamo e pubblichiamo - L’imprenditoria rosa stenta ancora ad affermarsi nella Tuscia, malgrado il tasso di femminilizzazione della Tuscia Viterbese sia pari al 28,6%, dato superiore sia all’analogo nazionale, che si attesta al 24%, sia a quello del Lazio che è del 26,6%. È quanto emerge in estrema sintesi dai dati relativi alle aziende femminili iscritte al Registro delle Imprese della Camera di Commercio di Viterbo nel 2007, pari 9.809 unità su un totale di 34.346 aziende.
Rispetto al 2006 la rilevazione, come evidenziato da Unioncamere, manifesta un evidente calo del numero di imprese corrispondente a -3%, collocando la provincia di Viterbo al penultimo posto nella classifica nazionale.
Tuttavia si tratta di un dato che non tiene conto delle cancellazioni di ufficio effettuate lo scorso anno, interessando oltre 1.400 imprese, tra cui un numero consistente di quelle femminili. Pertanto il dato, seppur apparentemente negativo, non ha alcuna rilevanza economica ma solo amministrativa.
La prova di ciò si riscontra nel numero di società di capitale “femminili”, tipologia di impresa che non è stata interessata dalle cancellazioni d’ufficio, evidenziando un incremento dell’11,3% nel 2007, ben al di sopra del corrispondente tasso di crescita medio provinciale delle società di capitale, pari al 6,7%.
“Dalle nostre rilevazioni dichiara Ferindo Palombella, presidente della Camera di Commercio di Viterbo negli ultimi anni la crescita delle imprese in rosa nella Tuscia è stata costantemente superiore alla crescita complessiva dell’imprenditoria provinciale. Un dato confortante anche se conosciamo bene quante fatiche e quali rinunce debbano affrontare le donne imprenditrici per sostenere la loro attività”.
I settori di attività che l’imprenditrice privilegia sono quelli dei servizi sociali e personali con una numerosità piuttosto importante, ed una quota percentuale che arriva al 54%. Dal punto di vista numerico assumono una forte caratterizzazione i tradizionali settori del commercio e della somministrazione che contano oltre 3mila imprese femminili, pari a quasi un terzo dell’intera imprenditoria rosa. Interessante anche il comparto dei servizi alle imprese che, assume sempre più connotazioni femminili. Il settore agricolo, è quello che risulta di gran lunga il più importante dal punto di vista numerico, quasi un’impresa femminile su due opera infatti in questo comparto.
Anche se, come si è detto, la scelta di una forma giuridica complessa sotto forma di società di capitale, ha messo a segno nell’ultimo anno un tasso di crescita a due cifre, l’impresa individuale rimane sempre la tipologia di gran lunga preferita per l’imprenditoria femminile, con un peso del 79%. Seguono le società di persone, 15,1% e le società di capitale, 4,8%.
“Proprio da questi dati spiega Palombella risulta evidente come l’imprenditoria femminile risulti un fenomeno ancora giovane, che sconta un approccio tendente a considerare la figura di imprenditore una prerogativa tipicamente maschile. Approccio che va riconsiderato attivando adeguate politiche sociali, prevedendo incentivi economici mirati e aprendo nuove opportunità occupazionali per consentire realmente quelle pari opportunità auspicate”.