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Aspettando il 3 settembre - Il nipote di Giuseppe Zucchi, Augusto racconta la vera storia del rapporto tra Lindbergh e il nonno
Mangiavamo pane e macchina di Santa Rosa
Viterbo - 13 agosto 2009 - ore 1,30

Augusto Zucchi
- Lui è uno di quelli che le Macchine di Santa Rosa ce le ha nel dna.

E nonostante abbia solo 30 anni ne ha viste progettare ben cinque.

Insomma uno che se ne intende e che sa dove mettere le mani quando si tratta di tradizioni legate alla festa più sentita dai Viterbesi.

Augusto Zucchi, nipote di Giuseppe e figlio di Luigi, è cresciuto, come ripete spesso “a pane e macchina di santa Rosa”.

Impossibile non crederci.

I suoi ricordi sono tutti impregnati di quel nonno a cui Viterbo è legata profondamente.

L'ideatore e costruttore di Volo d'angeli, storica Macchina che ha cambiato il passo nella tradizione del Trasporto. “Io sono nato nel 1979, l'anno in cui cambiò, dopo 12 anni, la Macchina. Il mio unico rimpianto è non averla vista passare.

Anche se ne ho sentito raccontare ogni minimo particolare”.

Ma chi era Giuseppe Zucchi?

“Mio nonno era un vero e proprio capofamiglia – racconta Augusto – la sua presenza era molto forte per tutti. Ancora oggi quando vediamo alcuni filmati in cui si sente la sua voce ferma che dava i comandi alla Macchina ci commuoviamo.

Era un nonno che viziava i nipoti, che se da padre è stato severo con i figli, poi con noi è diventato più morbido, ci faceva perfino mangiare cose per noi bambini “proibite” dai grandi. Ma è difficile scinderlo dalla Macchina. Io non ricordo un pranzo o una cena in cui non mi ha parlato di qualcosa legato alla Macchina. Era la sua vita, la sua passione”.

La stessa passione che Giuseppe Zucchi ha trasmesso sia al figlio Luigi che al nipote Augusto.

“Non abbiamo più smesso di progettare le Macchine. Una passione che ci lega profondamente in famiglia. Forse perché mio nonno ci ha fatto capire che passione per Santa Rosa non è gratificazione personale ma devozione”.

Giuseppe Zucchi è morto il 16 aprile del 2007 dopo una lunga malattia.

“Già dal 1999 mio nonno non stava più bene e confondeva le persone, i ricordi. Purtroppo è capitato anche con la storia di Lindbergh.

Loro si conobbero, ma solo negli anni '50. Non ci fu nessun finanziamento della Macchina. Tutta basata sul lavoro della famiglia. Una storia diversa, insomma.

Così come è diversa quella legata ai nomi nascosti nella macchina. Mio nonno nel 1968 fece fare una pergamena in cui c'era la formazione dei Facchini di quell'anno. Pergamena custodita all'interno della statua di Santa Rosa”.

Zucchi fu anche l'ultimo della dinastia dei costruttori-ideatori. Quando su di un'unica persona si concentrava tutta la Macchina.

“Aveva la quinta elementare ed era un semplice operaio del gas, ma realizzò una Macchina storica. E non lo faceva con nozioni accademiche, ma tramite esperienza, passione e arte. Sì, mio nonno era un artista con un voglia di fare e realizzare che forse non esiste più. Tutte cose che mi porto dentro, che lui mi ha insegnato con la sua presenza”.

Augusto Zucchi porta avanti la tradizione. Ha presentato insieme al padre un bozzetto per questa edizione. Non è stato scelto. Ma se assomiglia un po' al nonno, e ha ripreso anche quella sua singolare caparbietà, c'è da scommettere che continuerà.

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