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Aspettando il 3 settembre - Giovanni Cesarini racconta "Una rosa per il duemila"
Una macchina con profonde radici viterbesi
di Giovanni Cesarini
Viterbo - 22 agosto 2009 - ore 2,25

Tertio Millenio Adveniente - Una Rosa per il Duemila, la macchina di Andreoli, Cappabianca e Cesarini
- Quando nel dicembre del 1997 insieme a Marco e Lucio decidemmo di prendere parte al concorso per la nuova Macchina di Santa Rosa, eravamo animati solo dall'intento di capire se eravamo in grado di poterne disegnare una.

Lungi da noi l'idea di poter vincere e quindi di vederla realizzata.

Ma di una cosa eravamo (e ne siamo tuttora) convinti: che non ci saremmo dovuti inventare niente.

Cioè tutto ciò che serviva per progettare una Macchina era già presente nella tradizione della stessa.

Trecento e più anni di trasporti, se diamo fede all'idea che l'evento si ripete con continuità a partire dalla metà del Seicento, fanno sì che in questa lunga sequenza di “immagini” ci sia tutto quanto occorre per pensarne una nuova.

Forme, materiali, idee, suoni, passioni, emozioni, lacrime, sudore, polvere, perchè è di questo che è fatta la Macchina, sono tutti racchiusi in quella plurisecolare tradizione.

E poi c'è la città di Viterbo, inesauribile fonte di ispirazione, non solo architettonica, ma anche e sopratutto di un modo di essere, appartato, ma capace di grandi slanci e di idee folgoranti.

Quindi ecco sulla Macchina i rimandi alle fontane, alle vasche rinascimentali, a quelle a fuso medievali e poi le colonne, i putti, gli angeli, i serti fioriti di rose.

Ma anche l'idea di lasciare scoperte alcune file di ciuffi per far vedere lo sforzo composto dei Facchini, lo “stile” del trasporto, il silenzioso motore della festa.

Attingendo così a piene mani in questo repertorio, è nata la nostra Macchina, forse l'ultima strettamente figurativa, prima della “modernizzazione” ora in corso.

Vinto il concorso, la macchina l'abbiamo dovuta costruire ed è materialmente nata da mani viterbesi.

Al Poggino abbiamo ricreato una piccola bottega artigiana con un gruppo di ragazzi che, condotti da Alessio Parternesi, hanno tradotto i nostri disegni prima nella creta e poi negli stampi, da cui trarre la vetroresina colorata.

Questo in sintonia con la storia degli artigiani viterbesi che per anni hanno modellato la cartapesta o lo stucco, nella chiesa della Pace o direttamente sul ponteggio a San Sisto, per realizzare ed abbellire le Macchine di Santa Rosa.

Ecco la nostra Macchina ha voluto essere una summa della tradizione e un omaggio a quella che rimane la più profonda radice della città di Viterbo.

Giovanni Cesarini


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