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Viterbo - La Curia: "I due giovani ci stanno a cuore"
Ragazzo disabile, il matrimonio si farà
Viterbo - 16 aprile 2009 - ore 17,00

Riceviamo e pubblichiamo - Nel mese di giugno 2008 intorno al mancato matrimonio religioso di due giovani viterbesi si scatenò una sconcertante orgia mediatica.

Le prime parole che uscirono dalla Curia Vescovile di Viterbo furono "attenzione e amore", "rispetto e discrezione". E, invece, da più parti, allora, fu "sciacallaggio": disinformazione e aggressione.

Ci risiamo? Sarebbe spiacevole.

Per noi quegli atteggiamenti allora espressi restano una scelta fondamentale anche oggi.

Innanzitutto ci sta a cuore difendere il momento –coraggioso, sofferto e bello- dei giovani nubendi.

Il percorso che, con serietà e con serenità, è stato fatto insieme in questi mesi, per arrivare a coronare il loro sogno va salvaguardato da voci stonate o malevole e da colorazioni falsificanti.

E lo facciamo per l'attenzione sincera ai due giovani, che ci stanno a cuore.

Mettiamo, dunque, subito in chiaro i termini del problema con la speranza che pregiudizi, mistificazioni, supponenze e offese non costituiscano gli ingredienti della comunicazione.

La Curia non ci "ripensa", perché abitualmente "pensa"; non punta sulle ragioni del cuore, perché la chiesa "è cuore"; non "torna indietro", ma "va avanti" sulla via della verità e della carità.

Dalla comunità cristiana l'amore e il servizio vengono vissuti senza prevaricazioni e senza svilimenti, ma nella fedeltà che è coerenza e rispetto. E in questo caso, al di là della bagarre e delle falsificazioni volute o divulgate, i due giovani, anche nel contatto diretto con l'autorità diocesana, hanno potuto sperimentare di persona sia la lucidità del pensare che il calore del cuore. Quanti hanno avuto la grazia di sperimentare tutto ciò, preferiscono conservarlo nel giardino del cuore.

Qui ci limitiamo a richiamare i passaggi del cammino.

Dopo il tragico incidente del giovane, alla vigilia delle nozze, lo sconcerto dell'evento fece risultare che mancava la capacità della qualificante relazione propria del patto coniugale. Tale condizione - è noto – rende invalido ogni matrimonio canonico, dovunque e da chiunque celebrato. Il matrimonio, per i credenti, è realtà sacramentale e il suo statuto non è soggetto a discrezionalità.

Per questo, allora, si optò per diversa soluzione, stante anche la degenza fuori del territorio di competenza.

Dalla Curia vescovile si disse subito, però, che, ove si verificasse una auspicata evoluzione del caso, si sarebbe potuto successivamente celebrare il matrimonio religioso.

Questo auspicio si è compiuto; quella speranza si è realizzata: oggi i nubendi e gli specialisti in materia hanno formalmente dichiarato esservi le condizioni mediche richieste per contrarre il matrimonio canonico, come prescritto dalla legislazione ecclesiastica.

L'esito ci ricolma di gioia e forse ricompensa l'amarezza di chi ha tanto sofferto, e anche di chi è stato così ingiustamente offeso.

"La verità vi farà liberi" si scrisse nel primo comunicato della Curia del 7 giugno 2008: ancora una volta è così. La verità, per questo, va sempre e da tutti cercata. Ma è necessario farlo lealmente.

La curia vescovile


Tanto per la precisione….

Ci spiace che per l’ennesima volta sulla stampa locale dobbiamo registrare una mala informazione quando si tratta di colpire con un malcelato senso di oggettività, le persone o le cose della Chiesa.

Come tutti ricordano, un anno fa su tutta la stampa nazionale e oltre, ci si scagliò contro il vescovo Chiarinelli per’non aver concesso il matrimonio religioso a un paraplegico’.Dimenticando che di fronte ad una dichiarazione scritta di mancanza di capacità qualificante, non solo mons. Chiarinelli ma nessun altro, per espressa disposizione canonica, avrebbe avuto la possibilità di celebrare il matrimonio religioso. Con l’aggravante che, trovandosi il soggetto interessato, fuori del territorio di competenza (il giovane era degente a Roma) il vescovo di Viterbo non poteva avere nessun potere di legiferare fuori del suo territorio di giurisdizione.

Oggi abbiamo letto su alcuni quotidiani locali titolo come questo:’La Curia ‘ci ha ripensato’! alludendo al fatto che aveva concesso il sospirato permesso. Ignoranza o malafede?

Bastava informarsi e si sarebbe facilmente appurato che l’Autorità religiosa, che da sempre ha seguito amorevolmente il caso, finalmente aveva potuto ottenere un’inequivocabile certificazione medica attestante che le rinnovate condizioni mediche ponevano il giovane nelle condizioni di poter contrarre il matrimonio. L’esito ricolmava di gioia non solo le persone interessate ma ancor più il Vescovo che non solo vedeva cadere l’impedimento canonico, dando a lui la possibilità di concedere il sospirato permesso.

Ma, se interessa sapere alla stampa , finalmente il vescovo poteva donare ai giovani sposi anche quel quadro sacro d’argento che per loro aveva preparato già un anno fa come regalo di nozze.

Salvatore Del Ciuco

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